Totò, Peppino e la Malafemmena

Ho cominciato sin dalla più tenera età a frequentare sale teatrali e cinematografi.

Ricordo che quando ero alle elementari la mia adorata nonna paterna, insegnante in pensione e ‘malata’ di musica e di tutto ciò fosse spettacolo, dopo avermi ‘fatto studiare’, verso le cinque del pomeriggio mi conduceva nei due cinema della zona dove abitavo e tuttora abito, il Susa e il Dea (l’odierno Ciak), che cambiavano la programmazione un giorno sì e uno no.

Così per anni ho avuto la mia razione quotidiana di film, un po’ di tutti i generi: western soprattutto e commedie della fine degli anni Cinquanta.

Ma la mia vera e propria scoperta del cinema la si deve, sarà forse poco originale ma è la verità, ai due capolavori del Sessanta: ‘La dolce vita’ e ‘Rocco e i suoi fratelli’.

Nonostante fossero entrambi vietati ai minori di sedici anni, riuscii lo stesso a varcare la soglia delle sale dove li proiettavano, a ‘Rocco’ addirittura con la complicità della mia insegnante di disegno delle medie al Parini.

Stavo entrando nell’adolescenza e sono certo che la mia formazione culturale venne in qualche misura influenzata da quei due grandi affreschi della vita e della società italiana: “la povera gent” e i “sciöri”, per dirla con Carlo Bertolazzi, un’umanità tormentata e sofferente alla ricerca di una qualche possibilità di riscatto.

Il sorriso della Ciangottini così come l’operosità fiduciosa dell’ultimo dei fratelli Parondi aprivano il cuore alla speranza propria di quegli anni in cui l’Italia si trasformava.

Poi vennero tempi più problematici e tormentati, e con la maturità le mie pellicole di riferimento furono altre, una diversa per decennio.

Oggi, settembre 2007, non ho alcun dubbio: il mio film è ‘Totò, Peppino e la Malafemmina’, vertice assoluto del genio di due grandissimi attori, maschere immortali della Commedia dell’Arte, ovvero dell’eterno spettacolo simbolo del nostro amato Paese.

Carlo Fontana

Totò e Peppino in 'Totò, Peppino e la Malafemmena'
Totò e Peppino in ‘Totò, Peppino e la Malafemmena’