In occasione del ventennale della pubblicazione sul Foglio delle prime Pignolerie la voce dell’ex direttore de La Prealpina
26 agosto 2016
Da sempre si fa uso del termine laico in antitesi a tutto quanto si considera religioso, clericale, confessionale: in realtà il termine nacque e venne inizialmente usato per delineare appartenenza, scelta, predilezione di tutto quanto attenesse al popolo.
Un’infinità di tempo è trascorsa da quando a Como chi, affiancandomi nel mio percorso giornalistico, con la parola e l’esempio sempre richiamava l’importanza di un rispetto totale e laico, cioè senza bandiera, verso tutti i protagonisti delle vicende che come cronista dovevo raccontare.
Ho cercato di non dimenticare mai questo consiglio.
Devo ammettere che l’ho perfidamente trascurato solo quando mi sono imbattuto con professionisti della politica, ovvero coloro che, arruolatisi come volontari in un delicato servizio alla comunità, non hanno mancato di riservarsi un trattamento personale che permetteva loro di campare davvero bene.
Il mio impatto con Varese, nell’ottobre del 1964, fu molto bello anche perché questa attenzione al rispetto aveva già una sua piccola e bella storia, legata a una diversa cultura della comunità, più aperta al sociale per sensibilità e generosità.
Accadeva inoltre che i giornalisti varesini, quando non potevano sconfinare per motivi editoriali, cominciavano a prendere la scia di un grande collega come Gaspare Morgione, irresistibile nel minare i fortini della conservazione con vignette e scritti: le sue scorribande lasciavano il segno, con il sorriso aprivano le porte a una più matura democrazia.
Con l’arrivo dei giovani – si imponeva un cambio generazionale – si formò poi a La Prealpina un gruppo di lavoro coeso, professionale, attento ai doveri laici dell’informazione: credo abbia segnato un’epoca e contribuito a lanciare nel ‘mercato’ nazionale della stampa splendidi colleghi.
Con il nucleo di professionisti si sarebbero affermati altri bravissimi comunicatori: come indipendenti o collaboratori di altre testate hanno infatti vinto battaglie professionali di notevole importanza anche grazie alla formazione ‘laica’ che, piccolo seme anni prima nel quotidiano locale, era svettata robusta e senza marchi di fabbrica o di appartenenza nei parchi dell’informazione provinciale e regionale.
Questa mia lettura di un aspetto della ben più complessa vicenda della stampa cittadina non pretende di essere oro colato, è solo una riflessione personalissima, spero tollerabile dopo più di mezzo secolo di viaggio fatto in bella compagnia.
Una riflessione dovuta anche alla necessità di ringraziare tutte le persone che svolgevano e svolgono altre professioni ma che hanno dato moltissimo all’informazione, alla crescita culturale della città.
Tra questi singolari missionari della comunicazione emerge Mauro della Porta Raffo, ciclone laico che si abbatte sulla cultura nazionale e locale con iniziative che lasciano tracce consistenti.
Studioso per esempio della storia degli Stati Uniti, a ogni elezione del presidente a stelle e strisce per tutti i suoi riferimenti storici sono preziosissimi perché indiscutibili.
Anni fa dopo una polemica con il grande istrione del giornalismo nazionale, Giuliano Ferrara, ne divenne collaboratore al ‘Foglio’ come Gran Pignolo nella scoperta degli erroracci di contenuto fatti dai giornalisti, anche i più celebri, nei loro articoli.
La sua attività, davvero per certi versi devastante, ma utilissima, si sviluppò, ed è rimasta un riferimento per ricordare difficoltà e trappole che i giornalisti, anche i più celebri, incontrano nella loro professione.
Mauro della Porta Raffo è un benemerito della cultura e del giornalismo, del quale è un perfetto laicone: in un libro che ricorda anni di scorribande nelle imprecisioni giornalistiche una settantina di pagine (!!!) sono dedicate a inciampi di Enzo Biagi, uno dei ras non estremisti del mondo della comunicazione.
Varese, dopo anni, sta scoprendo lo spessore di questo suo figlio adottivo che da tempo proprio nel sapere, preziosa virtù di famiglia, procede con autorevolezza e credibilità.
Gli sono affezionato, come a un altro ribelle redento, Roberto Gervasini, che laicamente oggi si batte sul fronte del recupero della Varese risorgimentale.
E pensare che in tema di amministrazione delle comunità civiche comincio a essere un tantino lombardo-veneto d’antan.
Forse nel terzetto di sodali laici è il momento in cui tocca a me il ruolo del Vasco Rossi.
Mauro e Roberto la loro vita spericolata l’hanno già messa alle spalle.
Pierfausto Vedani