Le mappe mentali per gestire la complessità

Le intelligenze umane e quella artificiale si muovono tra convergenza e divergenza, semplificando, tra mappe mentali e schemi mentali e si sostanziano nel metodo che consente la standardizzazione dei processi.

Il metodo che è basato su costante allenamento e auto motivazione, permettete di mediare tra efficienza ed efficacia che sono antitetiche e ci mette nelle condizioni di imparare velocemente ed abbastanza bene, per poi poter comunicare al meglio.

Tra le numerose metodologie che l’umanità ha elaborato nel corso della sua evoluzione il metodo di Pareto, o legge 80/20, permette di affermare che è sufficiente  monitorare un numero ridotto di elementi per poter comprendere la gran parte dei fenomeni.

Riportandolo, per esempio alla gestione aziendale, il 20% è la quota delle nostre attività che determina 80% dei risultati e ci permette di affermare il concetto manageriale che il focus non deve essere posto sulle attività che consumano risorse, ma sui risultati stessi che si debbono ottenere.

Ecco quindi il ruolo fondamentale delle mappe mentali che sono un metodo che è fondato sulle teorie cognitiviste e che trova crescente impiego in azienda, perché permette, ai manager, di verificare la bontà di un gran numero di dati, necessari prima di assumere decisioni importanti.

Sono un formidabile strumento che consente di gestire al meglio la sovrabbondanza di dati che debbono poi essere tradotti in informazioni efficaci e comunicate al resto dell’organizzazione.

La straordinaria varietà delle ulteriori realtà immaginative che possono essere sviluppate dalle mappe mentali ampliano le modalità comportamentali e gli atteggiamenti, che sono poi i presupposti di ciò che chiamiamo “cultura”.

Infatti la risposta alla rivoluzione digitale non sta nella sua acritica accettazione e nel rassegnato ritiro dell’umanità di fronte al procedere dell’intelligenza artificiale, ma nel recupero della potenza, del potere della mente e del pensiero indagante, critico e immaginifico.

Il loro ideatore,Tony Buzan è uno scienziato cognitività, che ci ha insegnato in che modo le mappe mentali possono effettivamente fare la differenza nella gestione processuale delle attività, delle risorse, della comunicazione e dell’organizzazione e condivisione di informazioni strategiche.

Questo a condizione di superare i vincoli che quotidianamente limitano le nostre potenzialità; stiamo parlando di: pigrizia mentale, sottostima dei rischi, l’effetto gregge, l’edonismo, la paura del cambiamento, il timore dell’altrui opinione, il conformismo culturale, ecc.

Concentrarsi e operare contemporaneamente su più azioni, meglio e in meno tempo è nel potenziale del nostro cervello, che non pensa solo in modo lineare, consequenziale e logico, come in un testo scritto, ma anche lateralmente, antiteticamente, divergentemente, perassociazioni di idee, concetti e collegamenti emotivi che sanno trasformare l’astrazione in immagini che colpiscono e rimangono nella nostra memoria (come in un video).

Tutto ciò come un singolo neurone che si sviluppa e dipana, a raggera distorta, da un nucleo centrale e dilata le sue sinapsi con ramificazioni che connettono tra loro elementi apparentemente privi di connessione.

Le mappe descrivono una situazione con “parole chiave”, immagini vivide, colori accesi che agiscono da stimolo sulla corteccia cerebrale.

Grazie al loro utilizzo è possibile ottimizzare la gestione dei processi di delega di attività e funzioni, è facilitata l’organizzazione dei contenuti e della comunicazione di un discorso in pubblico, si padroneggia al meglio una SWOT ANALYSIS perché le risorse e gli obiettivi, le minacce e le opportunità e i punti di forza e gli elementi di debolezza sono focalizzati e correlati tra loro, in maniera qualificante per formulare la programmazione strategica.

Una mappa mentale può individuare la strada migliore per l’ottimizzazione della struttura aziendale e per definire gli stessi percorsi negoziali nelle trattative sindacali, o nell’individuare possibili convergenze di interessi tra Stati rivali.

Le mappe, a differenza degli schemi mentali che spesso sono eccessivamente lineari e deduttivi, statici e noiosi, fanno del ritmo, della rielaborazione, dell’analogia e dell’integrazione tra evocatività ed espressività l’essenza della loro efficacia.

Sono quindi consequenziali ed associative e non solo, come gli schemi mentali, gerarchico sinteticativi.

Proprio perché paradossali (diverse dal consueto e inusuali), attive (dinamiche e coinvolgenti), partecipative (si giovano del contributo di altri), immaginifiche ( creative di realtà  attualizzate) e vivide (vissute in prima persona ed esperienziali) colpiscono ed accrescono memorizzazione ed apprendimento attivo (acronimo PAPIV).

Infatti con gli schemi, la percentuale di ricordo a due settimane di ciò che leggiamo non supera, normalmente, il 10%, mentre, invece, con il dinamismo dell’attività fattiva, possiamo memorizzare fino al 90%.

Del resto le mappe mentali determinano quell’apprendimento sequenziale che oggi è ancora precluso alle intelligenze artificiali e l’immediatezza della loro rappresentazione è fondamentale per accelerare la comprensione di cambiamenti complessi e paradigmatici.

In un Mondo dominato da digitalizzazione, piattaforme social, algoritmi proprietari e interattività diffusa, che favoriscono l’isolamento centralizzato e rancoroso, le mappe mentali si stanno imponendo perché, al contrario, si prestano alla condivisione di idee, progetti e strategie, in grado di “cementare” il senso del gruppo e lo spirito di squadra.

Oggi poi che la tecnologia sembrerebbe essere diventata il paradigma predominante ed invasivo socialmente con l’irrompere dell’intelligenza artificiale, è bene riflettere sul fatto che il concetto di creatività ed innovazione non passi solo per l’incremento del digitale, ma anche dalla riscoperta delle innumerevoli potenzialità del cervello degli individui.

Luigi Pastore