Il film della vita di Mauro Mazza: ‘C’eravamo tanto amati’

Mettiamola così. Non è la prima volta che me lo chiedono, ma è la prima volta che la risposta (sempre la stessa) è messa nero su bianco.

Prevengo l’obiezione che i due lettori ai quali non sono del tutto ignoto avanzerebbero non appena letto il titolo del film che più di ogni altro mi ha colpito e coinvolto. Replica all’obiezione non ancora formulata: anche chi è lontano mille miglia dalle convinzioni e dalle passioni dei protagonisti della pellicola, può riconoscersi nel loro destino, nel sentimento di amicizia che può tramutarsi nel suo contrario, nella bizzarria di percorsi di vita che può decidere il caso, un attimo fuggente, una porta girevole.

Insomma il “mio” film è ‘C’eravamo tanto amati’ di Ettore Scola.

L’ho visto più volte, la prima volta avevo vent’anni, amicizie, amori e passione politica riempivano la vita e la facevano ardere.

Certo, gli straordinari Gassman (Gianni) Satta Flores (Nicola) e Manfredi (Antonio) s’erano conosciuti da partigiani, durante la resistenza, rischiando la pellaccia e aiutandosi davvero.

L’amicizia a vent’anni ha sempre la stessa intensità, profuma d’eterno, non come gli amorini che durano una manciata di giorni, poche settimane al massimo.

L’amore vero e grande è quello che ti scoppia dentro e ti fa mettere a repentaglio, tra le cose più care, l’amicizia.

E’ la meravigliosa Sandrelli a far litigare i tre indissolubili amici, inevitabilmente.

Ed è il più in gamba dei tre, il bellissimo Gassman, ad abbandonare per sempre la comitiva. Il futuro lo conduce altrove e il suo bilancio finale sarà, insieme, positivo e negativo. Egli sarà un perdente di successo, con gli ideali sacrificati sull’altare del dio denaro.

In un altro grande film ‘C’era una volta in America’, Sergio Leone fa dire ad uno della banda, rivolto ad un  De Niro appena uscito dal carcere: “Su di te avrei scommesso”, gli confessa, “perché i vincitori li riconosci alla partenza”.

Poche cose sono così false, perché è sempre la vita a stabilire l’ordine di arrivo: a volte per meriti e demeriti, più spesso per un colpo di vento che soffia forte alle spalle, e fa volare; oppure viene addosso, freddo e pungente, rallenta la corsa, può far cadere.

Ecco perché mi piace tanto questo film.  Ogni volta, ci si può identificare con l’uno o con l’altro – il vincente, lo sfigato o l’incompreso – perché tutti figli dello stesso tempo, tutti a respirare la stessa aria di un secolo troppo breve,  pieno di idee troppo spesso fasulle e sballate.

Un film sugli anni Settanta, quelli dei miei vent’anni, potrebbe intitolarsi ‘C’eravamo tanto armati’.

Ci sarebbe solo una ‘erre’ in più e le storie da raccontare somiglierebbero maledettamente a quelle di Gianni, Antonio e Nicola.

Mauro Mazza