‘The Black Mask’, 1920/1939: Mencken, Nathan, Hammett, Chandler…

Nel 1939, cessava le pubblicazioni la celebre rivista newyorkese ‘The Black Mask’ (La maschera nera) che era stata fondata nel 1920 da Henry Louis Mencken – giornalista, saggista, critico letterario e di costume tra i più significativi della prima metà del Novecento in America, altresì direttore di ‘The Smart Set’ – e dal suo collega George Jean Nathan (con il quale aveva dato vita anche ad un’altra importante pubblicazione dedicata alla critica: ‘The American Mercury’).

‘The Black Mask’ era nata esclusivamente – come la pressoché coeva ‘Dime Detective Magazine’ – per dare la massima diffusione ai ‘nuovi’ racconti polizieschi e vanta tra i suoi non pochi meriti quello di aver fatto conoscere al grande pubblico, all’epoca amante delle cosiddette ‘pulp stories’ (storie popolari), la Hard Boiled School – che rivoluzionò il mondo stagnante del racconto giallo – e, in particolare, le prime ‘prove’ dei suoi due massimi esponenti, Dashiell Hammett e Raymond Chandler.

Per la cronaca, il periodo di maggior diffusione per la rivista in questione fu quello che intercorse tra il 1926 ed il 1936, quando a dirigerla fu chiamato un personaggio mitico: il capitano George T. Shaw, che diverrà famoso per aver ordinato ai suoi collaboratori di “eliminare dai loro scritti tutto quanto non provocasse nel lettore un eccitamento quasi fisico e, perciò, di raccontare nel modo più diretto possibile storie violente, preferibilmente in prima persona”.

“L’azione – aggiungeva – perde significato a meno di coinvolgere personaggi umani in tre dimensioni”, qualsiasi cosa ciò volesse dire.

Fino a quel momento, infatti, l’avventura poliziesca seguiva vecchi canoni e, in particolare, quel che interessava era che, alla fine, il mistero relativo al delitto fosse risolto e giustizia fatta.

Il nuovo racconto proposto da ‘The Black Mask’, di contro, non dava molta importanza alla soluzione finale.

Quel che veramente contava era la ‘scena’, ossia i singoli eventi scritti pagina per pagina.

Come ricordano Mario Monti e Oreste Del Buono – ottimi conoscitori del genere letterario da ‘pulp magazine’ – più imprevisti, delitti ed intrighi c’erano, più il racconto filava.

Tutto in funzione della suspense, sfruttando quel massimo di tensione che si riusciva a trasmettere ai lettori fin dalle prime righe.

Il protagonista doveva essere soprattutto in grado di non annoiare.

Pericolo, omicidi, cazzotti, sparatorie…

Ogni e qualsiasi cosa purché il lettore non si distraesse!

Su ‘The Black Mask’, in tal modo, per la prima volta, “l’assassinio fu restituito alle persone che lo commettono per solidi motivi, non per fornire un cadavere ai lettori, e fu eseguito con mezzi a portata di mano, non con pistole da duello intarsiate, curaro o veleni esotici”, così Raymond Chandler nel saggio ‘La semplice arte del delitto’ e tanto vale anche per quella vecchia e gloriosa rivista benché le parole ora citate fossero state scritte a commento dell’ottimo ‘lavoro’ nel campo del più grande dei ‘figli’ letterari del capitano Shaw: Dashiell Hammett.

Mauro della Porta Raffo