La conferenza dei Paesi non Allineati, Belgrado 1961

Città bellissima ed estremamente civile, Belgrado ospita il mausoleo di Tito. Ho avuto modo di visitare la notevole struttura e di notare come su una grande parete si collochi una gigantesca fotografia che rappresenta tutti i partecipanti alla Conferenza di Belgrado del 1961. Voluta dal maresciallo Tito, tale Conferenza  diede vita alla Associazione dei Paesi non allineati. Momento di grande rilievo, quello. In cotal modo considerandolo, attraverso i determinanti buoni uffici di Aleksandra Damnjanovic D’Agostino (che ha dipoi tradotto il testo) ho ottenuto lo studio in merito che qui propongo, studio opera di un giovane ed abilissimo ricercatore belgradese: Bogdan Zivkovic, al quale vanno tutti i miei ringraziamenti. – MdP

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Nel corso dei quattro decenni e mezzo di vita della Jugoslavia socialista, nell’opinione pubblica regnava un’immagine propagandistica della realtà, piena di superlativi.

L’amara disgregazione del Paese ha creato nelle nuove repubbliche una immagine distorta del passato socialista.

L’idealizzazione è stata sostituita dal disprezzo.

La critica nata da questo, come la propaganda precedente, era del tutto irrealistica, totalitaria e altrettanto cieca.

Ora, quando l’area della ex Jugoslavia si è liberata dei censori-guardiani sia del partito comunista, sia dei partiti nazionalisti e degli eserciti degli anni Novanta, è possibile per la prima volta analizzare il passato secondo le leggi della scienza, con obiettività.

 

Due dei migliori studiosi e storici serbi di Belgrado, l’accademico Ljubodrag Dimic e il Dr. Dragan Bogetić, i migliori esperti sul ruolo della Jugoslavia nella Guerra Fredda, hanno scritto una monografia sull’evento chiave della politica estera jugoslava: la Conferenza dei Paesi non Allineati tenutasi a Belgrado nel 1961.

La voce razionale di questi due storici, l’impatto del movimento dei non Allineati sulla Guerra Fredda, così come la vicinanza tra l’Italia e la Jugoslavia rende il libro potenzialmente interessante e importante per il pubblico italiano e in questo articolo presenterò i risultati delle loro ricerche che sono esposti nella monografia.

 

Svolta jugoslava verso le lontane Africa e Asia

Negli anni Cinquanta, nel bel mezzo della Guerra Fredda, ci fu un cambio di rotta senza precedenti nelle relazioni internazionali: un paese comunista nei Balcani  decise di concentrare la sua attenzione nella politica estera verso l’Asia e l’Africa, ricusando la legge delle relazioni internazionali dell’Europa di quel tempo: la rigida appartenenza ai blocchi politico-militari sotto la guida di Mosca e Washington.

Collaborando prima con l’Est e poi con l’Occidente, la Jugoslavia aveva acquisito una poco gratificante esperienza.

Entrambi i blocchi politico-militari esercitavano una schiacciante pressione, sia sulla politica che sull’economia.

E in Jugoslavia, come in ogni società che nasce dalla rivoluzione, cresceva un forte desiderio di indipendenza e di risoluzione rapida dei problemi del sottosviluppo economico.

I blocchi non erano in grado di offrire nulla di questo.

Una situazione  simile si era creata in Africa e in Asia.

Le rivoluzioni anti-coloniali alimentavano da una parte il desiderio di indipendenza e dall’altra la voglia di porre fine alla povertà,  aneliti che né gli egemoni Paesi occidentali, né quelli orientali potevano soddisfare.

Oltre alle analogie con la realtà di Africa e Asia, la Jugoslavia somigliava alle ex colonie per la prospettiva di un grande e poco esigente mercato.

La possibilità di un forte ruolo politico ed economico spronava lo Stato balcanico.

La nuova politica estera concepita a Belgrado si chiamava ‘Pacifica e attiva coesistenza’.

I presupposti di questa politica erano carichi di ideologia.

