Jesse Owens, Joe Louis

I neri USA si affermano in campo sportivo negli anni Trenta del Novecento

Certo, già (anche se scrivere ‘già’ parlando dell’inizio inoltrato del Novecento e quindi di anni lontani quattro decenni dalla fine della Guerra di Secessione e dalla approvazione dell’emendamento costituzionale che aboliva la schiavitù è in qualche modo strano) nel 1908 un nero americano – combattendo peraltro in Australia contro il detentore canadese, Tommy Burns – era arrivato alla ribalta internazionale in campo sportivo.

Si trattava del pugile peso massimo Jack Johnson, mitica e leggendaria figura le cui vicende sportive e, in specie, non sportive avevano appassionato tutti e suscitato le ire dei razzisti che da allora erano andati alla ricerca della ‘speranza bianca’, cioè di un boxeur appunto bianco in grado di detronizzarlo.

L’operazione fu portata a termine nel 1915 in quel de L’Avana in un match da molti ritenuto una combine.

Da allora, pochissimi i neri americani capaci di segnalarsi tra gli sportsmen visto che, imperando in larga parte del Paese il segregazionismo, era loro reso estremamente difficile entrare a far parte delle strutture scolastiche che consentivano l’accesso agli e la pratica degli sport.

Ma eccoci al 1935.

Esattamente il 25 maggio di quell’anno, un giovane di colore di Oakville che gareggiava per l’università dell’Ohio ad Ann Arbor nei campionati del Big Ten in quarantacinque minuti stabilì la bellezza di cinque record mondiali eguagliandone un sesto.

Corse piani e ad ostacoli e salto in lungo le gare disputate dominando.

Si chiamava Jesse Owens e l’anno dopo, alle Olimpiadi di Berlino, sarà in grado di vincere quattro medaglie d’oro alla faccia delle pretese naziste di una sbandierata superiorità ariana.

(Per inciso, nelle sue memorie, Owens smentì la storia da tutti narrata secondo la quale Adolf Hitler non avesse voluto congratularsi con lui addirittura lasciando la tribuna indispettito dai suoi trionfi: raccontò invece di un saluto cordiale del Fuhrer da lui ricambiato).

Joe Louis e Jesse Owens
Joe Louis e Jesse Owens

Ebbene, per quanto immenso sia stato Jesse Owens, nel 1935 e nel 1936, i ‘suoi’ ‘35 e ‘36, il Sullivan Award, prestigioso premio assegnato annualmente dalla Amateur Athletic Union, fu dato nell’ordine a un golfista bianco (W. Lawson Little jr) e al vincitore del decathlon a Berlino (Glenn Morris), anch’esso ovviamente bianco!

(Non va qui dimenticato che nei Giochi della capitale tedesca, alle spalle di Owens e quindi medaglia d’argento, nei duecento metri, finì il georgiano di origine e californiano di adozione ‘Mack’ Robinson, fratello maggiore del primo giocatore nero – Jackie Robinson – di baseball mai ufficialmente approdato alle leghe maggiori di quel seguitissimo sport).

Praticamente un anno dopo i fatti di Ann Arbor, esattamente il 29 maggio 1936, un altro atleta nero che pareva destinato a raggiungere i massimi livelli nello sport praticato, la boxe, subiva una imprevista, cocente sconfitta.

Joe Louis, questo il suo nome, incrociava quel giorno a New York i guantoni con il tedesco Max Schmeling, ex campione mondiale di tutte le categorie, ritenuto peraltro in declino.

Imbrigliato tecnicamente dal rivale, il giovane Louis non riuscì allora ad esprimere la sua potenza e, logorato alla distanza, finì ko al dodicesimo round.

La vittoria di Schmeling fu oltremodo osannata sia dai predetti sostenitori della superiorità ariana che dai razzisti USA.

Superato felicemente e in volata il momento, Joe Louis conquistò il titolo mondiale ma, soprattutto, si rifece alla grande su Schmeling che, nel confronto di rivincita disputato il 22 giugno 1938 ancora nella Grande Mela, fu spazzato via al primo round!

(Qualcuno, anni dopo, scrisse che il ‘Bombardiere Nero’ – questo il suo soprannome – era stato il primo americano a mettere ko un nazista).

Mauro della Porta Raffo