Bandiera a mezz’asta

una riflessione di Rodolfo Veneroni

Il trascorso 3 marzo, a cinque anni dalla scomparsa, l’Associazione Culturale Varesepuò ha ricordato Eugenio Giustolisi con un Convegno in sala Montanari a Varese. Nell’occasione, sono intervenuti Pina De Maria, Irene Affede Di Paola, Maria Pia Giustolisi, Silvia Venuti e Mauro della Porta Raffo. In merito al romanzo di Giustolisi ‘Bandiera a mezz’asta’ pubblichiamo una riflessione di Rodolfo Veneroni.

 

Ho letto con grande coinvolgimento questo libro di Eugenio Giustolisi perché l’autore si è impegnato a testimoniare, in modo molto reale, empatico, senza preconcetti, la vita così come è stata vissuta, durante la guerra, dalla gente comune, dai militari al fronte, dai civili nelle città, nelle campagne, dai partigiani, dai fascisti….

 

Le bandiere a mezz’asta.

… anche se molte gemme cadranno bruciate dal gelo, l’albero continuerà a fiorire.

(Walter  Kampf, studente fucilato per la libertà.)

All’inizio di ogni capitolo, una breve frase, lasciata scritta da giovani prima dell’esecuzione, riporta, in modo straziante, quale era la situazione in quei momenti, a quali terribili scelte erano tutti chiamati: lo scopo del libro non è di raccontare una storia, anche se interessante e coinvolgente, ma di ricordare per non dimenticare, perché il passato possa essere utile per costruire un futuro migliore.

E’ un “romanzo” che tratta dei tragici avvenimenti che hanno segnato il destino dell’Europa: l’autore  per situarli parla anche del prima e del dopo. Lo fa con grande compassione, partecipazione, attraverso il racconto di vite reali: un modo appassionato e “vissuto” di ricordare.

La felice conclusione, con il ritrovarsi dei protagonisti, coronato dal ripetersi del pellegrinaggio al Sacro Monte di Varese, ridona la speranza anche a chi lo ha letto con inevitabile coinvolgimento.

Ma dire che è un romanzo è un falso.

Il libro è molto più che un romanzo, è uno straordinario, vitale, resoconto di un periodo storico (anni 40-50), scritto per fare pensare e riflettere.

Anche i protagonisti principali, con le loro vite, interpretano soprattutto le vicende storiche.

Il racconto della loro storia è accompagnato da profonde riflessioni sulla politica, l’economia, la società, in particolare sulla religione cristiana che è vista come l’elemento più importante della vita, come il motore nelle scelte che in momenti così difficili ciascuno era costretto a fare, come sorgente della speranza che va oltre la morte.

La Morte che è presente in tutto il racconto.

Queste riflessioni che mirano ad edificare una società più giusta, sono sorprendentemente valide ancora oggi in momenti di grande incertezza in campo politico e sociale, di fronte al desiderio imperante “del subito, del rumore e dell’immaginario” quando sembra si siano persi i punti di riferimento, la memoria del passato anche recente, le speranze per il futuro.

La toccante introduzione della figlia ricorda come l’autore abbia personalmente vissuto le situazioni che racconta, come questo scritto, “segreto” per tanti anni, rappresenti momenti della sua vita, quando anche dovette prendere difficili e coraggiose decisioni che hanno salvato la vita di molte persone.

Un’introduzione che ripercorra la straordinaria vita di Giustolisi che al momento della fine della guerra e dei fatti di Dongo, era nel comando di polizia di Como e che poi si è sorprendentemente indirizzato allo studio fino alla laurea in Fisica… e in Scienza delle Religioni, in particolare dell’Islam, su cui ha tenuto dei corsi a Varese, può chiarire il profondo significato del libro.

…che l’amore, non l’odio, domini il mondo. ( Jaroslav Oindrousek. studente diciannovenne fucilato per la libertà)

Luigi e Silvia, i due protagonisti sono il simbolo della Speranza.

Un racconto che fa ricordare ai pochi, i vecchi come me, e fa pensare ai molti.

Un libro che i giovani dovrebbero leggere e tutti noi rileggere.

Rodolfo Veneroni