Nefer Nefer Nefer

Credo, per il vero non dubito del fatto, che lo scrittore finlandese Mika Waltari abbia intitolato ‘Sinhue l’egiziano’ (così anche nell’originale) quello che fu il suo capo d’opera (e un bestseller a livello planetario) ricordando ‘Le avventure di Sinhue’, romanzo di autore ignoto di enorme notorietà e successo già nell’Antico Egitto.
Ebbi modo di leggere il ‘Sinhue’ waltariano dopo il 1954, anno nel quale apparve sugli schermi – i primi in cinemascope – il film che Hollywood, per la sceneggiatura di Philip Dunne (la cui mano è evidente) e Casey Robinson, ne trasse.
Affascinante, coinvolgente la trama.
Complesso, articolato, fin troppo problematico il protagonista.
Classico il confronto di caratteri con il robusto e deciso contraltare Horembeb.
Molti i personaggi ‘minori’.
Fra tutti, memorabile, la prostituta babilonese Nefer Nefer Nefer.
È diventando suo schiavo, sessualmente parlando, che Sinhue si rovina dato che, pur di averne i costosissimi favori, arriva a vendere ogni bene e perfino le tombe dei genitori adottivi, i quali, per questo – la sepoltura per un egiziano dell’epoca era importantissima – si suicidano.
Di quando in quando – e, chissà perché?, oggi – mi chiedo se il personaggio di Nefer Nefer Nefer nella narrata vicenda abbia influito su di me, in particolare guardando ai miei sentimenti e comportamenti quanto alle prostitute e alla prostituzione.
Mai, in vita mia, mai – neppure allorquando, giovane, la compagnia che frequentavo (e che nell’occasione invariabilmente lasciavo) andava in cerca di ‘donnine’ – ho cercato amori (per così dire) mercenari.
Per timore di perdere economicamente tutto con le conseguenti sofferenze?
Per carità!
Per evitare contatti con donne ‘di malaffare’?
Per la insopportabile consapevolezza – da ‘cliente’ – di non essere l’unico?
Qualunque sia la ragione, Nefer Nefer Nefer, in merito, ha influito, e non poco!

Mauro della Porta Raffo