La sua essenza era il desiderio che i ‘piccoli’ Paesi potessero partecipare in modo equanime  al destino del mondo, lottare per la pace e per la cooperazione contro la guerra e i conflitti che minacciavano la loro indipendenza.

Si chiedevano relazioni internazionali tra membri uguali e indipendenti (senza interferenze dell’uno negli affari interni dell’altro) che potevano collaborare attivamente sulle questioni fondamentali per la pace.

Il mondo, si diceva, non usciva certo dal pericolo di conflitti schierandosi nei Blocchi.

L’affermazione di questi postulati sarà raggiunta a Belgrado nel 1961.

Fino ad allora, la diplomazia jugoslava condusse una alacre e strenua campagna per allacciare relazioni con diversi Paesi in Asia e in Africa.

Anomalo per gli altri leader comunisti, Josip Broz Tito capì l’importanza di viaggiare e di allacciare relazioni personali, creando così un enorme capitale politico.

Appare incredibile il fatto che prima della conferenza di Belgrado, Tito avesse avuto ben cinquantadue incontri con i governi dei Paesi partecipanti al vertice.

In questi, per nove volte vide la guida della Repubblica Araba Unita, l’egiziano Nasser, per sei volte Sucarno, il leader dell’Indonesia, e Nehru, il leader dell’India.

Inoltre, Tito fece da intermediario per la risoluzione dei problemi tra alcuni Stati e, ottenendo incontri riservati, faceva crescere non solo la propria immagine personale ma anche quella della Jugoslavia nel mondo.

La diplomazia jugoslava investì enormi energie nei contatti e nella conoscenza di Asia e Africa, non più in modo dogmatico ma in modo analitico, esplorando quel mondo e inviando i migliori diplomatici jugoslavi nelle capitali del Terzo Mondo.

L’azione cha ruppe il ghiaccio e la prima manifestazione di questa nuova strada intrapresa dalla Jugoslavia fu la visita di Josip Broz Tito in India e in Birmania, tra il 1954-1955.

Furono instaurati preziosi contatti con questi Paesi che avevano la stessa visione della politica estera.

Il leader jugoslavo nei suoi discorsi ufficiali sosteneva la tesi dei quattro mali del mondo: la disuguaglianza, l’interferenza negli affari interni degli Stati, l’esistenza di sfere di interesse e di Blocchi, e l’esistenza del colonialismo.

Nonostante le difficoltà – come i legami dell’India con l’URSS e con la Cina – il viaggio suddetto fu un grande successo perché si allacciarono importanti relazioni e si confrontarono e avvicinarono le opinioni con entrambi Paesi.

Con i contatti stabiliti, si creò anche il futuro asse del movimento: Tito-Nehru-Nasser.

Nel mese di aprile 1955, nella città indonesiana di Bandung, si tenne la Conferenza dei Paesi asiatici e africani per promuovere principi molto simili a quelli della Jugoslavia.

Josip Broz Tito, entusiasta di questa manifestazione promossa da Nehru dichiaratamente contro i Blocchi, organizzò a luglio sulla isola croata di Brioni, un incontro con Nasser e Nehru.

L’incontro a Brioni e la ‘Dichiarazione  Ufficiale’ erano di sostegno alla conferenza di Bandung e alle decisioni ivi adottate.

Tito non si accontentava di limitarsi solo a quell’incontro in quanto ristretto, circoscritto, voleva far parte della corrente del movimento e globalizzarlo.

Oltre alle soddisfazioni si percepivano i primi problemi: l’incontro a Brioni mostrò anche delle differenze, tra le quali la principale era la riserva da parte dell’India per un coinvolgimento più concreto, posizione che poi sarebbe diventata un grande problema di Nasser e Tito nelle ulteriori iniziative.

Anche l’economia jugoslava prese direzione verso la stretta cooperazione con l’Africa e l’Asia.

