Luigi Sturzo

Tra le personalità che hanno “fatto l’Italia” e che hanno avuto un ruolo determinante nell’evoluzione politica del secolo scorso un posto di primo piano lo merita senza dubbio Luigi Sturzo.

Per quello che ha fatto, in particolar modo la fondazione nel 1919 del Partito popolare, e per quello che non è riuscito a fare, evitare che lo statalismo, il partitismo e la burocrazia prendessero piede nell’Italia della ricostruzione.

Siciliano di Caltagirone, nato nel 1871, sacerdote a ventitre anni, scelse tra i primi impegni una strada apparentemente poco pastorale, quella di fondare una banca: la cassa rurale di San Giacomo.

Un anello di quella catena di banche nate con spirito cooperativo e solidale che stavano nascendo, non solo per iniziativa dei cattolici, in tutto il Paese.

Impegnato nella realtà locale così come nell’azione cattolica nazionale Sturzo fu tra i pochi a capire i pericoli del nascente fascismo nel clima disfattista del dopoguerra e nel 1919 e fondò il Partito popolare con il famoso appello: “A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà” .

L’anno successivo Sturzo propose invano un piano che possiamo dire rivoluzionario di capitalismo popolare con la partecipazione dei lavoratori al capitale e agli utili delle imprese.

E quindi una logica non conflittuale nella gestione delle aziende.

Lo scontro con il fascismo fu poi inevitabile, così come quello con le gerarchie ecclesiastiche che, soprattutto nei primi anni, non vedevano male un fascismo che mostrava aperture verso le istanze della Chiesa.

Nel 1924 Sturzo lasciò l’Italia prima per Londra e Parigi, poi per New York mantenendo per quanto possibile con i numerosi esuli italiani sia in America, sia in Europa.

Il suo ritorno in Italia avvenne nel 1946, ma il suo ritorno alla politica non ebbe fortuna.

Si scontrò infatti prima con Alcide De Gasperi nel 1952 in occasione delle elezioni amministrative di Roma.

Per evitare che la capitale, sede anche del Vaticano, potesse venire governata dal Partito comunista, Sturzo si impegnò per un’alleanza tra la Dc e i partiti di centro allargata al Movimento sociale e all’ancora relativamente forte Partito monarchico.

De Gasperi si oppose e i fatti gli diedero ragione: il Pci non vinse le elezioni.

Il secondo scontro fu sulla politica economica con Fanfani e con Dossetti fautori di una forte presenza dello Stato nell’economia non solo come regolatore, ma come diretto e attivo protagonista nella gestione delle imprese.

Anche in questo caso la battaglia di Sturzo, tesa a proporre un liberalesimo sociale, non ebbe successo.

Ma in questo caso l’Italia paga ancora oggi una presenza dello Stato che rapidamente si è trasformata in occupazione da parte dei partiti dei posti di potere economico.

Sturzo sosteneva la forte necessità di combattere le “tre male bestie” che ostacolavano la democrazia: lo statalismo, la partitocrazia, l’abuso di denaro pubblico.

“La prima – secondo Sturzo – va contro la libertà.

La seconda contro l’uguaglianza, la terza contro la giustizia.

Ebbene senza libertà, uguaglianza e giustizia non vi è democrazia: la lotta principale è quindi da incentrarsi contro le tre bestie per impedirne il malfare ai seguaci e sostenitori”.

Sturzo, nominato senatore a vita da Luigi Einaudi, si ritirò in pratica dalla politica attiva negli anni Cinquanta pur proseguendo un’intensa attività per incontri, articoli e libri fino alla sua morte avvenuta nel 1959 all’età di ottantasette anni.

Ci sarebbe ancora molto da imparare dalla testimonianza di Luigi Sturzo, dal suo cattolicesimo tutt’altro che integralista, un cattolicesimo chiamato ad esprimere i valori dell’impegno politico nella libertà.

E quindi grande attenzione alle realtà locali con un visione costruita sul federalismo municipale.

Così come un continuo richiamo allo “Stato minimo” attento a non limitare la libertà e la responsabilità delle persone.

Il ruolo dei cattolici deve essere quello di grandi ispiratori, ma nella libertà di ciascuno.

Per questo scrisse: “Se manca il senso del divino tutto si deturpa: la politica diviene mezzo di arricchimento, l’economia arriva al furto e alla truffa, la scienza si applica ai forni di Dachau, la filosofia al materialismo e al marxismo, l’arte decade nel meretricio.”

Non si troverebbe bene Luigi Sturzo nell’Italia di oggi.

Uno Stato che ha aggiunto burocrazia a burocrazia, moltiplicando con le Regioni i centri di controllo economico, schiacciando con il peso del fisco le potenzialità imprenditoriali.

E’ anche per questo che le opere di Sturzo, in gran parte ancora molto attuali, sono in gran parte dimenticate: restano un richiamo profetico di un sacerdote che non ha esitato a sporcarsi le mani nella politica.

Mantenendo pulito il cuore verso la libertà, la giustizia e soprattutto la fede.

Gianfranco Fabi