Il mio film della vita

“Mileeena, mi vuoi bene?”

Non c’è veneto dotato d’un pizzico di autoironia che non si sia innamorato dell’innamoramento di Gastone Moschin che, sconvolto da una passione mai provata prima, cerca di evadere dal matrimonio-penitenziario in cui è segregato dall’ossuta e acida moglie Gilda tormentando adorante la cassiera del bar della Piazza dei Signori, la stupenda Virna Lisi: “Mileeena, mi vuoi bene?”

‘Signore e signori’: ecco qual è il ‘mio’ film della vita.

Certo, restano indimenticabili ‘Bambi’ (da piccino), ‘Sull’orlo dell’abisso’ (da ragazzino), ‘Woodstock’ (da liceale capellone) o ‘Il piccolo grande uomo’ (da universitario filo-indiani).

Ma se devo scegliere un film su tutti, uno solo, non ho dubbi.

È il capolavoro di Pietro Germi su Treviso.

Perché già nel 1965 mette a fuoco, con un ventennio di anticipo, quel Veneto che, arricchito vertiginosamente dopo secoli di povertà, diventerà uno strano impasto di devozione mariana e voglia di peccato, di preti e mariti traditi, di industriali pieni di ‘schei’ decisi a farsi il macchinone e di contadini furbi legati al fiasco de vin come Bepi Cristofoletto, interpretato da un fantastico Carlo Bagno, di ragazzine amorali e biglietti anonimi che avvertono le mogli:

“Tuo marito fa l’amore con Milena, del bar cassiera / sei cornuta a tutte le ore. Sei cornuta mattina e sera”.

Virna Lisi e Gastone Moschin in Signore e signori
Virna Lisi e Gastone Moschin in Signore e signori

Perché è strepitoso il modo in cui il grande regista realizza l’idea di Ennio Flaiano di fare un film a episodi ma incastonati uno nell’altro, così che i protagonisti di questa o quella storia emergono o tornano in secondo piano.

Perché è profondamente laico in tempi di beghine e fa a pezzi (evviva!) l’insopportabile ipocrisia di certi atei devoti spalmati di perbenismo.

Perché la sceneggiatura di Age, Scarpelli, Vincenzoni e dello stesso Germi ha un ritmo inarrivabile e regala insieme raffiche di battute e spunti di riflessione.

Perché mai la scelta degli attori è stata più felice, da Nora Ricci a Olga Villi, da Alberto Lionello ad Alberto Rabagliati, dal petulante Gustavo D’Arpe (“oh Dio, ghe xe Scarabeo!”) fino a Gigi Ballista, che nella parte del medico Giacinto Castellan è immenso.

Almeno quanto la sua battuta (privata) più famosa.

Gli venne così, di getto, alla notizia del matrimonio di un amico che passava per omosessuale.

“Va ben sposarse: ma co’ ‘na dona?!?”

Gian Antonio Stella