Gli indicatori degli scambi economici con questa parte del mondo erano in crescita, e con operazioni di successo dell’economia jugoslava in paesi come l’Etiopia, la Siria …

I legami economici per Tito erano intesi come requisiti essenziali per le alleanze politiche.

I progressi nella collaborazione economica portavano a buoni risultati e creavano grandi occasioni nella sfera della collaborazione politica.

Al quindicesimo Consiglio dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, alla fine del 1960, le principali forze politiche non riuscirono a risolvere uno scontro che stava minacciando il mondo intero.

Questo portò ad un’azione dei cinque leader dei Paesi non Allineati, nota come ‘L’iniziativa dei Cinque’.

A Tito, Nehru, Nasser e Sucarno, presenti in quella riunione, si associò anche Kwame Nkrumah, il leader ghanese molto attivo e noto.

Chiesero senza esito un summit dei leader delle maggiori forze politiche, però riuscirono a far votare a tutti una risoluzione sulla collaborazione e un’altra sulla concessione dell’indipendenza alle colonie.

Più del successo di queste due risoluzioni, ebbe importanza questa prima iniziativa dei leader non-Allineati che affermava i principi di non-allineamento e la loro decisione di influenzare le relazioni nel mondo.

La diplomazia jugoslava fu tanto incoraggiata da questi eventi che decise di mettere in atto una strategia per preparare la Conferenza dei Paesi non Allineati a Belgrado.

 

Preparativi per la conferenza

Questa ampia strategia jugoslava mirava a convincere molti paesi non Allineati della necessità di unire le forze contro l’onnipotenza delle Grandi Potenze. Josip Broz Tito si convinse che bisognava viaggiare ancora di più per incontrarsi e stabilire dei rapporti personali, lo considerava arma vincente nell’attività diplomatica. Nel mese di febbraio 1961 Tito intraprese un viaggio in Africa. In Ghana, Togo, Liberia, Guinea e Mali, il leader jugoslavo non parlò esplicitamente della conferenza, ma soltanto dei principi che avevano in comune, avvicinando così questi stati lentamente al punto di vista jugoslavo. In Marocco, Tunisia e UAR ( Emirati Arabi Uniti ) parlò più esplicitamente della necessità di organizzare la conferenza. L’argomento principale fu il blocco delle Nazioni Unite, la situazione sotto certi aspetti ricordava il periodo precedente la Seconda Guerra Mondiale. Per evitare un tale disastro e per sbloccare le Nazioni Unite, Tito riteneva indispensabile un’azione dei Paesi non Allineati, che andava preparata e decisa insieme proprio durante la conferenza.

L’India era il paese non allineato più popoloso, e il suo leader Nehru, pioniere nel campo della dottrina del non allineamento. Questo faceva dell’India un partner naturale. Ma la rigidità di Nehru per quanto riguardava qualsiasi cooperazione più solida e il sospetto che i “piccoli” paesi non potessero fare nulla di significativo sulla scena internazionale, rappresentò un ostacolo non indifferente nella collaborazione in quel senso. Fino a quando l’India non si decise di cercare di riconquistare la sua posizione di leader e di riattivarsi nel movimento, nel luglio1961. Questo fu preceduto da numerose riunioni per armonizzare le posizioni. Durante la riunione più importante al Cairo nel giugno 1961, dove si stava preparando la conferenza di Belgrado, l’India fu persino isolata per il suo atteggiamento inflessibile e allontanata così dagli altri paesi che non nutrivano più rispetto verso l’India. Questo fece chiarire definitivamente le idee a Nehru che si convinse della esigenza di un’azione concreta, il dovere dell’India di essere coinvolta e dell’importanza di mettersi a capo di questo movimento che stava nascendo.

