Qualche nota sulla pirateria musicale e audiovisiva digitale in Rete

Non poche voci della vulgata popolare attribuiscono la perdurante crisi del settore musicale/discografico alla carenza di creatività artistica, alla scarsa qualità dei prodotti, ad iniziative di marketing sbagliate, ad errate attività promozionali, ad insufficienze di vario genere degli operatori del settore (artisti, produttori, editori) e, da ultimo alla congiuntura economica oramai di lunga durata, che induce gli imprenditori alla rinuncia o alla stagnazione degli investimenti.

Questi elementi possono concorrere alla crisi del settore, ma non bastano a spiegarne le grandi difficoltà.

Ad essi deve aggiungersi l’incidenza della pirateria digitale dei prodotti e dei contenuti musicali, fonografici, audiovisivi largamente attuata tramite Internet.

Con la tecnologia digitale, infatti, la circolazione e l’utilizzazione di contenuti artistici on line può avvenire con grande facilità, senza che i loro legittimi titolari siano in grado di esercitare alcun effettivo controllo ed alcuna reale protezione, dal momento che ciascuno può realizzare copie, pressoché perfette, di opere protette dal diritto d’autore e diffonderle poi attraverso la Rete.

Un brano musicale, un prodotto discografico ed audiovisivo possono essere ascoltati o visti in streaming e scaricati simultaneamente da un numero elevatissimo – di fatto incontrollabile – di utenti, che non pagano il prezzo per l’utilizzazione del prodotto artistico ed ai quali tuttavia risulta molto difficile impedire l’accesso e l’utilizzazione del prodotto stesso.

Ed infatti, la diffusione della pirateria digitale, cioè la riproduzione, l’uso e la utilizzazione non autorizzati di opere protette dal diritto d’autore, conferma a ben vedere l’estrema difficoltà a considerare ed affermare queste opere come beni oggetto di sfruttamenti esclusivi da parte dei loro titolari, vale a dire beni suscettibili di inibitorie d’uso nei confronti di soggetti indesiderati o non autorizzati.

La dimensione del fenomeno della pirateria digitale, sotto il profilo economico incide nei meccanismi di funzionamento dei mercati, considerando tra l’altro che la sottrazione dei proventi spettanti ai legittimi titolari dei prodotti artistici dovuta alla diffusione della pirateria, costituisce un fattore di grave alterazione della concorrenza.

E’ vero che a tale riguardo esistono opinioni e valutazioni discordanti, tuttavia gran parte degli studi scientifici, economici e giuridici evidenzia il significativo effetto negativo sulle vendite dei prodotti legali determinato dalla pirateria digitale.

Come ha bene e fondatamente segnalato un’autorevole voce dell’Autorità Garante delle Comunicazioni (AGCom) i risultati di tali studi mostrano che gli “effetti di spiazzamento” della pirateria on line sul consumo dei contenuti artistici legali sembrano differenziarsi a seconda (a) del mercato di riferimento: e qui il mercato musicale è quello che ha subito i maggiori effetti negativi

del consumo illecito di contenuti on line, (b) la fase di ciclo del settore: gli effetti della pirateria sono stati molto significativi all’inizio della fase di digitalizzazione dei prodotti musicali e discografici, con effetti assai rilevanti sulle vendite di opere musicali su fonogrammi o altri supporti fisici, (c) il contesto istituzionale e normativo, in cui esistono significative differenziazioni tra le legislazioni internazionali ed anche tra quelle di singoli Paesi Comunitari (1).

Invero, da oltre dieci anni il settore musicale e discografico, a livello mondiale ed italiano, subisce progressive e sensibili contrazioni, sia in termini di quote di mercato, sia in termini di ricavi, sia sotto l’aspetto di maggiori costi, sia sotto il profilo di continua diminuzione dei profitti.

La crisi di questo settore è andata aggravandosi in modo progressivo, come del resto è ben noto agli operatori e come risulta dagli studi di settore e dall’analisi economica e mercantile di cui si sono occupati anche gli Organismi e le Associazioni Internazionali ed Italiane.

