Il mio incontro con Donna Rachele Mussolini

Predappio, settembre 1977

“Scusi, mi sa dire dove abita Donna Rachele?”

Appena arrivato a Predappio chiedo informazioni ad un signore e non avendo ricevuto alcuna risposta replico “Cerco Donna Rachele Mussolini”.

Fissandomi con una certa diffidenza, scrolla le spalle e tira dritto.

Ho capito: forse la donna che sto cercando qui non è molto amata.

Eppure in questa località la gente arriva da tutta Italia e anche dall’Europa.

Da questo luogo è partita la storia del ventennio fascista.

Il caldo afoso della pianura romagnola, siamo ai primi giorni di settembre del 1977, ti toglie il fiato e ti piega le ginocchia.

La persona alla quale ho chiesto dove abitasse Donna Rachele, era l’unica che ho incontrato nel mezzo della mattinata e così lasciata la macchina mi avvio a piedi al camposanto.

Sulla tomba della famiglia Mussolini ci sono dei fiori freschi, un pugno di margherite deposte sulla massiccia pietra.

E’ qui che riposano i martoriati resti del corpo del Duce, trafugato dal cimitero di Musocco, poi trasportato nel convento dei cappuccini di Cerro Maggiore prima di essere restituito alla famiglia nel 1957 e di avere riposo misericordioso in questo massiccio sarcofago nella cripta del cimitero di Predappio.

Ultimate le riprese fotografiche mi avvio in cerca di qualcuno che mi possa dare l’ubicazione o indicazioni per la casa di Donna Rachele.

Il paese sembra deserto, forse per il caldo o forse perché è sabato mattina; per puro caso mi imbatto nella casa in pietra a vista dove il 29 luglio del lontano 1883 nacque Benito Mussolini.

Mi incammino verso il centro del paese ed entro nell’unico bar aperto: dopo un caffè chiedo a bruciapelo “dove abita Donna Rachele?”

E’ come se avessi chiesto dove abitasse il demonio.

Vengo squadrato da capo a piedi senza ottenere un minimo di risposta e mi sento gli sguardi addosso anche dei quattro che stavano giocando a carte: una scena eloquente che mi suggeriva di alzare i tacchi e ritornare da dove ero arrivato.

Mentre mi avvio verso l’auto mi rincorre un giovane che si trovava all’interno del bar, aveva sentito la mia richiesta e colto il mio disagio.

“Sai, quelli più anziani hanno vissuto in prima persona quegli anni e vorrebbero torgliersi di dosso quel pezzo di storia, troppo vicina, che pesa per le sue tragiche conseguenze.

Non troverai nessuno che ti dia risposta perché, per ora, Predappio non rivendica il suo illustre cittadino e preferisce dimenticare.

Donna Rachele vive una vita molto ritirata e da molti anni non riceve più nessuno”.

Secondo le indicazioni del giovane credo di aver individuato la zona.

Villa Carpena, casa della famiglia Rachele Guidi Mussolini, è abbastanza defilata dal centro di Predappio, ubicata nel mezzo della campagna romagnola.

Dopo aver girovagato in cerca di questa casa rurale fra le tante stradine sprovviste di segnaletica, sono certo di essere arrivato.

Suono il campanello un paio di volte, intervallando il tempo.

Nessuna risposta.

Noto però che da una finestra c’è un tappeto esposto a prender aria. Decido di fermarmi ed attendere rimanendo scostato un centinaio di metri dalla casa, riparato dal sole dall’unica pianta sul ciglio della strada.

Il silenzio assoluto e il caldo mi conciliano una breve pennichella, naturalmente con l’orecchio ben teso su chi sarebbe transitato.

Nelle due ore che vi sono rimasto, sono passate un paio di biciclette ed un motorino, niente altro.

E’ proprio una strada di campagna senza traffico.

Cosa mi ha portato a Predappio sapendo che l’illustre personaggio che stavo aspettando non dava udienza più a nessuno, si era ritirato a vita privatissima evitando qualunque contatto con il mondo?

Facciamo un passo indietro nel tempo.

A Como, città dove vivevo già da alcuni anni, avevo aperto un’agenzia fotografica per quotidiani e riviste lavorando anche per privati.

Per alcuni anni ad ogni primavera ed estate venivo invitato da un industriale serico molto importante in quel mondo: dovevo fotografare fiori e piante del giardino di casa sua situato in località Olmeda, fra Como e Cantù.

Col tempo diventammo amici anche se fra noi due c’era una differenza di età di oltre mezzo secolo.

Un giorno mi disse: “Se ti capitasse di andare a Predappio vai e porta i miei saluti a Donna Rachele” e mi spiegò il perché di quella importante conoscenza storica.

“In tempo di guerra, diciamo alla fine di quel periodo, ebbi modo di conoscere ed aiutare Donna Rachele”.

Ecco il legame indissolubile di un’amicizia rimasta nel cuore di entrambi.

Il passepartout per il personaggio che speravo di poter incontrare era proprio lui “Tanino Pessina”, capitano d’industria con alcuni stabilimenti molto importanti nei primi anni del novecento, che hanno fatto la storia della seta comasca.

Un rombo di motore d’auto mi fece sobbalzare allertandomi su chi fosse la persona a fianco di chi stava guidando.

La Seicento Multipla passò riducendo l’andatura e così ebbi modo di riconoscere la figura femminile che trasportava: era lei, Donna Rachele.

