Schiavitù e segregazione razziale

In particolare (ma non solo) negli Stati Uniti d’America

 

Definizioni

 

Schiavitù:

l’assoggettamento totale e lo sfruttamento come forza lavoro di uomini privi di ogni diritto politico e civile in ragione delle loro condizioni di prigionieri di guerra, di debitori insolventi, di merce acquisita

Segregazione razziale:

regime giuridico di separazione tra le razze presenti all’interno di uno Stato caratterizzato da norme che vietano l’uso promiscuo dei servizi pubblici, di luoghi di abitazione o di svago

 

Parte prima

La schiavitù

 

1

 

Schiavi non musulmani

 

Schiavi?

Certo, ma non di religione islamica

Cinquanta milioni!

Questo l’impressionante numero di neri africani strappati alle loro terre e imbarcati a forza sulle ‘navi negriere’ che hanno coattamente iniziato – iniziato, visto che molti sono morti durante il viaggio – la traversata dell’Atlantico verso le Americhe nei lunghi secoli che vanno dall’immediato dopo ‘scoperta’ all’Ottocento.

I portoghesi per primi, poi gli spagnoli, poi anche francesi, olandesi e inglesi gli ‘importatori’.

Gli iberici, ovviamente, nella direzione dei Paesi latino americani.

Specifiche le regole dettate dalla corona spagnola al riguardo.

La più importante?

Per ‘commerciare’ con le terre d’oltreoceano gli schiavisti dovevano essere muniti di una speciale concessione reale: l’asiento.

 

(L’asiento era appunto il contratto con il quale il governo spagnolo regolava la tratta di schiavi africani con le colonie americane

La Spagna, che ne aveva in qualche modo il monopolio, ne concesse l’uso nel secolo sedicesimo ai genovesi, in quello successivo ai portoghesi, poi agli olandesi e, con il trattato di Utrecht, 1713, alla Gran Bretagna che per trent’anni lo utilizzò mediante la Compagnia dei Mari del Sud.

Abolito dalla Spagna nel 1759, fu in seguito liberalizzato).

 

La regola più significativa guardando all’oggi e ai problemi che derivano dall’arrivo in Europa e in particolare in Italia di immigrati di religione mussulmana?

Dovevano i futuri schiavi provenire da regioni del Continente Nero nelle quali l’islamismo non fosse diffuso, meglio pertanto se fossero Stati ‘prelevati’ nell’Africa meridionale.

Per quanto non esplicitamente, alla medesima determinazione in relazione alla fede dei neri da ‘importare’ giunsero gli inglesi colonizzatori e dipoi gli statunitensi del Sud.

Questa una delle ragioni, se non la principale, per le quali la religione maomettana non ha attecchito nel Nuovo Mondo.

 

2

 

La ‘colpa’ di Toussaint-Louverture e le leggi non solo europee, dapprima contro la tratta e dipoi per l’abolizione

 

Molte le voci che, per il vero fin da subito, si levarono contro l’infame commercio.

Benché la tratta, numericamente parlando, toccasse il massimo livello nel decennio 1795/1804, è nella seconda parte e in particolare sul finire del Settecento che le mutate situazioni economiche e in specie la rivoluzione industriale (che necessitava di differente mano d’opera) portarono molte nazioni a pensare di rivedere il proprio atteggiamento in materia.

Il 4 febbraio 1794, la Francia rivoluzionaria emanava un decreto che aboliva la schiavitù nelle sue colonie d’oltremare.

Peraltro fortemente contestata, la determinazione non trovò praticamente applicazione per un fatto di non poco conto: la rivolta ad Haiti dei neri guidati da François Dominique Toussaint-Louverture.