Con specifico riferimento al comparto italiano, secondo la F.I.M.I. (Federazione Industria Musicale Italiana) il mercato discografico italiano già nell’anno 2004 era calato del 7,97% a valore e del 12,67% a quantità, il fatturato complessivo di tale anno era di 280 milioni di Euro contro i 314 milioni dell’anno 2003 ed i 340 milioni dell’anno 2002.

 

(1) Andrea Stazi, già Consigliere del Presidente dell’AGCOM, La tutela del diritto d’autore in Rete, Diritto

dell’informazione e dell’informatica, 2015, I, pag. 90 e seguenti, Giuffrè, Milano 2015.

Sempre secondo l’analisi condotta dalla F.I.M.I, già nell’anno 2004 le vendite dei CD Compact Disc (la fetta più importante del mercato) erano scese dell’8,69% per quantità e del 7,41% a valore, mentre il mercato dei CD Compact Disc Singoli presentava una

diminuzione del 50% a quantità e del 47% a valore (2).

 

 

Secondo l’autorevole rivista “Dirittodautore.it”, nell’anno 2006 il calo delle vendite in Italia della musica registrata (cioè su fonogrammi) è stato stimato intorno al 30%, con una perdita che sfiora i 70 milioni di Euro (3).

La crisi ha continuato – e continua attualmente – ad aggravarsi ulteriormente anche rispetto ai dati economici qui sopra riportati. Infatti, ancora dagli studi compiuti dalla F.I.M.I., il fatturato totale dell’industria discografica italiana è diminuito progressivamente, con un calo, nell’anno 2008 rispetto all’anno 2007, del 21% per le vendite dei CD Compact Disc, rappresentanti ancora l’80% – 85% delle vendite dei fonogrammi in Italia, con scostamenti in ribasso che, per certe tipologie di prodotti fonografici, hanno raggiunto anche il 41%.

La progressiva, perdurante crisi del mercato discografico-musicale italiano risulta altresì da uno studio pubblicato sulla rivista di settore “Musica & Dischi”, periodo gennaio/febbraio 2010.

Per un’altra fonte di informazione e comparativa, secondo i dati ufficiali comunicati dalla Siae nel settembre 2012 relativi al mercato del prodotto fonografico fisico in Italia nell’anno 2011, il totale dei supporti venduti – album, singoli, mix e DVD musicali – ha subito una diminuzione dell’11,3% rispetto all’anno 2010, flessione che era stata addirittura pari al 22% nell’anno 2009 (sempre secondo i dati

Siae).

Anche questi elementi confermano il continuo cedimento del fonogramma, del prodotto audiovisivo ed, in generale, del supporto fisico in Italia nel corso degli ultimi 10 anni, a fronte di un

modesto incremento complessivo delle vendite digitali (legali), attestate ancora soltanto intorno al 20% del totale e quindi assolutamente non in grado di compensare le perdite delle vendite dei supporti fisici (4).

Si diceva del fenomeno della pirateria digitale in Internet dei prodotti audiovisivi in generale ed in particolare dei prodotti fonografici e dei cosiddetti files musicali.

Con l’espressione “pirateria digitale in Internet” normalmente si intende fare riferimento alle seguenti attività: (a) downloading, vale a dire la fruizione mediante differita registrazione illecita di prodotti sonori, musicali, audiovisivi sul proprio computer (b) streaming, che consiste nella fruizione in tempo reale dei suddetti prodotti sonori, musicali e/o audiovisivi, senza registrazione permanente degli stessi,mediante accesso a siti web o, più in generale, tramite Internet.

Il fenomeno della pirateria digitale in Internet ha grande rilevanza giuridica ed economica, come del resto è ampiamente noto.

Pur volendo prescindere, almeno in questa sede, dalla complessa analisi giuridica delle questioni correlate alla protezione del diritto d’autore e dei diritti connessi in relazione ai contenuti digitali – in particolare, sonori, fonografici, musicali, audiovisivi – è interessante fare un breve cenno ad alcuni macrodati correlati al fenomeno.

