Cherokee

Jackson, Andrew Jackson.

Divenne, il futuro Presidente (fra l’altro considerato il primo democratico a White House, colui che accettò di essere paragonato a un asino ragione per la quale il partito che ne conseguì ha come emblema proprio quella bestia, il vero attuatore su larga scala dello Spoils System il meccanismo teorizzato da Thomas Jefferson, il feroce persecutore dei nativi, la persona che secondo il rivale politico John Quincy Adams era talmente ignorante da non sapere scrivere correttamente neppure il proprio nome e via dicendo), celebre a livello nazionale a seguito della ‘vittoria’ – tra mille virgolette – nella battaglia di Horseshoe Bend.

Correva l’anno 1814.

(Lo so, vincerà anche a New Orleans l’inutile – la Pace di Gand era stata firmata giorni prima alla vigilia di Natale ma i combattenti non lo sapevano – celeberrima battaglia contro gli inglesi nei primi giorni del 1815, consacrandosi).

Ora, al di là dell’ufficialità, nell’occasione, lo scontro non fu deciso da Jackson attraverso chissà quale strategia messa in atto, ma dai suoi, per la circostanza, alleati Cherokee.

Come racconta Howard Zinn in ‘Storia del popolo americano’, le sue truppe bianche avevano fallito l’attacco.Le castagne dal fuoco gliele tolsero proprio i citati Cherokee – tradizionali nemici – che, attraversato a nuoto il fiume, sorpresero i Creek alle spalle vincendo per lui.Ho scritto Creek ma avrei dovuto vergare ‘Red Sticks’ (‘Bastoni rossi’), come veniva denominata la componente più tradizionalista tra loro.

Erano, i ‘Bastoni’ – non solo ma anche nell’occasione – guidati da capo Menawa (Hotlepoya), un sangue misto figlio di una pellerossa e di un cacciatore di pelli scozzese.

L’organizzazione familiare matrilineare Creek aveva fatto in modo che Hotlepoya fosse considerato un Creek a tutti gli effetti.

Mauro della Porta Raffo