 

(Sul tema, si veda il capitolo che a Toussaint ho dedicato nel mio ‘Il continente della speranza? Storia e storie dell’America Latina’, saggio breve nel quale forzo il termine ‘continente’ visto che, come ognun sa, gli Stati latino americani si estendono anche al Centro e al Nord – il Messico – America)

 

Ma i tempi erano oramai maturi:

1807, abolizione della tratta (non della schiavitù, però) ad opera della Gran Bretagna

1815, provvedimento analogo deciso durante i ‘Cento giorni’ da Napoleone

1833, abolizione, questa volta, della schiavitù in Inghilterra

1848, nello stesso senso si pronuncia la Francia

1863, così l’Olanda

1878, segue il Portogallo

A ben guardare, molto più ‘veloci’ in merito gli argentini che avevano deciso già nel 1813 l’emancipazione degli schiavi.

 

3

 

La schiavitù negli Stati Uniti fino alla fondazione del partito repubblicano (1854)

 

Tra il 1777 e il 1804, gli Stati a nord del Maryland degli appena nati ‘States’ decretarono l’abolizione della schiavitù.

Ben pochi, relativamente, in quelle bande, gli schiavi.

Infinitamente più numerosi, naturalmente, nel Sud, laddove la mano d’opera servile era ritenuta (ed era, considerando l’organizzazione del lavoro) indispensabile nelle piantagioni.

Non trascurabili di certo anche se non decisive le iniziative e le intraprese dettate dall’idea abolizionista.

Si pensi alla American Colonization Society, fondata nel 1817, che si proponeva di riportare gli africani nel loro continente, nell’attuale Liberia.

All’attività di William Lloyd Garrison, direttore del ‘Liberator’.

All’American Anti-Slavery Society, costituita nel 1833.

Grande, in una temperie di quella fatta e nel mentre uomini di valore (primo fra tutti, l’ex presidente e dipoi rappresentante John Quincy Adams che vergò già nel 1839 una proposta di legge abolizionista) si battevano per la giusta causa, l’impatto emotivo suscitato dalla pubblicazione nel 1852 de ‘La capanna dello zio Tom’, di Harriett Beecher Stowe.

Qualcuno, inoltre, pensò all’organizzazione di una rete clandestina che provvedesse all’espatrio degli schiavi.

Altri arrivarono perfino ad effettuare attacchi armati.

Più importante, da ultimo e però, il fatto che nel 1854 fosse fondato il partito repubblicano il cui primo fine politico era quello abolizionista.

 

4

 

Le determinazioni in materia di schiavitù durante e dopo la Guerra di Secessione

 

Di seguito, l’indicazione dei due/tre provvedimenti che determinarono la fine dello schiavismo e, in qualche modo senza che nessuno potesse prevederlo, la conseguente nascita del segregazionismo.

 

1863, Decreto di emancipazione degli schiavi ad opera del presidente Abraham Lincoln (emanato il 22 settembre 1862, entrò in vigore l’1 gennaio 1863)

1865, adozione del XIII Emendamento alla Costituzione la cui entrata in vigore è stata dichiarata il 18 dicembre appunto 1865.

1868, 9 luglio, approvazione del XIV Emendamento che pur riguardando in particolare il diritto di cittadinanza e i diritti civili è per moltissimi versi importantissimo nei confronti del processo che andiamo illustrando.

 

 

5

 

Dopo, nel mondo

 

Molti i consessi internazionali nei quali si è successivamente intervenuti per combattere ovunque permanesse la sopravvivenza della schiavitù:

Trattato di Berlino del 1885, di Bruxelles del 1890,

Convenzione di Saint Germain en Laye del 1919, di Ginevra del 1926,

Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo  del 1948…

Difficile oggi rispondere se non positivamente a quanti chiedano se la schiavitù, non ufficialmente, sia praticata da qualche parte nell’universo mondo.

 

6

 

Conseguenze della tratta nel continente America

Quali gli effetti, quale l’impatto conseguente all’arrivo nel Nuovo Continente di vere e proprie masse di africani?

In molte zone – intere regioni brasiliane così come a parzialmente a Cuba e interamente ad Haiti ma non solo – i neri si sono brillantemente acclimatati sostituendo come gruppo etnico dominante sia i bianchi che gli indigeni.

Altrove – negli Stati Uniti, per esempio – hanno formato e formano una parte rilevante della popolazione.

