La memoria del tempo

Piernando Binaghi, meteorologo, responsabile delle previsioni del tempo della Televisione della Svizzera Italiana, già vincitore dell’Oscar mondiale in materia. MdPR

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Che l’amico Mauro della Porta Raffo mi chieda di scrivere qualcosa sulla memoria, è una cosa che certamente ricorderò.

Lui, campione di memoria come pochi ne ho conosciuti in vita mia, sa bene quale sia l’importanza della memoria.

E del resto, anch’io, che a memoria penso di difendermi, almeno per le cose che mi interessano, faccio spesso appello ai ricordi sul tempo che ha fatto o che si prevede farà quando, a causa del lavoro che faccio, vengo interpellato per strada come al supermercato.

Presentare il meteo in Tv espone a dover sapere esattamente la previsione dei prossimi giorni, meglio ancora della stagione e degli anni a venire, se mai sarà possibile.

Sono cose da conoscere e da ricordare, facendo questo mestiere.

Ma se fosse solo questo, non sarebbe poi così difficile.

In realtà, a volte, mi capita di essere interrogato su eventi meteorologici che risalgono a molti anni prima e che, al volo, mi riesce abbastanza difficile ricollegare con l’esattezza che esige il mio interlocutore.

Mentre a lui, o a lei, appaiono chiari, vivaci, certi.

Se mi si parla della famosa nevicata dell’85, ad esempio, quando arrivai con un colossale ritardo a dare l’esame di chimica al Politecnico, certo potrei anche dire di quante ore fu in ritardo il treno e quanto ci mise ad arrivare a Milano.

Ma se mi si parla di eventi che non mi hanno coinvolto emotivamente, la ricerca del dettaglio diventa affannosa.

Piernando Binaghi
Piernando Binaghi

Morale: le emozioni sono uno dei prodigiosi collanti della memoria. E’ anche con le emozioni, vissute o semplicemente appositamente immaginate e associate all’evento, che possiamo ricordare praticamente tutto.

Anni fa, ad esempio, mi trovavo a passeggiare per le vie di una città di mare in Liguria e, davanti a me, sentivo parlottare due signore sul meteo presentato dall’amico Giuliacci la sera prima.

Il dialogo andò più o meno così: “Hai sentito ieri sera? Hanno detto che avrebbe piovuto e invece, guarda che sole!”.

La cosa strana era che anch’io, per puro caso, avevo visto lo stesso programma la sera prima, e ne avevo un ricordo diametralmente opposto.

Potremmo lungamente discutere sull’efficacia della comunicazione, come pure sul tempo cronologico, assai poco, che i meteorologi italiani hanno a disposizione per fare la previsione di un intero Paese in Tv.

Ma il punto secondo me non è tanto quello.

Credo invece di più all’emozione e alla volontà che, in qualche modo, positiva o negativa che sia, siamo in grado di associare all’evento in virtù di come lo percepiamo, facendocelo vivere e conseguentemente ricordare in modo del tutto personale.

Quando poi, così come è accaduto tristemente questo mese di Novembre, gli eventi sono catastrofici e accomunano le persone al medesimo destino, ecco che la memoria trova una maggiore assonanza tra i vari punti di vista, si struttura in una forma più universale, sociale e maiuscola, quasi a dire che a fronte di una maggiore condivisione vi sia anche un maggior valore, una maggiore permanenza del ricordo e dunque un più forte insegnamento che se ne può trarre.

Mi verrebbe da immaginare che questa ipotesi potrebbe essere sufficientemente vera, ma non ne sono poi così convinto.

Per lo meno non lo sarò fino a quando non vedrò che quel che è accaduto in Liguria come a Varese e in molte altre zone alluvionate d’Italia, porterà all’azione, al mettere mano concretamente a ciò che si deve cambiare per fare in modo che quel terribile, maiuscolo, indimenticabile ricordo, resti solo e semplicemente un ricordo.

Piernando Binaghi