L’incontro al Cairo nel giugno1961 fu considerato un grande successo jugoslavo:  vinse l’idea di tenere la conferenza dei Paesi non Allineati a Belgrado. In quella riunione erano presenti i rappresentanti di 21 Paesi: il governo provvisorio dell’Algeria, Afghanistan, Birmania, Cambogia, Ceylon, Cuba, Etiopia, Ghana, Guinea, India, Indonesia, Iraq, Mali, Marocco, Nepal, Arabia Saudita, Somalia, Sudan, UAR, Jugoslavia, e, in veste di osservatore, del Brasile. Questi paesi, costituendo il nucleo dei Paesi non Allineati, determinarono i criteri con cui gli altri paesi avrebbero potuto essere invitati, formulando così il quadro di disimpegno. I criteri di riferimento erano i seguenti: 1) il governo del paese doveva condurre la politica estera in modo indipendente, basata sui principi della coesistenza pacifica; 2) il governo doveva fornire il supporto per i movimenti di liberazione nazionale; 3) il governo (paese) non doveva far parte di un’alleanza militare o di un accordo con uno dei Blocchi; 4) non si dovevano avere delle basi militari straniere sul proprio territorio; 5) se il paese fosse stato membro di un’alleanza militare regionale, questa alleanza non poteva avere rilevanza per un eventuale conflitto tra i potenti.

La vittoria jugoslava era multipla – passava l’idea di un’Alleanza tra i Paesi non allineati e l’idea di un concetto globale (sono stati inclusi l’America Latina e la Cipro europea), i criteri scelti indicavano anche l’affermazione di un solido orientamento fuori dai Blocchi esistenti. Nonostante tutto questo, la Conferenza del Cairo è rimasta nelle cronache come un incontro amaro a causa delle aspre discussioni causate da un lato dalla dura posizione dell’India e dall’altro dei paesi, rigidi esponenti del Blocco filo sovietico come Cuba, Guinea e Mali.

Nel periodo tra la conferenza del Cairo e quella di Belgrado ci fu una vivace attività diplomatica in tutto il mondo. L’India si rimise in moto e Tito riprese un’attiva comunicazione con i paesi non Allineati per poter adeguare e chiarire i punti di vista e le proprie posizioni prima dell’incontro. Vedendo che l’azione aveva ottenuto successo, anche le grandi potenze tentarono di essere coinvolte, cercando di influenzare i partecipanti. Mosca considerava i non Allineati ideologicamente più vicini all’Est che all’Occidente, e in molti colloqui con i leader cercò di influenzarli nelle posizioni sulla questione tedesca. Washington temeva atteggiamenti anti-occidentali e tentava di rafforzare soprattutto i leader moderati dei non Allineati per dissuaderli dall’idea di partecipare alla conferenza. Per quanto riguarda l’America Latina, gli Stati Uniti rivendicavano la loro prerogativa in quest’area e condizionarono  fortemente  i paesi a non partecipare, riuscendoci con il Messico, ma non con il Brasile, anche se ebbero un ruolo sulle dimissioni del Primo Ministro.

 

La Conferenza

Dopo gli imponenti preparativi, Belgrado era pronta per la conferenza. Un fiume di rappresentanti dei mass media si versò nella città di Belgrado; la maggior parte arrivava dagli Stati Uniti: ben 126, ma anche dalla Germania Ovest :49, dalla Gran Bretagna :45, dall’Italia: ben 25 (l’Italia aveva un numero di giornalisti presenti alla conferenza anche superiore rispetto ai Paesi non Allineati, ad eccezione degli Emirati Arabi. “L’Unità” di Milano occupava un posto di rilievo come testata giornalistica tra gli osservatori della conferenza. Dal 1 al 6 di settembre del 1961 a Belgrado si svolse la conferenza che ospitò 25 paesi partecipanti – in aggiunta a quelli che erano presenti al Cairo, ci furono anche i rappresentanti dello Yemen, Libano, Cipro, Tunisia e Congo. Solo l’Arabia Saudita, l’Iraq e la Guinea non furono rappresentati dai Capi di Stato, ma dai Ministri degli Esteri. Altrettanto importane fu la presenza dei delegati di tre paesi latino-americani in qualità di osservatori – Brasile, Bolivia ed Ecuador, che dava più importanza all’aspetto globale della riunione.