Non irrilevanti, poi, i gruppi di ‘sanguemisti’ che sono derivati dai differenti incroci in specie nell’America del Sud: mulatti e ‘zambos’ in primis.

 

(Sono denominati ‘zambos’ i nati dall’unione tra neri e nativi americani).

 

Non trascurabili, infine, le derivazioni culturali, prima tra tutte, nel Nord America il Jazz.

 

 

 

 

Parte seconda

 

La segregazione razziale negli USA

 

1

 

Dopo la Guerra di Secessione e dopo il XIII e XIV Emendamento

 

Impossibile – se mai qualcuno ne fosse in grado – essere imparziali storicizzando, ricordando, infine giudicando il periodo di all’incirca quindici/vent’anni seguente il termine della Guerra di Secessione.

Non pochi osservatori hanno aspramente criticato l’atteggiamento assunto allora dai repubblicani.

In qualche modo sfruttando, spesso al di là del lecito e per interessi non certamente ideali, la situazione, utilizzando i neri quasi esclusivamente dal punto di vista più biecamente politico cercando col loro appoggio di conquistare e mantenere il potere nel Sud, i GOP, in un batter di ciglia, crearono un ‘clima’ talmente negativo da provocare – semplificando al massimo – sia la reazione dei Sudisti attraverso la legislazione locale (creando i cosiddetti ‘codici neri’), sia lo scontento dei neri, sia la nascita del Ku Klux Klan che, prima di trasformarsi in uno strumento di lotta antinegri e segregazionista, intendeva difendere la gente del Sud dalle prepotenze della truppe occupanti.

La indicata reazione portò in non poi molto tempo al ritorno – e per lunghissimi decenni, direi fino alla fine degli anni Sessanta/inizio dei Settanta del Novecento! – e al prevalere in quelle terre del partito democratico.

Facendo riferimento alla Restaurazione in Europa conseguente al Congresso di Vienna e al fatto che in Francia, dopo la Rivoluzione e Napoleone, tornò tranquillamente (si fa per dire) a regnare la dinastia precedentemente al potere, gli storici battezzarono col nome di ‘Borboni’ i nuovamente in carica governanti appartenenti al partito dell’asino.

 

2

 

L’opera culturalmente esemplare di Booker T.Washington e di W.E.B. Du Bois

 

Un attimo, si direbbe, ed ecco tra i neri finalmente non più schiavi fiorire rimarchevolissime personalità di alto livello culturale.

Per citarne solo due (tra le molte sorte ed emerse già nella seconda metà dell’Ottocento), in prima battuta – temporalmente parlando – Booker Taliaferro Washington, educatore, scrittore e oratore, vero punto di riferimento della comunità afroamericana.

Poi, William Edward Burghardt Du Bois, attivista, storico, editore, poeta la cui lunga vita è contrassegnata da polemiche, scontri (anche col predetto Booker Washington), determinazioni di non indifferente sostanza.

A Washington e Du Bois (ma, non solo) si deve l’intuizione che solo una vera azione riformatrice avrebbe potuto fornire le basi all’ascesa civile dei neri.

La loro opera di educazione gettò le fondamenta delle successive battaglie.

 

3

 

…e più tardi le prime affermazioni dei neri in campo sportivo: Jack Johnson, Jesse Owens, Joe Louis…

 

Certo, già (anche se scrivere ‘già’ parlando dell’inizio inoltrato del Novecento e quindi di anni lontani quattro decenni dalla fine della Guerra di Secessione e dalla approvazione dell’Emendamento costituzionale che aboliva la schiavitù è in qualche modo strano) nel 1908 un nero americano – combattendo peraltro in Australia contro il detentore canadese, Tommy Burns – era arrivato alla ribalta internazionale in campo sportivo.

Si trattava del pugile peso massimo Jack Johnson, mitica e leggendaria figura le cui vicende sportive e, in specie, non sportive avevano appassionato tutti e suscitato le ire dei razzisti che da allora erano andati alla ricerca della ‘speranza bianca’, cioè di un boxeur appunto bianco in grado di detronizzarlo.

