Champagne finto e champagne vero all’ombra della falce e martello

Il miglior champagne della mia vita non era veramente champagne e non lo bevvi mai.

In Germania l’equivalente (per modo di dire) dello champagne si chiama sekt e si beve come quello autentico in appositi calici. Uno di questi calici faceva bella mostra di se sul tavolino della cena d’onore a cui gli ambasciatori con altri personaggi di qualità eravamo stati invitati per la festa del quarantesimo anniversario della creazione della Repubblica Democratica Tedesca. Quei calici ci stavano davanti, accanto al piattino contenente una fetta di torta che poté essere affrontata subito non appena il tavolo d’onore accolse tutti i pezzi grossissimi che con la loro presenza (la nostra era di contorno) dovevano dar lustro alla cerimonia; stavano lì impalati – i calici, dico, non i pezzi grossi – on attesa che fosse mantenuta la promessa di un brindisi collettivo che non fu mai fatto.
Chi erano quei V.V.V.I.P, o importantissimi personaggi con cui avremmo dovuto condividere celebrazione e champagne, o meglio sekt? Il fior fiore della dirigenza comunista mondiale: lo jugoslavo Bukatović, il cubano Almeida in rappresentanza di Fidel Castro, il ceco Jakeš, il romeno Ceausescu, il polacco Jaruzelski e naturalmente il padrone di casa Honecker e il più VVVVIP di tutti, Gorbaciòv. Honecker per la verità era un po’ imbronciato perché aveva appreso che il giorno prima per le strade di Berlino Gorbaciòv aveva pronunciato parole ambigue, che gli studenti avevano giocosamente interpretato come una critica ai loro dirigenti. Ma suvvia, bando alla tristezza, e come si dice dalle mie parti, ”quando santo viene festa fare”. Ed anche noi, innocenti diplomatici avremmo dovuto alzare il calice in onore di un stato che di onore ne aveva ben poco e celebrare dei personaggi che si incontravano e che incontravamo per l’ultima volta…
Mangiammo la torta ed aspettammo che ci fosse servito il famoso sekt. Ma dov’era Gorbaciòv che per primo avrebbe dovuto alzare il calice? Guardando il tavolo d’onore ci accorgemmo che il suo posto era vacante. Forse, pensammo, si era assentato un momento perché era andato a fare pipì. Anche i personaggi storici la fanno: la facevano Alessandro Magno, Cesare, Pompeo e Bruto, due Federichi Grandi (Hohenstaufen ed Hohenzollern), due Napoleoni… perché non avrebbe dovuto anche Gorbaciòv? Già, ma anche Ceausescu era sparito, e poi Jakeš e quindi anche Jaruzelski e gli altri, compreso Honecker, il padrone di casa. Non restava nessuno dietro il tavolo d’onore. Si trattava di una epidemia? No, molto più semplicemente si stava svolgendo una rivolta del popolo, che aveva assediato il palazzo della Repubblica dove si svolgeva la festa, per cui quei capi erano stati fatti sparire al più presto – come i conigli nel cappello di un prestigiatore – per evitare loro il pericoloso abbraccio della folla. Ma senza di loro, che stavamo a fare noi? Fummo perciò invitati noi pure a uscire per camminamenti segreti , che ci portarono a distanza di sicurezza dall’evento storico che si recitava nella piazza antistante. Neanche noi avremmo più visto quei signori, che nel giro di qualche giorno non sarebbero stati VVVIP e nemmeno semplici vip. E del sekt neanche a parlarne.

Chi l’avrà bevuto, si spera alla nostra salute? Forse gli inservienti che avrebbero dovuto servirlo.

Non lo seppimo né sapremo mai. Ma di uno di quegli invitati eccelsi e desaparecidos ero stato ospite tre o quattro anni prima a Sofia, per un altro avvenimento festivo in onore dell’Unesco, presso cui ero allora accreditato. Jakeš aveva fatto un bellissimo figurone nel palazzo speciale, lontano dalla folla, quasi in piena campagna. Ai lati della grande scalinata di ingresso montavano la guardia dei soldati in rutilanti uniformi sette-ottocentesche, adorni di alamari e con alti cappelli dai fregi dorati e in mano fucili d’epoca. Il ricevimento era allietato da tre orchestrine che ci intrattennero sin quasi all’alba. I piatti, tutti della cucina locale, erano innaffiati da vini anch’essi bulgari. Ma lo champagne che correva a fiotti, era autentico, francese. Quando volevano i dittatori comunisti non badavano a spese, tanto più che a pagare era il sano popolo lavoratore, che non lo sapeva, ma forse lo immaginava.

Come non nutrire una certa nostalgia per quei tempi e quei regimi?

Alberto Indelicato