La Cina e le energie rinnovabili

Il concetto di predazione in economia, nell’accezione della cultura strategica, è strettamente legato al processo decisionale di un determinato attore politico, interessato non esclusivamente all’interesse economico, ma anche al possibile tornaconto politico. Nel caso specifico della Cina, si tratta di un’espressione che non descrive perfettamente la “crescita pacifica” in atto dal 1979, quando iniziò la modernizzazione della propria economia rinunciando a politiche coercitive e ritornando con un ruolo importante sulla scena economica mondiale. Preferendo una strategia di sviluppo fondata sul trasferimento tecnologico e sul basso costo del lavoro in luogo della predazione delle ricchezze degli Stati confinanti, la Cina è dal 2010 la seconda economia mondiale. Per comprendere meglio le strategie adottate, verrà di seguito analizzato l’esempio del settore dell’energia eolica, riflettendo in particolare sulla predazione nel mercato domestico nell’ambito del modello denominato “Consenso di Pechino”.

Prima di iniziare l’analisi, alcuni dati possono essere d’aiuto per comprendere la portata del fenomeno: a livello mondiale, nel 2011 il settore delle energie pulite ha visto un incremento del 17%, all’interno del quale i Paesi in via di sviluppo, inclusa la Cina, rappresentavano il 35%, costituito per il 20% dall’energia eolica. Quest’ultima, a sua volta, può vantare un tasso di crescita del 28% nell’ultimo decennio. La Cina, con il 26% della capacità eolica mondiale in costante aumento, è l’attore principale del settore.

L’antefatto di questa espansione va cercato nella Germania e nella Danimarca degli anni Ottanta, dove un mercato dell’energia eolica limitato ha portato i produttori a cercare altrove opportunità di sviluppo. In particolare, nel caso della Cina, questa enorme ricchezza è stata incanalata attraverso attente politiche di sviluppo, che ai fini della presente analisi possono essere suddivise in quattro fasi: una prima fase, tra il 1986 e il 2000, incentrata sull’avviamento e sulla dimostrazione; una seconda fase, tra il 2001 e il 2004, che ha lavorato sull’adeguamento del mercato domestico; una terza fase, tra il 2005 e il 2007, caratterizzata dalla crescita degli attori nazionali; infine una quarta fase, tra il 2008 e il 2011, di dominazione del mercato domestico.

Per quanto riguarda la prima fase, è opportuno notare che si tratta di un periodo piuttosto lungo, durante il quale sono state sperimentate e valutate le effettive possibilità di sviluppo grazie all’opportunità offerta dai produttori di turbine tedeschi e olandesi. Accertato il potenziale, il governo cinese ha provveduto a stabilire precisi obiettivi di sviluppo, il primo dei quali proponeva il raggiungimento della soglia di 1.000 MW entro il 2000. Completato solo per il 40%, grazie alla collaborazione con produttori stranieri, questo dato ha evidenziato che il 97% delle turbine installate in Cina era costruito con componenti importati. Per porre rimedio alla situazione, dal 1997 il governo avviò un programma di localizzazione per favorire l’utilizzo di componenti cinesi, imponendo ai produttori di impiegare almeno l’80% di componenti locali e instaurando un regime di tasse di importazione. Nello stesso periodo, le preoccupazioni ambientali dettate dal protocollo di Kyoto non influirono particolarmente sulle politiche governative, che hanno realmente considerato tali problematiche nei Piani Quinquennali solo molto più tardi.

All’inizio della seconda fase si era ormai stabilita chiaramente la volontà di sviluppare questo settore industriale. A questo scopo, il governo cinese elaborò un sistema di fondi per garantire un mercato ai produttori di turbine, promuovendo le collaborazioni con aziende straniere per trarne vantaggio in termini di capitale tecnologico. Il sistema di fondi, garantiti a condizione che fosse impiegato un limite minimo di componenti cinesi del 70%, si rivelò più efficace dell’imposizione di tasse di importazione, gettando le basi per il decollo del settore a livello mondiale.

Durante la terza fase, questa strategia di crescita è stata sostenuta da una particolare norma, chiamata Legge sulle Energie Rinnovabili, che ha imposto l’obiettivo del raggiungimento dell’1% di elettricità prodotta da fonti rinnovabili entro il 2010. Tale legge, favorendo l’incremento delle energie rinnovabili, si è rivelata una mossa strategica per un aumento della produzione totale di energia. In questa fase, per sostenere ulteriormente lo sviluppo del settore, il governo ha aggiunto il criterio della competitività economica. I risultati non hanno tardato ad arrivare, testimoniando una crescita esponenziale del settore: è sufficiente considerare che, se fino al 2007 erano i principali produttori stranieri a detenere il mercato in Cina, nel giro di un solo anno i produttori cinesi avevano già guadagnato il 50% delle quote di mercato, con una capacità cumulativa installata di 5.871 GW.

L’ultima fase, infine, ha visto l’aumento delle concessioni accordate dal governo, che hanno interessato sette regioni caratterizzate da un consumo di energia più elevato oppure da un maggiore guadagno conseguito in modo indipendente. Grazie a questo programma, nel 2010 la capacità installata ha raggiunto i 22 GW, su un totale di 44,8 GW che potrebbero ben presto diventare 69 GW. Questo programma ha inoltre permesso la concentrazione del settore eolico, tanto che oggi i primi 5 produttori detengono ben l’80% del mercato. Nel 2008, nella top ten mondiale rientravano due di questi produttori, Goldwind e Sinovel, mentre nel 2011 erano addirittura quattro.

