Dissenso, pensiero unico e verità di Stato

Di seguito, ripropongo l’interessantissimo e del tutto condivisibile testo che Paolo Granzotto scrisse in occasione della pubblicazione, nel novembre del 2013, del primo numero della rivista culturale ‘Dissensi & Discordanze’ – MdPR

 

Ah, mio caro MdPR, presto il dissenso – la mancanza di consenso, di accordo; la diversità di parere, di sentimento; la critica per profonde divergenze circa le posizioni teoriche e ideologiche, le linee d’azione sia in generale sia riguardo a problemi particolari – sarà argomento di studio archeologico.

Tra il disinteresse generale – che poi come vedremo è una pantofolaia convenienza – sta avendo il sopravvento il pensiero unico e la verità di Stato.

Due principi che, è chiaro come il sole, sterilizzano il dissenso e azzoppano la discordanza, la mancanza di accordo.

Figli, l’uno e l’altra, di quel lievito intellettuale e culturale che risiede nella razionale pratica del dubbio.

Nel non dare nulla per certo e per scontato.

E qui si capisce perché nessuno o comunque pochi, pochissimi, si ribellano all’avanzare tumultuoso del pensiero unico e della verità di Stato: perché adeguandovisi, si fa meno fatica.

Non si è obbligati a riflettere, a studiare, ad approfondire: a cercarsela, la verità.

Che è poi quello che predicavano – pensiamo noi per tutti voi – quelle lenze dei giacobini, quel cattivissimo maestro che risponde al nome di Giangiacomo Rousseau.

Noi, gli eletti, gli Illuminati, vi diciamo ciò che è vero e ciò che è falso, ciò che è giusto e ciò che è ingiusto, ciò che è bello e ciò che è brutto.

Se vi sta bene, bene.

Se non vi sta bene e dissentite, e discordate, c’è la galera.

Perché così è: a voler negare una verità di Stato – per ora ne hanno rubricate tre o quattro, ma si fa presto ad aggiungerne altre cento o duecento – si commette reato, caro MdPR.

A voler dissentire dal pensiero unico, idem.

Prendi la legge sull’omofobia: non si potrà più scrivere o pubblicamente dichiarare non dico che l’omosessualità è per la Chiesa e dunque per il credente un peccato (San Paolo: Romani 1,26-27, 1 Corinzi 6,9-10, 1 Timoteo 1,9-10), tant’è che lo stesso Papa Francesco – “Come posso io giudicare…” – evita di farlo.

Ma nemmeno scrivere o pubblicamente manifestare la propria discordanza sul matrimonio gay.

E’ atroce sostenere che l’Olocausto non raggiunse le dimensioni che sappiamo, o addirittura negare che sia mai stato.

Però è altrettanto spaventoso punire a norma di legge i negazionisti: le idee si combattono con le idee, non con la galera.

Senza aggiungere che in tutte le Costituzioni – anche in quella “più bella del mondo”, la nostra – è sancita come diritto inalienabile & non negoziabile la libertà di pensiero e della sua espressione.

 

Cosa ne sarà, caro MdPR, degli eretici che divergono dalle opinioni e dalle ideologie comuni?

Degli insofferenti al luogo e pensiero comune, ai concetti pre elaborati, alle mode culturali, agli entusiasmi di massa, alle balle istituzionali?

Vedi, fedele alla lezione di Leo Longanesi (“Fidatevi più dei vostri disgusti che dei vostri gusti perché solo così i vostri articoli avranno quel tanto di cattiveria necessaria alla buona riuscita”), ho sempre mantenuto tonica la mia diversità di vedute e vigile la predisposizione al dissenso.

Ottima per rubricare ciò che contrasta con i miei, di gusti, col mio modo di vedere, giudicare, apprezzare le cose materiali e non, senza poi dire delle simpatie individuali.

Nella polemica sto come un topo nel formaggio e non mi dispiace esser detto polemista, ch’io considero un titolo di merito e un esercizio aristocraticamente intellettuale.

Ma la polemica deve essere polemica: il greco polemikòs, da cui la parola trae, sta per bellicoso, per guerriero.

Non per mammola accondiscendente.

Certo, non siamo alla canna del gas, c’è ancora spazio per guerreggiare, per dissentire e discordare.

Ma lo spazio si fa sempre più ristretto e ho paura che anche muovendo battaglia al giacobinismo censorio, sarà battaglia perduta.

Paolo Granzotto