La storia del Jazz – L’Europa

L’Europa non stava a guardare. L’interessa per il jazz era in continua ascesa e diverse Orchestre e musicisti come Louis Armstrong, Sidney Bechet e Coleman Hawkins fecero diverse tournée in Europa. La battuta d’arresto ci fu soltanto  durante la seconda Guerra Mondiale  con una forte ripresa negli anni del dopo guerra. Tra i musicisti europei che destarono sensazione anche tra i musicisti e jazzisti americani ci fu Django Reinhardt, un chitarrista belga di origini zingare che plasmò un improbabile swing con la musica tsigana e passò alla storia soprattutto per le registrazioni  con un proprio gruppo in cui militava il violinista francese Stéphane Grappelli. Django Reinhardt, al secolo Jean Baptiste Reinhardt era nato il 23 Gennaio 1910 nei pressi di Liverchies in Belgio e muore  d’infarto trasportato all’ospedale di Fountainbleu il 16 Maggio 1953, dopo una bella giornata passata a pescare sulla Senna e una bevuta al Café con i soliti amici e habitué. Nel 1934  fonda insieme al violinista e pianista Stéphane Grappelli il leggendario Quintette du Hot Club de France. Nel 1937 il Quintette registra con degli americani: Coleman Hawkins, Dicky Wells e Eddie South. Nel 1939 lo swing alla francese vede il quintetto degli Hot Club de France costituito da Stéphane Grappelli, Eugene Vees, Roger Grasset, Django Reinhardt e suo fratello Joseph Reinhardt. Django, il gitano, il chitarrista manouche, registra centinaia di brani, suona in Gran Bretagna ed in mezza Europa diventando uno dei jazzisti più famosi al mondo. Un tipo dalla doppia personalità, dalle movenze rozze, a suo agio nel vivere e dormire nei carrozzoni degli zingari, vicino ai fiumi dove poteva catturare le trote con le proprie mani o piazzare tra gli alberi trappole per i conigli. Il Django musicista è imprevedibile. Nel 1946  va negli Stati Uniti per una tournée di tre mesi invitato da Duke Ellington, viaggia nella carrozza ferroviaria privata della Duke Ellington band e suona a Chicago, Cleveland, Detroit e Pittsburg. A New York suona al Cafè Society e alla Carnegie Hall due concerti ma la seconda serata dopo essersi perso via in un bar a bere in compagnia del pugile francese Marcel Cerdan che aveva un incontro al Madison Square Garden, Django arriva dopo aver sbagliato varie strade e penalizzato nel chiedere la retta via non parlando bene l’inglese, alla Carnegie Hall in forte ritardo alle 23 e suona gli stessi 4 pezzi suonati in precedenza a Chicago tra cui Tiger Rag e la sognante Honeysuckle Rose. Django suonava la chitarra in modo bizzarro con le sue mani enormi e nonostante avesse l’anulare e il mignolo della mano sinistra che erano deformati a causa di un incendio. Riuscì con esse a creare ugualmente uno stile efficace, immediato, ricco di immaginazione, con linee melodiche del tutto originali ed arpeggi romantici ed esotici. Stéphane Grappelli è il dandy del jazz, nato a Parigi il 26 Gennaio 1908 da madre francese e padre italiano (Ernest Grappelli, un intellettuale  che per ragioni politiche ha preferito attraversare le Alpi a inizio secolo). Violinista straordinario, ha suonato negli anni ’30 e di nuovo nel 1947 con il Quintetto di Django. Durante la seconda guerra mondiale e subito dopo suona nei club di Londra poi nel 1953 dopo la morte di Django, torna a Parigi ed inizia una seconda carriera. Nel 1969 registra con Joe Venuti, Barney Kessell, George Wein, Larry Ridfley e Don Lamond.  Stéphane è morto, sempre a Parigi il 1 Dicembre 1997 all’età di 89 anni. Ha perseguito la sua strada  musicale a metà strada tra il jazz Hot e la musica impressionista di Debussy e Ravel.

Il jazz è attivo in Europa anche negli anni ’70  e c’è una etichetta discografica che simboleggia la svolta jazzistica europea. La ECM che negli anni ’70 pubblica alcune registrazioni e pietre miliari del jazz europeo di artisti come Jan Garbarek, Bobo Stenson, Kenny Wheeler,Terje Rypdal, Arild Andersen, John Surman, Jon  Christensen, Tomasz Stanko, Edward Vesala ed altri ancora. L’ECM  Sound  crea un vero e proprio marchio di fabbrica legato soprattutto  ad un certo tipo di jazz scandinavo e tedesco. In Inghilterra Kenny Wheeler e John Surman capeggiano un movimento invece con altri protagonisti come Mike Westbrook, John Taylor, Norma Weinstone, Michael Gibbs, Keith Tippett e formazioni anomale di jazz-rock come i Soft Machine di Robert Wyatt, Elton Dean,Kevin Ayers, Daevid Allen,Hugh Hopper, Mike Ratledge, ecc,ecc.

Jan Garbarek è  un sassofonista e compositore norvegese, nato a Mysen il 4 Marzo del 1947 e suona il sassofono tenore e soprano, attivo  nel jazz e nella world music. La musica di Jan Garbarek costituisce una delle bandiere della casa discografica ECM che praticamente ha pubblicato tutti i suoi dischi.

In Germania  invece, spicca la Globe Unity Orchestra , un gruppo assai longevo durato alcuni decenni capitanato da Alexander Von Schlippenbach. Negli anni ’70  si arricchì di musicisti inglesi come il chitarrista Derek Bailey, il sassofonista Evan Parker, i trombonisti Malcolm Griffiths e Paul Rutherford, Kenny Wheeler (per la verità trombettista e compositore canadese nato a Toronto il 14 Gennaio 1930 e deceduto a Londra il 18 Settembre 2014, molto attivo in Inghilterra) e un americano come Anthony Braxton. La Globe Unity Orchestra fa capo ad un forte sperimentalismo sonoro, gioca e va a braccetto con alcune alternative della musica colta europea, vive sull’improvvisazione ed una sorta di interplay del jazz pubblicando numerosi dischi soprattutto nel periodo dal 1966 al 2002.

Ian Carr (1933-2009) invece, è stato un brillante musicista jazz scozzese, compositore, scrittore, suonava filicorno e tastiere ma soprattutto la tromba,  presente sulla scena musicale jazz per mezzo secolo. Ha inciso con il Rendell-Carr Quintet (dal 1964 al 1969) ed il gruppo di jazz-rock Nucleus (dal 1970 al 2006). Professore alla Guildhall School of Music and Drama a Londra e autore di biografie su musicisti come Keith Jarrett e Miles Davis.