Con un balzo fui subito sulla strada e rincorsi la vettura urlando a squarcia gola “Donna Rachele, Donna Rachele!”.

Notai un movimento di stizza del suo braccio ma la mia insistenza fu rapida e immediata.

Urlando più forte e con passo ancor più veloce “Donna Rachele, Donna Rachele, mi manda Tanino” ripetei con l’ultimo fiato che ormai si stava smorzando “Tanino, Tanino Pessina!”

La parola magica aveva funzionato.

La vettura, che per un attimo aveva cercato di guadagnare terreno accelerando, di colpo si arresta.

Quando vidi gli stop accesi mi resi conto che il contatto sarebbe avvenuto.

Mi accasciai un attimo per riprender fiato.

Prima ancora che il guidatore scendesse, si aprì la portiera di destra e così la vidi per la prima volta: era lei che veniva verso di me, cosa che non avrei immaginato e tantomeno voluto.

Quando fu a pochi passi le sue prime parole furono “Tanino, Tanino come sta? Come sta Tanino?”

In quel momento mi resi conto che ero l’ambasciatore di ricordi mai dissipati.

Non esitai ad abbracciarla e far con lei gli ultimi passi oltre il cancello della villa mentre il suo fedelissimo assistente con bonaria e stupita espressione ci stava osservando.

Predappio, 1977, Donna Rachele Mussolini con Enzo Pifferi
Predappio, 1977, Donna Rachele Mussolini con Enzo Pifferi

La tenevo sotto braccio mentre mi mostrava il giardino raccontandomi piccoli aneddoti di famiglia.

Nel frattempo chiesi alla sua guardia del corpo se era disponibile a farci qualche foto, naturalmente con il consenso di Donna Rachele la quale era felicissima di farci ritrarre insieme.

Mi trovavo di fronte alla persona che aveva vissuto accanto ad un uomo non facile da gestire come marito, sopportando, come la storia ci dice, un’amante che scelse di morire con suo marito.

Ma di questo non abbiamo parlato.

Naturalmente volle sapere di Tanino, della città di Como e del lago. “Benito non amava i laghi, li ha sempre ritenuti acque ferme e morte a differenza dei mari e dei fiumi che sono acque vive.

Qualcosa lo turbava ma a quei tempi non ne aveva mai parlato”.

Poi ad un tratto pronunciò per due volte “Como, Como”.

Seguì una pausa prolungata, voleva accennarmi qualcosa.

“Pensi, quando dovette, da capo del governo, inaugurare l’autostrada dei laghi Milano – Como – Varese, che allora si chiamava l’autostrada dei ricchi, non se la sentì di andare a Como e preferì inaugurarla a Milano.

Siamo nel 1925 e qualcosa di quel nord lo turbava, come se avesse la sensazione che in quel posto ci fosse il nefasto epilogo.

Venga le faccio vedere una cosa, venga in casa”

Ebbi modo di vedere l’interno, solo il piano terra, dove era ubicata la grande cucina come si usava agli inizi del novecento adiacente alla sala da pranzo.

“Ecco, Benito sedeva sempre là mentre gli ospiti si disponevano attorno al grande tavolo ovale.

Da qui sono passati tutti gli uomini del ventennio ma io sono sempre rimasta al di fuori della politica, non ero interessata, osservavo e basta”

Mi mostrò una foto: si trattava di una immagine come tante ce ne sono di quel periodo.

Mussolini, capo del governo, con altri tre gerarchi di spicco stava inaugurando nel 1925 l’autostrada Milano – Como – Varese più conosciuta come l’autostrada dei ricchi.

“Guardi bene dove tiene la mano!” un gesto scaramantico?

E’ forse la sensazione premonitrice che su quel lago sarebbe successo qualcosa?

Invece nel capoluogo lariano venne più volte, precisamente nella casa di campagna, a Cavallasca, da Margherita Sarfatti, mecenate ebrea con la quale aveva una relazione amorosa.

La Sarfatti nel 1924 inizia a scrivere un libro con l’intento di illustrare al mondo le capacità del primo ministro italiano.

Uscirà in inglese con il titolo “The life of Benito Mussolini” e successivamente la Mondadori lo pubblica con il titolo “Dux”.

Fu tradotto in ben 18 lingue e solo in Giappone ne furono vendute 300.000 copie.

Margherita era ormai diventata famosa come la donna di Mussolini, colei che inventò il Duce.

Nel 1942, le potenze dell’asse erano vittoriose su tutti i fronti.

Nessuno poteva immaginare quello che sarebbe successo solo tre anni dopo: la sconfitta epocale di Germania e Italia.

Predappio, 1977, Donna Rachele Mussolini si toglie il foulard che regalerà a Enzo Pifferi in ricordo del loro incontro
Predappio, 1977, Donna Rachele Mussolini si toglie il foulard che regalerà a Enzo Pifferi in ricordo del loro incontro

Mussolini volle incontrare Gustavo Rol, il veggente, indiscusso sensitivo, il più grande del novecento (Torino 1903 – Torino 1994) e la domanda di Mussolini a Rol fu schietta:

“Come andrà la guerra? Parlate pure liberamente”.

Rol parlò di ciò che vedeva nel futuro e gli disse: “Duce la guerra sarà perduta”.

Questa fu la drastica risposta.

Agli ufficiali che lo avevano accompagnato parlò dettagliatamente della sua visione: pare che avesse indicato la data precisa della morte di Mussolini 28 aprile 1945 sul lago di Como.

Enzo Pifferi