La conferenza si svolse in un momento molto difficile: le due superpotenze, con il loro comportamento aggressivo e diffuso ovunque nel mondo, cancellavano tutti i principi dei Paesi riuniti a Belgrado, mettendoli sotto una pressione quasi insopportabile. Gli Stati Uniti non rispettarono la sovranità di Cuba aiutando lo sbarco nella Baia dei Porci, l’aggressione coloniale occidentale si manifestava in Angola, Vietnam, Congo. I Sovietici, senza accordarsi con nessuno e contro la pace, eressero il Muro di Berlino. E come per coronare tutti questi atti, si verificarono provocazioni  anche contro la conferenza stessa: l’Unione Sovietica annunciò la ripresa dei test nucleari (violando così l’accordo di Ginevra) proprio il giorno della conferenza! Questo cupo quadro del mondo, nello stesso tempo sottolineò la necessità di un’azione dei Paesi non Allineati nella direzione della pace nel mondo, ma allo stesso tempo esercitò un enorme peso su questi paesi deboli, tentando di sottometterli al potere delle Superpotenze.

A Belgrado si tennero 15 riunioni plenarie e 2 riunioni chiuse. Dal contenuto di queste riunioni emergono alcuni argomenti importanti. Si parlò del Colonialismo, dell’interferenza delle Grandi Potenze nei problemi dei Paesi Sottosviluppati, del razzismo, del disarmo, del divario economico tra ricchi e poveri. La de-colonizzazione era considerata il punto di partenza per tutti i paesi partecipanti, tra cui anche i moderati Birmania e Tunisia. Sucarno (presidente dell’Indonesia) e Abud (presidente di Sudan) prospettarono anche un concreto e realistico termine di due anni per completare la de-colonizzazione del mondo. Il discorso anti-coloniale spingeva verso un sostegno generale ai movimenti di liberazione d’Algeria e Angola, al popolo palestinese e alla Tunisia, che aveva subito gli attacchi della Francia. Il Presidente cubano Dorticos su questo argomento aveva duramente parlato della politica degli Stati Uniti a proposito dei suoi attacchi contro l’indipendenza di Cuba. Nehru metteva in guardia tutti anche dal fenomeno del neo-colonialismo e dai metodi morbidi di governo delle metropoli. I partecipanti condannarono fermamente la politica dell’Apartheid in Sud Africa.

Il Disarmo fu un altro punto cardine per tutti i paesi partecipanti. Criticarono i test nucleari francesi e sovietici. La Conferenza subì l’umiliazione sovietica con l’annuncio dei test nucleari, che non fu commentata da tutti, ma soltanto da chi  ebbe il coraggio di parlare e di esprimere la disapprovazione e il rammarico (come Nehru, Nkrumah, Makarios, presidente di Cipro, Hassan II del Marocco e Salam, primo ministro del Libano).

Tutti i partecipanti si interessarono ad uno dei problemi che li colpiva particolarmente: il sottosviluppo economico nel mondo. In realtà, questo Congresso fu una richiesta di aiuto da parte del mondo in via di sviluppo ai paesi economicamente forti. Si sollecitavano relazioni stabili, ragionevoli e di solidarietà delle maxi potenze nei confronti degli stati più deboli economicamente. Si chiedeva la fine dello sfruttamento e una sana cooperazione. L’industrializzazione fu sottolineata come una priorità. Questo tema era collegato con gli appelli per il disarmo, con l’invito a investire risorse finanziarie nei paesi sottosviluppati invece che nelle armi. Naturalmente, il colonialismo era direttamente collegato al sottosviluppo, manteneva il divario economico e impediva l’indipendenza economica dei paesi poveri. Intorno a tutti i problemi girava anche il ruolo delle Nazioni Unite, si pretendeva cioè un impegno maggiore per i non-Allineati, meritato, visto la dimensione della loro popolazione. I non- Allineati attraverso le Nazioni Unite  volevano combattere il colonialismo a favore del disarmo e per risolvere i problemi  del sottosviluppo. E proprio questa politica darà presto i suoi frutti: dentro le Nazioni Unite sarà istituito un ente per affrontare il problema del sottosviluppo economico, l’UNCTAD (Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo).