L’operazione fu portata a termine nel 1915 in quel de L’Avana in un match da molti ritenuto una combine.

Da allora, pochissimi i neri americani capaci di segnalarsi tra gli sportsmen visto che, imperando in larga parte del Paese il segregazionismo, era loro reso estremamente difficile entrare a far parte delle strutture scolastiche che consentivano l’accesso agli e la pratica degli sport.

Ma eccoci al 1935.

Esattamente il 25 maggio di quell’anno, un giovane di colore di Oakville che gareggiava per l’università dell’Ohio ad Ann Arbor nei campionati del Big Ten in quarantacinque minuti stabilì la bellezza di cinque record mondiali eguagliandone un sesto.

Corse piane e ad ostacoli e salto in lungo le gare disputate dominando.

Si chiamava Jesse Owens e l’anno dopo, alle Olimpiadi di Berlino, sarà in grado di vincere quattro medaglie d’oro alla faccia delle pretese naziste di una sbandierata superiorità ariana.

 

(Per inciso, nelle sue memorie, Owens smentì la storia da tutti narrata secondo la quale Adolf Hitler non avesse voluto congratularsi con lui addirittura lasciando la tribuna indispettito dai suoi trionfi: raccontò invece di un saluto cordiale del Fuhrer da lui ricambiato).

 

Ebbene, per quanto immenso sia stato Jesse Owens, nel 1935 e nel 1936, i ‘suoi’ ‘35 e ‘36, il Sullivan Award, prestigioso premio assegnato annualmente dalla Amateur Athletic Union, fu dato nell’ordine a un golfista bianco (W. Lawson Little jr) e al vincitore del decathlon a Berlino (Glenn Morris), anch’esso ovviamente bianco!

 

(Non va qui dimenticato che nei Giochi della capitale tedesca, alle spalle di Owens e quindi medaglia d’argento, nei duecento metri, finì il georgiano di origine e californiano di adozione ‘Mack’ Robinson, fratello maggiore del primo giocatore nero – Jackie Robinson – di baseball mai ufficialmente approdato alle più prestigiose leghe di quel seguitissimo sport).

 

Praticamente un anno dopo i fatti di Ann Arbor, esattamente il 29 maggio 1936, un altro atleta nero che pareva destinato a raggiungere i massimi livelli nello sport praticato, la boxe, subiva una imprevista, cocente sconfitta.

Joe Louis, questo il suo nome, incrociava quel giorno a New York i guantoni con il tedesco Max Schmeling, ex campione mondiale di tutte le categorie, ritenuto peraltro in declino.

Imbrigliato tecnicamente dal rivale, il giovane Louis non riuscì allora ad esprimere la sua potenza e, logorato alla distanza, finì ko al dodicesimo round.

La vittoria di Schmeling fu oltremodo osannata sia dai predetti sostenitori della superiorità ariana che  dai razzisti USA.

Superato felicemente e in volata il momento, Joe Louis conquistò il titolo mondiale ma, soprattutto, si rifece alla grande su Schmeling che, nel confronto di rivincita disputato il 22 giugno 1938 ancora nella Grande Mela, fu spazzato via al primo round!

 

(Qualcuno, anni dopo, scrisse che il ‘Bombardiere Nero’ – questo il suo soprannome – era stato il primo americano a mettere ko un nazista).

 

4

 

I lunghi, duri decenni che portano al secondo dopoguerra

 

Tornati al potere i democratici nel Sud – magnificamente illustrato in questi ‘momenti’ da molti importanti scrittori (tra tutti, per il Novecento dei ‘poveri bianchi’, ricordo almeno Erskine Caldwell), con riferimento al tema qui trattato, domina la segregazione razziale (‘segregazionismo’) attuata né più né meno così come descritto nella definizione che precede la presente specifica trattazione.

Segregazione voluta, imposta a furor di maggioranza tra i bianchi, dai democratici, costantemente in grado di vincere con estrema facilità tutte le elezioni locali, da quelle per i governatorati in giù.