Nel 2010 per la Cina è stato dunque naturale sospendere la politica del 70% di componenti cinesi, anche se comunque dal 2008 si era provveduto ad applicare di nuovo il regime di tasse d’importazione per le turbine di minore potenza per orientare il settore verso un livello di capacità superiore. La quarta fase ha pertanto il merito di aver portato le aziende cinesi sulla scena mondiale.

Un primo risultato della presenza cinese nel mercato globale dell’energia eolica può essere individuato nella velocità di diffusione, aumentata a livello esponenziale proprio grazie al contributo della Cina. Se nel 2005 la capacità cinese era dell’1,7%, nel 2010 era già aumentata fino al 22,6%. Questo incremento, dovuto anche alle grandi dimensioni del Paese, porta la Cina ad assumere un ruolo decisivo nel mercato mondiale.

La portata del fenomeno può essere meglio compresa se si considera che, rappresentando in forma grafica la capacità eolica cumulativa nelle quattro fasi descritte in precedenza, si ottiene la tipica curva a esse, emblematica del successo tecnologico in quanto presenta una fase centrale di rapidissimo sviluppo, a sua volta ricollegabile all’insostituibile centralità del ruolo decisionale del governo.

La pietra miliare della strategia governativa può essere individuata nella Legge sulle Energie Rinnovabili del 2005, accompagnata dalla politica sui fondi del 2008. Questa combinazione di tornaconto economico e controllo del territorio ha consentito un rapidissimo sviluppo, testimoniando l’abilità del governo nell’ottenere vantaggi strategici tramite il dominio di un intero settore industriale.

La combinazione dei numerosi fattori esposti fino a questo punto ha portato alla predazione del mercato interno cinese da parte delle aziende connazionali. Un effetto visibile di tale processo è la quantità di energia prodotta da fonti eoliche. L’obiettivo principale, ossia il controllo delle fonti eoliche tramite il predominio tecnologico, rivela una strategia fondata sulla certezza del risultato. Nell’ambito di questo fenomeno, due variabili fondamentali e indipendenti vanno però tenute in considerazione: la dimensione del mercato cinese e le decisioni non completamente consapevoli della curva a esse.

Per capire questo concetto è opportuno sottolineare la coerenza del processo decisionale con le dinamiche delle scoperte tecnologiche. Il governo cinese, costantemente teso all’innovazione, fornisce alle aziende segnali per favorire il miglioramento della tecnologia, indicando il limite da osservare qualora percepisca una minaccia alla propria autorità. Questa necessità nasce dalla non completa consapevolezza della situazione decisionale, unita all’imprevedibilità degli effetti sociali correlati. L’ossessione per la tecnologia è dunque il risultato della costante ricerca del governo di strumenti di pressione politica.

In realtà, lo sviluppo della Cina ha implicato un numero elevato di considerazioni demografiche e geografiche, che si sono poi rivelate fondamentali per la legittimazione dell’ordine politico. Il primo effetto sociale dello sviluppo di questo settore è stato proprio il rafforzamento della legittimità del governo nelle grandi città inquinate dalle centrali a carbone: considerando il primato della Cina nelle emissioni di gas serra, si tratta di uno strumento politico prezioso. Il secondo effetto, ancora più significativo, riguarda la creazione di posti di lavoro qualificati.

Ne risulta una predazione del mercato cinese tanto importante da impedire a qualsiasi azienda straniera di imporsi; considerando la dimensione del mercato del colosso asiatico, si può affermare che tale predazione è strutturale, ponendo le aziende cinesi in una posizione favorevole per entrare nel mercato globale.

Bisogna però considerare che l’aumento della capacità eolica mondiale continuerà, mentre la capacità annuale cumulativa inizierà a diminuire in modo regolare, passando dal 20% al 14% in 5 anni. Questo dato sposterà il mercato verso il mantenimento delle turbine e il miglioramento delle prestazioni. I produttori principali a livello mondiale si trovano già in una posizione ottimale per seguire questa tendenza.

Per poter portare la predazione a livello del mercato globale, le aziende cinesi dovranno pertanto individuare i prossimi passi strategici, arrivando a coprire tutta la gamma di potenza delle turbine. Ad oggi, i progetti sono orientati almeno verso capacità di 1.000 MW, con particolare attenzione ai progetti off shore, che la Cina è già riuscita a realizzare negli ultimi anni grazie ai notevoli e rapidi progressi fatti nella capacità delle turbine.

I progetti off shore rappresentano senza dubbio un campo promettente grazie ai vantaggi nell’ambito della sicurezza energetica e della pressione sulla terraferma, controbilanciati però da elevati costi di manutenzione. Tra gli obiettivi della Cina si trova il potenziamento della capacità cumulativa di questi impianti, con un obiettivo di 30 GW nel 2020.

Considerando anche la forte competizione nell’ambito delle prestazioni energetiche e dell’affidabilità delle turbine, è facile supporre che il mercato tenderà sempre più a concentrarsi in un numero limitato di grandi produttori che conquisteranno il mercato internazionale.

Dunque, in Cina, la rapida crescita del settore ha portato alla predazione del mercato interno. Si tratta di un fenomeno naturale, favorito dal ruolo centrale del governo, costantemente impegnato nel miglioramento tecnologico. I possibili limiti a tale predazione si nascondono pertanto nella catena di conversione dell’energia, in particolare nel sistema di smart grid, vulnerabile ai cyber-attacchi.

Giuseppe Gagliano