Il film della mia vita

”La vita è uno stato mentale”.

Non fosse che per questa frase, il film della mia vita è ‘Oltre il giardino’, regia di Hal Ashby, interpretato magistralmente da Peter Sellers e Shirley Maclaine.

Uscì nel 1979, io lo vidi nel 1980.

Avevo 17 anni e sebbene fossi già un liberale, ero piuttosto radicale nella mia visione dell’esistenza.

Giudicavo tutto in bianco e nero usando solo la razionalità, anche se la mia altra dimensione – quella sensitiva, intuitiva, come la definisce Jung – già mi parlava.

Ma io non l’ascoltavo.

Quel film è stata una rivelazione. Lo guardai di notte e cominciai a riflettere.

E’ la storia di Chance, un uomo di mezza età e analfabeta, che vive sin da bambino in una villa dalle mura altissime e dalla quale non è mai uscito. Fa il giardiniere alle dipendenze di un anziano signore.

Quando costui muore, Chance è costretto ad uscire dal giardino, scoprendo la strada. Nel giro di pochi giorni diventa, casualmente, amico dell’uomo più potente d’America, conosce il presidente degli Stati Uniti, va in tv e ottiene un’immediata popolarità, diventa il beniamino dell’alta società di Washington, mentre si profila per lui una candidatura alla Casa Bianca.

E’ un po’ ritardato mentalmente e di un’ingenuità disarmante. Parla dell’unico universo che conosce, quello dei cicli della natura e della cura di fiori e piante, ma lo scambiano per un uomo profondo che si esprime attraverso metafore sagge e illuminanti.

Il film esalta il potere degli equivoci, dimostrando come la realtà non sia mai oggettiva e come non basti dire la verità per essere compreso correttamente; perché la nostra mente filtra tutto, non sempre a proposito.

‘Oltre il giardino’ continua a piacermi (lo rivedo di tanto in tanto) per la sua preveggenza: dimostra lo straordinario potere di condizionamento della televisione. Chance, quando non lavora in giardino, la guarda in continuazione fino a non distinguere più tra realtà e finzione.

Il vero mondo è quello che viviamo ogni giorno o quello che assorbiamo ipnoticamente la sera davanti al piccolo schermo?

Nel 1979 Peter Sellers, che volle fortissimamente questo film, aveva capito tutto, ispirato dal romanzo dal romanzo ‘Presenze’, pubblicato otto anni prima dallo scrittore polacco Jerzy Kosinski.

La pellicola illustra ironicamente la dabbenaggine dei giornalisti e dei politici e, con il giusto tatto, accenna a un problema cruciale ovvero al ruolo opaco delle élites nella gestione del potere anche in sistemi, come quello democratico, che dovrebbero premiare la volontà del popolo.

Ma soprattutto mi ha colpito per la sua forza subliminale: è una pellicola, che pur divertendo, pone questioni filosofiche.

Intuisci la forza del Destino, scopri che il successo non si raggiunge solo con la volontà e la ragione, ma innanzitutto assecondando la tua natura, il tuo sé più autentico, che è ben diverso dall’ego.

Quando lo capisci puoi persino, simbolicamente, camminare sull’acqua, come fa Sellers nella scena finale.

Sì, la vita è uno stato mentale.

Marcello Foa