Amadeus, il film della vita di Stefano Lorenzetto

Non si chiede qual è il film della sua vita a un figlio di poveri che da adolescente faceva il proiezionista per guadagnarsi qualcosa.

Sarebbe come domandarlo al piccolo Totò di ‘Nuovo cinema Paradiso’: tutti i film che ha visto passare sullo schermo fanno parte della sua vita.

Potrei rispondere ‘L’albero degli zoccoli’ di Ermanno Olmi, col Batistì ridotto a un puntolino di lucerna che scompare nella sera insieme col carretto su cui ha caricato la moglie Batistina, i tre figlioletti, la camera da letto, il canterano, due sedie, il paiolo della polenta e un fagotto, accompagnato solo dall’‘Arioso’ della Cantata 156 di Bach, la colonna sonora della mia anima.

Oppure ‘Vertigo’ di Alfred Hitchcock, se non fosse per quegli illogici rintocchi da obito nel finale sul campanile, troppo sbrigativa conclusione della tragica storia d’amore fra il detective Scottie e l’ossessionante Madeleine, la donna che visse due volte.

Ma se proprio fosse obbligato a scegliere, allora il proiezionista direbbe ‘Amadeus’ di Milos Forman, il film che ipostatizza meglio d’ogni altro l’eterno del cinema, questa magica esperienza polisensoriale fatta di luci, colori, suoni, scenografie, costumi, dialoghi e anche di un piccolo uomo che, nel buio, sa come riprodurli su un grande telo bianco.

Guardo il mio conterraneo Antonio Salieri, mentre scorre di nascosto uno spartito di Wolfgang Amadeus Mozart e ode dentro di sé “appena un palpito, con fagotti e corni di bassetto, simile allo schiudersi di un vecchio cofano, dopodiché a un tratto ecco emergere un oboe, un’unica nota sospesa lì, immobile, finché un clarinetto ne prende il posto, addolcendolo con una frase di una tale delizia…”, o mentre ruba al rivale febbricitante la maestà del ‘Requiem’ dettato dal letto di morte, e ammiro la perfetta rappresentazione del più universale fra i sentimenti umani: l’invidia.

Eppure l’unico in grado di suscitare emulazione nelle anime grandi.

“Perché Dio avrebbe scelto un fanciullo osceno quale suo strumento?”.

Non c’è risposta alla domanda di Salieri e di noi mediocri.

Stefano Lorenzetto