(Alla fine, in quei lunghi anni, le cariche si decidevano nel corso delle primarie appunto democratiche, il vincitore delle quali, difatti, poi, nelle urne, non trovava praticamente opposizione).

La situazione era tale che i candidati presidenziali repubblicani – pur quasi sempre vincenti nel secondo Ottocento perché in grado di conquistare tutti gli Stati non sudisti, del Nord in particolare, e spesso ancora vittoriosi fino all’arrivo del secondo Roosevelt – non svolgono alcuna campagna elettorale nel Sud ritenendolo inutile.

 

5

 

Dopo la Seconda Guerra Mondiale: le cose cambiano davvero!

 

Finita vittoriosamente la guerra in Europa, molte e molte migliaia di soldati di colore tornarono alla vita civile benissimo rammentando come e in qual modo, contro il nazismo e il fascismo, si fossero battuti non certo meno dei bianchi senza altrettanti se non superiori sacrifici.

La prima battaglia da condurre e necessariamente da vincere era quella per ottenere l’iscrizione nelle liste elettorali, l’accesso alle quali procedure e regole ben studiate (!?) rendeva impossibile ai neri in pressoché tutti gli Stati del Sud.

La lotta fu condotta principalmente dalla Associazione nazionale per il progresso della gente di colore (NAACP).

Nel 1948, poi, il presidente Harry Truman pose fine drasticamente alla segregazione razziale nell’esercito e nelle scuole finanziate dal governo federale guadagnandosi, non solo per questo ma anche e malgrado tutti i sondaggi negativi e i primi risultati della costa atlantica a lui contrari, una magnifica rielezione.

 

6

 

Le sentenze anni Cinquanta della Corte Suprema e la mobilitazione dell’esercito in Arkansas ad opera di Eisenhower

 

Ad illustrare il tema, un mio articolo che guarda ai fatti in modo particolare:

 

L’Arkansas?

Uno Stato periferico, a dir poco.

La terra di un certo Bill Clinton, comunque.

Little Rock?

La capitale nella quale, prima di partire per l’altrove sognando la Casa Bianca e incredibilmente conquistandola, lo stesso Clinton ha brillantemente occupato per anni lo scranno riservato al governatore.

Prima di Bill, a livello nazionale, qualcuno si era mai occupato dello sperduto Stato e della sua capitale, e nel caso perché?

Altroché, verrebbe da dire: proprio Little Rock, Arkansas, martedì 24 settembre 1957 verso sera, su ordine del presidente Dwight Eisenhower, fu occupata militarmente da una unità delle centoduesima divisione aviotrasportata americana i cui membri erano armati fino ai denti.

Era la prima volta dal 1875 che una città sudista ricadeva sotto la legge marziale.

Ma cosa era successo?

Fatto è che l’allora governatore dello Stato, il democratico Orval Faubus – assolutamente non disposto a dare attuazione alla sentenza della Corte Suprema USA emessa il 17 maggio 1954 nella quale l’alta Corte, sotto l’impulso e la presidenza di Earl Warren, aveva dichiarato incostituzionale  la segregazione razziale scolastica e deciso che la dottrina sudista degli istituti uguali ma separati per bianchi e neri era in contraddizione con il quattordicesimo Emendamento – aveva mobilitato la guardia nazionale statuale facendo proibire l’ingresso della High School locale agli alunni neri, e ciò malgrado un giudice federale ne avesse ordinato l’ammissione.

(La predetta sentenza statuiva anche che fosse incombenza dei tribunali federali il giudicare il momento opportuno per mettere in atto il principio fissato tendendo conto delle circostanze e necessità locali).

I paracadutisti della centoduesima rimasero a Little Rock la bellezza di dieci mesi e ogni mattina scortarono a scuola cinque neri, due femmine e tre maschi.

Gli alunni bianchi boicottarono allora le lezioni seguendo i corsi organizzati da Faubus impartiti via televisione.