Da un primo punto di vista, secondo la Delibera AGCom del 6 luglio 2011, n. 398/Cons. 28, l’Italia risulta essere ai primi posti a livello mondiale per la pirateria digitale in Internet di prodotti e/o

contenuti sonori, fonografici, musicali ed audiovisivi.

Secondo la Relazione annuale dell’AGCom, presentata al Parlamento il 14 giugno 2011, la pirateria on line di contenuti fonografici, musicali ed audiovisivi rimane un fenomeno progressivamente emergente, pur con la prospettiva di limitarne l’incremento in funzione del perfezionamento di nuovi strumenti tecnologici e dell’attuazione di misure future legislative concrete, condivise e di agevole esecuzione a tutela del diritto d’ autore, dei diritti connessi e, più in generale, dei diritti esclusivi di proprietà intellettuale.

 

 

 

(2) Dati ricavati dalla comunicazione F.I.M.I. 25 febbraio 2005, alla voce Ricerche e Dati di mercato.

(3) Vedi Dirittodautore.it 25 ottobre 2007.

(4) Vedi lo studio, con i relativi prospetti, della Siae pubblicato su Musica&Dischi, periodo agosto/settembre 2012, alle

pagine 8-1 e 8-2. Confronta anche l’articolo “Multimedialità: dalla Siae il punto, i dati relativi al digitale nel primo

trimestre 2012”, in Musica&Dischi, ottobre 2012, pag.7.

Tra gli studi condotti dall’industria dei contenuti musicali on line citati dall’indagine conoscitiva AGCom del 12 febbraio 2010, l’IFPI (International Federation of the Phonografic Industry) registra che la crescita del fatturato della vendita legale della musica tramite Internet ha limitato soltanto molto parzialmente i gravi danni dell’industria discografica ed editoriale a causa del declino del mercato della musica registrata, danni che risultano aggravati proprio dal fenomeno della pirateria digitale in Internet, che colpisce i prodotti musicali, fonografici ed audiovisivi.

A questo riguardo, IFPI – sempre secondo la citata indagine conoscitiva dell’AGCom – afferma che la pirateria musicale on line ammonta a più del 60% del totale del mercato mondiale digitale (5). Non solo, ma l’incidenza della pirateria musicale e degli audiovisivi attraverso Internet è segnalata anche dalla Federazione contro la Pirateria Musicale (FPM), secondo la quale il 23% degli utilizzatori

della Rete fruisce musica illegalmente tramite P2P (esclusi quindi gli altri mezzi o strumenti) ed in media le opere musicali oggetto di download via Internet sarebbero circa 1300 per ogni PC dotato di software P2P, per un totale di mancato fatturato per il settore della sola editoria musicale di circa 300 milioni di euro all’anno.

Da tutti questi elementi, gli analisti economici e di mercato spiegano che la presenza della pirateria digitale, quale canale di distribuzione illegale di opere musicali e supporti audiovisivi, determina la sensibile riduzione dei ricavi.

Ciò sulla base dell’assunto generale secondo il quale il produttore/titolare di tali contenuti artistici vende un numero assai minore di copie e ciascuna di esse ad un prezzo unitario inferiore a quello che avrebbe praticato ed ottenuto dal consumatore/utente in assenza del fenomeno della pirateria in Rete.

Questo decremento dei ricavi e quindi degli utili delle imprese musicali, discografiche, audiovisive e culturali in genere, ha provocato e determina altre due conseguenze di importanza culturale ed economica molto rilevante.

Infatti, nel breve periodo, la pirateria e dunque la facile disponibilità di copie illegali comprimono in modo assolutamente significativo i ricavi del proprietario/titolare dei diritti di esclusiva; nel lungo periodo sottraggono risorse per sperimentazioni artistiche, scoraggiano gli investimenti a sostegno e sviluppo della creatività in tutti i campi dell’arte e della cultura, riducono gli incentivi alla ricerca ed all’innovazione, dal momento che i proprietari dei prodotti legali ed i titolari dei relativi diritti esclusivi di utilizzazione economica non sono più in grado di beneficiare dei frutti patrimoniali delle opere dell’ingegno.

Avv. Gianpietro Quiriconi