Leggo da settant’anni, quasi.
Romanzi, racconti, niente poesia, salvo l’immenso Eugenio Montale.
Ho le mie preferenze, ovviamente.
Guardo al Novecento e mi vengono alla mente gli americani.
La ‘hard boiled school’ di Dashiell Hammett e Raymond Chandler, prima di tutto.
Poi, John Steinbeck, Erskine Caldwell, Ernest Hemingway…
Qualche francese misconosciuto ma grande come Jean Giono, Marcel Aymeè, Georges Perec.
Magari, Raymond Queneau, per i suoi divertissement.
I russi?
Non pervenuti: il raffronto con i colossi dell’Ottocento li schiaccia.
Gli inglesi?
George Orwell, ma non ne sono convinto.
Somerset Maugham, alla fine per dirne uno.
I latino americani?
Uslar Pietri, Gabriel Garcia Marquez per un solo libro.
E come dimenticare la terribile condanna loro comminata dal ‘Che’ Guevara quando disse “non ci fosse stata la nostra rivoluzione sarebbero dei perdigiorno sfaccendati a Parigi senza un quattrino in tasca”?
Poi, in giro, qualcun altro, certamente: Max Frisch e Friedrich Durrenmatt, elvetici, Nikos Kazantzakis, greco…
Gli italiani?
Alberto Moravia, Elsa Morante, perfino, al di là delle capacità polemiche, Pier Paolo Pasolini…oggi illegibili.
Qualche bella pagina di Vasco Pratolini.
Il mondo creato intorno a Salvo Montalbano da Andrea Camilleri?
Perché no?
Ma alla fine, come benissimo sanno i suoi ancora mille lettori, sono i personaggi creati e raccontati da Piero Chiara – il Paronzini o l’Orimbelli per dirne due – quelli che restano.
Sono le storie da lui narrate quelle indimenticabili.
La letteratura di Piero Chiara era la vita!
Mauro della Porta Raffo