Allorquando, i militari si ritirarono, il governatore chiuse la High School e la sostituì con un istituto privato pagato dallo Stato, istituto nel quale i neri non erano ammessi.

Inutile nasconderlo: ai tempi, Orval Faubus, col suo comportamento si guadagnò il titolo di difensore dei diritti degli Stati che molti nella circostanza ritennero violati dal governo federale.

 

7

 

Fino al momento nel quale Malcolm X respinse sia il ghetto che l’integrazione

 

E si arriva finalmente al giorno nel quale ci si rende conto che il problema concernente i neri americani non è affatto circoscritto al Sud.

No, nei quartieri periferici e degradati delle grandi città del Nord, i neri vivono peggio, sottopagati quando lavorano, sfruttati, ammassati, vittime di tutte le piaghe sociali, ignoranti e dediti per sopravvivere a droga e prostituzione.

Nascono, allora e quindi, movimenti intesi a combattere questa drammatica situazione.

I Mussulmani Neri, alquanto spericolatamente, chiedono la formazione di uno Stato ‘nero’, agli afroamericani riservato, negli USA.

Marce su Washington, azioni di protesta sempre ‘non violente’ al seguito in particolare del reverendo Martin Luther King.

E nel mentre, ecco che tra i massimi esponenti dei predetti movimenti emerge Malcolm X (rifiutava il cognome Little imposto ai suoi antenati dai bianchi) che per primo contesta sia la ghettizzazione sia l’integrazione.

Quest’ultima negherebbe la specificità nera rendendo gli afroamericani dei ‘bianchi dalla pelle scura’.

 

8

 

Black Power e Black Panthers

Malcolm X e Martin Luther King saranno assassinati e la loro morte – in particolare quella del reverendo King – darà il via ad un nuovo movimento decisamente più violento: quello del ‘Black Power’.

Breve, per il vero, il predominio tra i neri dei gruppuscoli (appunto, tali) che predicavano l’uso della forza, la sedizione, addirittura un razzismo anti bianco.

 

 

Parte terza

 

Le conseguenze

 

1

 

Conseguenze sociali

 

Quali, in una situazione non certo tranquilla, le conseguenze di tutte queste azioni e manifestazioni?

Due soprattutto.

La prima: i neri, prima sempre ‘paurosi’ e in sudditanza nei confronti dei bianchi uscirono da questo Stato.

La seconda: si cominciò a guardare con attenzione al degrado delle periferia urbane.

 

2

 

Conseguenze politiche: Jesse Jackson, Colin Powell, Condoleezza Rice, per dire

 

1984 e 1988, un nero, il reverendo Jesse Jackson, si propone con non poco successo nelle primarie democratiche.

2001, il presidente George Walker Bush chiama il generale nero Colin Powell a ricoprire l’alto incarico di segretario di Stato.

2005, ancora il secondo Bush nomina al posto di Powell la dottoressa Condoleezza Rice, prima donna nera a ricoprire l’incarico.

2008, viene eletto alla Casa Bianca il nero Barack Hussein Obama.

 

Ma non è certo finita!

 

 

Appendice

 

Piscine dei bianchi, piscine dei neri


 

USA anni Quaranta/Cinquanta del Novecento: pochissime le piscine.

USA al giorno d’oggi ma già da gran tempo: milioni e milioni le piscine.

Quelle risalenti al dopoguerra, quasi tutte pubbliche.

Quelle d’oggi, quasi tutte private.

Fatto è che, fino agli anni nei quali per le sentenze della Corte Suprema presieduta dal repubblicano Earl Warren e per l’azione conseguente del presidente repubblicano Dwight Eisenhower la segregazione razziale fu dichiarata illegittima e combattuta efficacemente, i neri – ovviamente, in specie nel Sud governato dai democratici – non erano ammessi in piscina, per quanto pubblica fosse la struttura.

Dopo, possibile per loro l’ingresso e la frequentazione, i bianchi hanno cominciato a costruirsi piscine private a milioni, come si diceva.

Ecco il particolare collegamento tra razzismo e piscine.

 

 Mauro della Porta Raffo