Pearl Harbor

La Provvidenza divina (il riferimento è al mio saggio ‘La Provvidenza divina e gli Stati Uniti d’America’ – MdPR) ha aiutato gli USA, in modo a volte contorto ed inspiegabile anche in guerra.

Non so se sia stato per l’intercessione della ‘Madonna del Buon Soccorso’ di New Orleans che Andrew Jackson riuscì a sconfiggere la forza di invasione britannica formata da veterani della Guerra Peninsulare e guidata dal cognato di Wellington,  ma certamente l’incredibile vicenda dell’attacco giapponese a Pearl Harbor, sul quale sono stati versati fiumi di inchiostro, lascia  a tutt’oggi, come minimo, perplessi sui tortuosi percorsi della Provvidenza ovvero sulle beffe della dea Fortuna.

Si è parlato a lungo dei segnali premonitori e si sono costruite teorie della cospirazione attorno a Franklin Delano Roosevelt.

Quello che è certo è che quasi dieci anni prima, il 7 febbraio 1932 (una domenica) la base venne attaccata proprio da portaerei che incrociavano a nord dell’arcipelago.

Si  trattava del ‘Problema n.13’, ovvero della dimostrazione, da parte del comandante dell’Asiatic Fleet, Harry Yarnell, della concreta possibilità di affondare la flotta americana ormeggiata ad Oahu mediante un attacco lanciato da due portaerei (la Saratoga e la Lexington).

Il tutto nel quadro della tradizionale esercitazione tenuta ogni anno nel Pacifico.

Nonostante gli aerei decollati dalle portaerei USA avessero sganciato sacchi di farina al posto delle bombe, gli arbitri decretarono che essi erano riusciti ad affondare le unità ormeggiate e a debellare i caccia della difesa aerea, esattamente come avvenne nel 1941.

Il ‘partito delle corazzate’, che anche nella US Navy contava numerosi seguaci, riuscì, tuttavia, a far modificare le conclusioni dell’esercitazione, sottolineando come, in un caso reale, le portaerei sarebbero state scoperte ed annientate dalle unità di superficie.

Ciò comportò, negli anni successivi, la costruzione di un numero di navi da battaglia, che si rivelarono del tutto inutili, a scapito delle portaerei.

Il bello é che il ‘Problema n.13’ venne riproposto, negli stessi termini, nel 1939 dall’Ammiraglio King, successore di Yarnell, con un analogo risultato, nel corso della solita esercitazione.

La sorte delle unità poste sotto il comando dell’Ammiraglio Kimmel era quindi già segnata quando l’attacco della Squadra navale di Nagumo ebbe luogo.

Naturalmente i giapponesi avevano preso buona nota dell’esercitazione del 1932 oltre che delle lezioni tratte dalla ‘notte di Taranto’ *.

La Provvidenza, o il destino, tuttavia, volle che le tre portaerei della flotta, la Saratoga, la Lexington e la Enterprise, non fossero presenti nella baia di Oahu quella mattina.

Solo questo fatto, che gettò i giapponesi, consapevoli del valore di queste unità, nella costernazione, bastò  a svuotare il successo dell’operazione.

Nagumo, quindi, non se la sentì di lanciare la terza ondata di cacciabombardieri che avrebbero dovuto colpire il docks, i depositi di carburante e quelli dei siluri, come invece volevano i comandanti delle sue portaerei nonché  il giovane e capace Minoru Genda, che aveva pianificato l’operazione.

Secondo l’Ammiraglio Nimitz – il principale vincitore della guerra nel Pacifico – la distruzione dei depositi di carburante avrebbe potuto prolungare la guerra di due anni, anche in caso di una vittoria finale americana.

Secondo Nimitz, poi, si deve ringraziare la ‘God´s mercy’ se la flotta giapponese non è stata avvistata prima.

Conoscendo Kimmel, egli sarebbe uscito dalla base con le sue unità di superficie che sarebbero state tutte impietosamente affondate al largo dalla squadra di Nagumo.

Ciò avrebbe impedito il loro successivo recupero.

In effetti, della ventina di unità colpite solo tre non vennero ricuperate nei successivi lavori di riparazione.

Cacciatorpediniere ed  incrociatori, data la priorità accordata dai giapponesi alle navi da battaglia, non ebbero grandi perdite.

La marina americana, quindi,  paradossalmente, riuscì a liberarsi delle unità più antiquate ed a ricostruire le proprie task forces attorno alle nuove ‘regine dei mari’: le portaerei.

Infine, i bombardieri giapponesi non riuscirono ad eliminare il team di decrittatori di Joseph Rochefort della stazione ‘Hypo’ del Naval Intelligence, che operavano nel sotterraneo del Quartier Generale americano e che fornirono un contributo fondamentale a Nimitz nella successiva battaglia di Midway.

A presto,

Emanuele Farruggia

 

* Con ‘notte di Taranto’ ci si riferisce ad un attacco aereo della seconda guerra mondiale avvenuto nella notte tra l’11 ed il 12 novembre 1940.

In quella data la flotta navale della Regia Marina italiana, dislocata nel porto di Taranto, riportò gravi danni in seguito ad un massiccio bombardamento ad opera della flotta aerea della Royal Navy britannica.