“I grandi” prima della conferenza facevano pressione sui paesi partecipanti per sostenere la “questione tedesca”  vedendo in questo un loro interesse vitale. Per i paesi non europei il problema non era molto importante, però si parlò comunque  anche di questo. E i paesi partecipanti filo-occidentali e filo-orientali esortavano la necessità dei negoziati tra le forze, che non avvenne. Fu dato il sostegno al mantenimento delle due Germanie, e nel caso di una unificazione stabilire l’obbligo di rimanere neutrali. Soltanto Cuba non era per il principio dell’accesso libero a Berlino che l’Unione Sovietica aveva violato, costruendo il muro.

Quali erano le posizioni della Jugoslavia durante la conferenza? Josip Broz Tito, il terzo giorno della conferenza tenne un discorso, sublimando i postulati della politica estera jugoslava e cercando di mantenere una via di mezzo attorno alla quale si sarebbero uniti tutti i partecipanti. Tito affermò la capacità dei paesi non Allineati a perseguire la pace, quello che le Grandi Potenze non riuscirono a fare. Presentò i cinque temi chiave attorno a cui si dovevano esprimere tutti: il disarmo, la Germania, la colonizzazione, il sottosviluppo economico e la “pacifica e attiva coesistenza”  nel mondo. Nonostante il chiaro boicottaggio della conferenza e la disapprovazione da parte dei Sovietici dimostrato dall’avvio dei test nucleari, Tito espresse comprensione per la condotta russa visto che i Francesi furono i  primi a violare l’accordo di Ginevra. Questa “uscita” di Tito sorprese anche la leadership jugoslava, era stata concordata in precedenza con l’ambasciatore sovietico a Belgrado, e rimane ancora oggi un mistero incomprensibile nel suo discorso. Fu una sorpresa anche per l’amministrazione degli Stati Uniti e dopo la conferenza si raffreddarono le relazioni con la Jugoslavia, non avendo compreso perché Tito non fosse stato più duro verso il Blocco Sovietico. Parlando della Germania, (come già da principio era chiaro a tutti) Tito era più vicino a Mosca: era a favore di due Stati tedeschi, dicendo che la militarizzazione rafforzava il fascismo in Germania (questo riferimento ideologico al fascismo, insieme al sostegno all’URSS circa le prove nucleari, furono due eccessi di Tito che offesero profondamente l’Occidente) ma si prodigava per un negoziato tra le Grandi Potenze per una graduale risoluzione della questione tedesca. Tito parlò ampiamente di colonialismo, dicendo che il contro-colonialismo era un processo naturale che doveva essere accettato da tutti e criticò il comportamento di Francia, Belgio, Portogallo, Sud Africa e Stati Uniti (verso la Cuba). Riteneva questo una grave minaccia per la pace e sollecitava tempi brevi per l’abolizione del colonialismo e si dichiarava a favore di tutti i movimenti che si battevano contro di esso. Parlando del divario tra i Paesi sviluppati e quelli sottosviluppati nel mondo, insistette per una soluzione urgente di questo problema e sollecitò aiuti ai paesi poveri, senza le interferenze politiche che ci sarebbero state con questo aiuto. Infine, sottolineando il principio della pacifica e attiva coesistenza tra i paesi con diversi sistemi politici, disse che questo era l’unico modo per cambiare il mondo senza guerre e tensioni. Con una cooperazione pacifica, attraverso una riorganizzazione delle istituzioni delle Nazioni Unite. La conferenza di Belgrado rappresentava per Tito l’impegno dei Paesi non Allineati ad assumersi la responsabilità di costruire la pace e il futuro del mondo con la consapevolezza di compiere una missione di massima importanza.

