I nostri ricordi si nutrono di associazioni apparentemente casuali, impalpabili quanto evanescenti.Proverò ad evocarne uno recente, pur sapendo sin da ora che non riuscirò a trasmetterne tutto il sapore.
Voglio ricordare l’attrice inglese Diana Rigg, scomparsa a ottantadue anni il 10 settembre scorso.Questo nome dice poco ai più (d’altronde ella stessa amava dire “Adoro non essere apprezzata”), ma molto almeno ad alcuni della mia generazione, e cercherò di spiegarvene (e spiegarmene) il perché.
Per fortuna ho frequentato il Liceo classico quasi mezzo secolo fa.Per fortuna e purtroppo. Ricordo infatti che tornavo a casa, mangiavo frettolosamente, e poi … poi mi toccava immergermi in interminabili versioni dal Greco e dal Latino, in studi storici e letterari, in improbabili genealogie di eroi e di divinità, sino all’ora della cena, essa pure frettolosa. Perché poi spesso mi toccava fare ritorno alle “sudate carte”. L’indomani mi avrebbe atteso al varco il Prof. Pietro Chierichetti, venerando e terribile.Chissà cosa avrebbe pensato di me Chierichetti, se avesse saputo che uno dei pochi svaghi che mi concedevo, prima di abbandonarmi al sonno, era – una volta la settimana – il telefilm di una serie televisiva inglese dato alla TV Svizzera in seconda serata.
Agente speciale era il titolo italiano, che maldestramente traduceva l’originale The Avengers.
Ne era protagonista un eccentrico agente segreto britannico, John Steed, magistralmente interpretato dall’attore scozzese Patrick Macnee (1922-2015). Impeccabile nei suoi completi sartoriali di Savile Row, a sua sola difesa l’inseparabile bombetta (invisibilmente corazzata all’interno) e per sola arma di offesa l’altrettanto inseparabile ombrello “animato”, Steed attraversava le più improbabili vicende fanta-spionistiche senza mai perdere il suo elegante aplomb, già allora deliziosamente inattuale.
Ma ciò che davvero faceva la differenza, e rendeva davvero irresistibili le sue avventure, era LEI.La conturbante quanto intrepida Emma Peel.
Interpretata, appunto, da Diana Rigg.
La Rigg (a un certo punto il personaggio divenne sinonimo dell’interprete, sicché d’ora in avanti mi capiterà di chiamarla Emma Peel) non fu l’unica partner di Steed in quella saga che ebbe tanto successo da durare nove anni. Altre attrici (come Elizabeth Shepherd e Linda Thorson, con diversi “nomi di battaglia”) ebbero a precederla e a succederle. Ma certamente fu quella di maggiore efficacia drammatica e narrativa.Quanto John Steed era tradizionalista e compassato, altrettanto Emma Peel era moderna e trasgressiva. Incarnava un tipo di bellezza femminile in quegli anni ancora assai raro per noi italiani. Sinuosa e flessuosa come una gatta, magra e agile come una gazzella, Emma soleva inalberare abiti modernissimi, ai limiti del futuristico. Così aderenti, e spesso confezionati in plastica o in lattice, da evocare (non so quanto involontariamente) ingenue fantasie sadomaso. Del resto – nomen omen! – in Inglese “Emma Peel” suona “Men Appeal”.Antitetica a Steed quanto all’abbigliamento, peraltro Emma gli era del tutto complementare. Non solo per le battute (il cui significato veniva a volte meno nella versione italiana), ma per l’inimitabile stile comune ad entrambi. Nessuno dei due sembrava infatti prendersi mai troppo sul serio, e alla tremula quanto coraggiosa galanteria dell’uno faceva riscontro la maliziosa ritrosia dell’altra. Ai telespettatori mai fu dato sapere se fra loro intercorresse una relazione – come dire? – “non professionale”, che nel castigato lessico del tempo sarebbe stata definita “affettuosa amicizia”. Solo alla fine della serie interpretata dalla Rigg si conobbe che Emma aveva un marito (sino a quel momento dato per disperso in lande remote) che una fugace inquadratura di spalle lasciava intendere come … una sorta di sosia di John Steed!
Solo molti anni dopo seppi che la spumeggiante Diana Rigg che aveva turbato i sonni della mia studiosa adolescenza era pure una straordinaria interprete di teatro classico, in particolare shakespeariano. Straordinaria quanto disinibita, visto che credo sia stata la prima attrice britannica a calcare le scene completamente nuda nel 1971 (con il fisico che si ritrovava, nessuno meglio di lei se lo sarebbe potuto permettere …). E seppi pure che era stata l’unica Bond girl a esser riuscita ad impalmare il suo eroe (sia pure per morire assassinata quasi immediatamente dopo le nozze) in Agente 007 – Al servizio segreto di Sua Maestà (1969). Non a caso, per la sua poliedrica attività artistica, fu insignita di più lauree honoris causa e nel 1994 la Regina Elisabetta la nominò Dame, che (a quanto mi è dato capire) è un po’ l’equivalente femminile del titolo di Sir.
Come tutte le persone di gran classe, Diana Rigg seppe invecchiare bene. Senza mai nascondere le ingiurie inflitte al suo volto bellissimo dal tempo anche per lei inesorabile, interpretò magistralmente Lady Olenna Tyrell, detta “Regina di Spine”, nella popolare serie televisiva Il trono di spade, senza mancare di rifugiarsi tutte le volte che poteva nel suo buen retiro di Mauvezin d’Armagnac nelle Landes francesi, dove poteva impunemente coltivare la sua passione per la buona cucina ed il bordò.
La ricorderò per sempre come l’ultima testimone di un’Inghilterra che, svanito (se non deposto) ogni sogno imperiale, aveva saputo rappresentare e conservare le sue migliori tradizioni – eleganza, understatement, humour – nelle vorticose quanto improbabili avventure televisive di John Steed e di Emma Peel.
Raimondo Fassa