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Imerio e Gastone

Il mio amico Renzino aveva trentasei biglie di plastica tutte in ottimo stato, tirate a lucido, pianeti della galassia del pedale.Formavano l’arcobaleno dei ciclisti, con la mezza calotta gialla, verde o arancione, qualche volta rossa, viola per Ercole Baldini, perché le fatiche d’Ercole uno se le poteva immaginare giusto viola e non color formaggino.L’altra mezza calotta era trasparente ed esaltava il tondino del capitano o del gregario, quasi sempre sotto sforzo, per evidenziarne la sofferenza, e qualche volta la diffidenza per essere stati imprigionati in una sfera.Non potrò mai perdonare al Renzino di avermi battuto con Gastone Nencini, discesista puro, soprannominato il ‘leone del Mugello’, in un arrivo serrato posto in superpendenza, modellato pescando terra umida da un grosso secchio rubato, quasi un secchio rapito. La pista era un capolavoro di curve e controcurve con il traguardo plasmato in verticale, a sfiorare le nuvole e il cielo del nostro Pordoi privato.Nencini, spinto da un colpo magistrale del Renzino, aveva superato il mio Imerio Massignan, scalatore puro, conosciuto come ‘gamba secca’ per la sua caratteristica pedalata non propriamente simmetrica, dovuta ad una gamba più corta dell’altra, oppure, come mi piaceva pensare, ad una gamba più lunga dell’altra.Imerio lo sogno tuttora, airone fradicio di scura fatica, in un arrivo in salita nel Tour de France del 1964, alla fine di una tappa ingoiata da una bufera di neve.E mi sovviene, quando torno a cercare le mie biglie nel disordine della cantina, la sua sagoma sul passo Gavia, in una luce di eroica ascensione .Dal passo Gavia al sorpasso da cavia di quel giorno scellerato, breve è il passo nella memoria.Il Renzino disponeva di un parco biglie di tutto riguardo, e ne andava fiero: il suo Anquetil spopolava nelle cronometro, una specialità che ho sempre odiato .Le corse contro il tempo esigevano una gestione diversa delle traiettorie, perché il dito medio o l’indice o il pollice dovevano colpire la biglia in modo secco e deciso mentre io ero l’artista degli effetti, delle parabole impossibili.Spesso mi bevevo il gruppo con certi tiretti a rientrare, ad ansa sbilenca, a trottola biglierina o a derapata sferica e il Renzino diventava il Ronzino, e non più il bel Gastone.Gastone Nencini, ragazzi , corre ancora nel mio cuore lungo la discesa del Sempione: io avevo sei anni e lui sette vite, e lo sapeva , perché non scendeva lungo la discesa, ma precipitava, come un angelo cecchino, e le ruote della sua bici sembravano bisturi precisi nei brandelli dell’asfalto irregolare.Bei tempi, con Miguel Poblet che mi guardava dal tondino nella immensità della sua pelata.Poi, un giorno, mi capitò la disgrazia di sedermi sopra quella biglia da velocista puro che divenne la Miguelrotta, biglia mezza stuprata, conservata come una reliquia sul comprino, vicina a Capitan Miki e Salasso.Erano i tempi in cui Giuseppe Fezzardi da Besano, il Pepp volante, faceva rosolare i nostri slanci di tifosi in erba sulla sua maglia oro, quella del Giro della Svizzera.Al mare, sulla larghissima spiaggia di Pesaro, le piste per le biglie arrivavano a misurare fino a cento metri ed in genere finivano perché il corpaccione di qualche turista tedesca faceva da tampone.La tracciatura del percorso era un rito divertente ed avveniva trascinando il più piccolo della compagnia per i piedi con il suo sedere spartisabbia a disegnare circuiti da favola.C’era un bambino tedesco antipatico quanto basta per ricordarlo antipaticissimo, con il suo Rudi Altig altezzoso, biglia verde imbattibile.Se la superavi, alla moda delle ritorsioni germaniche , quella biglia superava dieci biglie italiane.Lo avevamo ribattezzato October Fest, perché ci dava regolarmente la birra.Un giorno di mare mosso, Altig riuscì ad umiliare il mio amatissimo Gianni Motta in prossimità del primo traguardo volante ed alla sera, nella grande gelateria , il mio gelato al pistacchio sapeva di un cacchio.Un’ultima cosa, sganciandomi dai pedali.Gastone Nencini vinse il Giro d’Italia nel 57 grazie ad un attacco organizzato con Bobet, Geminiani e Baldini ai danni della maglia rosa Gaul, fermatosi a fare pipì ad Ospitaletto Bresciano.Da quel giorno, quando mi fermo a fare pipì, ho sempre il timore che qualcuno mi freghi .Forse è per quello che tendo a farla molto in fretta, una pipì così così.

Carlo Cavalli