Il risultato della conferenza furono due documenti firmati da tutti i partecipanti. Il primo era un resoconto sulla preoccupazione del pericolo di una guerra imminente e  un appello per la pace attraverso il quale si cercò di influenzare urgentemente le Grandi Potenze . Inoltre, furono scritte e indirizzate due lettere a Kennedy e Khrushchev, con un appello a fermare i preparativi della guerra e a sedersi al tavolo delle trattative per il bene della pace nel mondo. Il secondo documento, “La Dichiarazione dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi non Allineati”, non aveva obiettivi immediati, ma rappresentava un documento strategico, che si focalizzava su obiettivi a lungo termine dei paesi riuniti, attorno al quale si dovevano prendere ulteriori provvedimenti. Il documento evidenziava i principi del meeting: la responsabilità di tutti per il destino del mondo, la lotta per l’abolizione incondizionata di tutte le forme di colonialismo e imperialismo, l’indipendenza e l’inviolabilità del territorio nazionale, l’equiparazione della guerra con il crimine (la guerra rappresentava il senso della esistenza dei Grandi Blocchi), la consapevolezza per tutti che le differenze nei sistemi non erano insormontabili, la necessità di una collaborazione, la dura condanna dell’imposizione di sistemi politici, la coscienza che ognuno dovrebbe svilupparsi in base alle proprie capacità ed esigenze e infine, la lotta per la coesistenza pacifica. I popoli di Algeria, Angola, Congo, JAR, Palestina e Tunisia (per l’attacco francese in Bizerte) ebbero solidarietà con questo documento. Furono supportati altrettanto i diritti delle minoranze etniche e religiose. Fu espresso il rifiuto alle basi militari straniere, e il disarmo fu posto come imperativo dell’umanità. Affrontare con urgenza la disuguaglianza economica nel mondo, fu ritenuto indispensabile e richiedeva ulteriori impegni dei Paesi non Allineati e una  conferenza mondiale su quel tema.

 

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La conferenza stessa rivelò molte differenze (c’erano le correnti filo-orientali,  le correnti filo-occidentali, così come le fazioni arabe). Nei primi mesi dopo la conferenza, la situazione non era brillante. I Paesi non Allineati subirono forti attacchi diplomatici dagli Stati Uniti e dall’Occidente, e furono scoraggiati per l’ulteriore cooperazione, in particolare l’India. L’atteggiamento anti-coloniale in sé portava inevitabilmente ad uno scontro con il blocco occidentale. E’ stato particolarmente difficile per la Jugoslavia, che era presa di mira per le dichiarazioni inopportune di Josip Broz Tito. L’Est, con i toni pubblici lodevoli nei confronti della conferenza, continuò soltanto con la politica di prendere i consensi e attirare i Paesi non Allineati dalla parte del Comunismo. Tito cercò di riequilibrare la situazione invitando tutti i leader, come fece lui con una lettera, a convincere  Khrushchev a sospendere i test nucleari. Questa azione non produsse alcun risultato né a Oriente, né a Occidente. Nonostante tutti questi fattori negativi, la soddisfazione unanime, l’affermazione del Gruppo dei Non Allineati e l’impegno di non appartenere ai Blocchi, durante una conferenza così grande di paesi di quattro continenti, rendevano fiera la Jugoslavia. Il movimento non era ancora nato (per la nascita ufficiale del movimento si considera la terza conferenza a Lussaca, nel 1970),  ma questo era un grande passo verso l’unità. La conferenza di Belgrado ha consolidato alcuni dei più importanti principi e ha indicato il cammino verso un’ulteriore unificazione e verso la nascita del movimento dei non Allineati. Il sogno di un grande ruolo dei “piccoli” e nuovi stati nella politica mondiale sembrava realistico.

 

Dott. Bogdan Zivkovic, studioso dei rapporti italo-slavi

(attualmente sta preparando il master in “Jugoslavia e PCI” 1956-1964)

 

Traduzione dal serbo: Aleksandra Damnjanovic

Correzione del testo in italiano: Pasqualino D’Agostino