La Massoneria messicana tra ‘Escocéses’ e ‘Yorkinos’

Edoardo Ripari, nel contributo sulla storia della Massoneria messicana – contenuto nel volume Un sol popolo. Breve ma veridica storia della Massoneria internazionale, a cura di Giovanni Greco –, ricorda come la Libera Muratorìa giunse nel Messico coloniale verso la fine del XVIII secolo, attraverso emigranti francesi stabilitisi a Città del Messico, presto accusati e condannati per la loro appartenenza all’Ordine dall’inquisizione locale.

L’autore di questo dotto articolo ricorda, peraltro, che nonostante sia pressoché impossibile stabilire con certezza un’effettiva presenza massonica antecedente al XVIII secolo, è nondimeno plausibile ipotizzare la presenza di focolai latomistici collegati all’esercito spagnolo distaccato nella Nuova Spagna.

Parimenti, è da reputare possibile che esistessero, all’interno del movimento creolo autonomista prima, indipendentista poi, personaggi vicini o financo affiliati alla Libera Muratorìa.

Ora, come già evidenziato nel contributo sulla storia dell’Istituzione massonica statunitense, la Massoneria – che possiede proprie linee di sviluppo interne, temi e scansioni suoi che non necessariamente coincidono con i temi e le scansioni della storia profana – interagisce con la storia dialetticamente, sicché anche in un paese come il Messico, laddove il conseguimento dell’unità e l’indipendenza nazionale erano ancora da realizzare e completare, essa si sarebbe sviluppata unitariamente non solo con la diffusione degli ideali rivoluzionari e indipendentisti, ma anche con le complesse dinamiche che contraddistinsero l’evoluzione dello Stato messicano come, del resto, è possibile desumere dagli avvenimenti presentati in questo breve articolo.

Nel volume Histoire générale de la Franc-Maçonnerie, Paul Naudon scrive che la prima effettiva loggia massonica operante dal 1806, sul suolo messicano, fu la ‘Arquitectura Moral’, i cui appartenenti si riunivano periodicamente all’interno di un’abitazione in Calle de las Ratas a Città del Messico.

Peraltro continua l’autore francese nelle pagine dedicate alla storia della Massoneria messicana, la robusta espansione della Libera Muratorìa in tale aera dell’America centrale avrebbe portato alla creazione, nel 1813, della Gran Loggia del Messico – legata al Rito Scozzese Antico ed Accettato –, avente come Gran Maestro, Don Felipe Martinez Aragon.

Ebbene, in quale modo si arrivò a questo importante avvenimento? Per comprendere come la Massoneria ‘scozzese’[1][1] giunse nel Messico, è opportuno soffermarsi brevemente su quanto accadde in Spagna negli anni precedenti al 1813.

Nel 1808, dopo che Giuseppe Bonaparte aveva ottenuto la corona di Spagna, la Libera Muratorìa si era andata radicando nella Penisola iberica attraverso i reggimenti francesi che contavano ciascuno una loggia castrense: le officine si sarebbero così inserite nel territorio d’occupazione mentre gli affiliati avrebbero stretto rapporti con le autorità civili che, a loro volta, non avrebbero ostacolato la nascita di logge locali.

Sempre nello stesso anno, in Spagna veniva introdotto – per opera del conte francese Alexandre François Auguste de Grasse-Tilly – il Rito Scozzese Antico ed Accettato, attraverso la costituzione, ad Aranjuez, del primo Supremo Consiglio.

Questa rilevante e policroma diffusione della Libera Muratorìa in terra spagnola avrebbe portato la stessa Istituzione sia a ergersi come antitesi dell’inquisizione e del dispotismo religioso, sia come portatrice di valori illuministici e rivoluzionari.

Questi avvenimenti provocarono un grande fermento anche nell’area del Messico, laddove si verificò non solo un incremento dei sentimenti in favore dell’indipendenza, ma anche una crescita della stessa Massoneria.

Nonostante ciò, gli appartenenti alla Gran Loggia del Messico erano maggiormente orientati alle posizioni della politica spagnola, per cui in seno a questa Obbedienza prendeva corpo l’idea di formare un sistema governativo che rappresentasse la Madrepatria, nonché l’ipotesi di riformare il clero cattolico.

In parallelo allo sviluppo della Massoneria ‘scozzese’ e alla successiva nascita della Gran Loggia del Messico, erano andate sorgendo logge massoniche che lavoravano secondo il Rito di York. Per influsso della Massoneria statunitense – in particolare delle Gran Logge di Louisiana, di New York e di Pennsylvania – tra il 1816 e il 1823 furono innalzate le colonne di numerose officine nelle città di Veracruz, Campeche, Alvarado e Città del Messico.

In esse, i liberi muratori potevano lavorare grazie alle patenti di costituzione concesse dal ministro plenipotenziario statunitense Joel Roberts Poinsett, già Gran Maestro della Gran Loggia del South Carolina, che, nel 1823, avrebbe promosso l’incontro – nella capitale del Messico – di trentasei maestri massoni affinché venissero gettate le basi per la creazione di un’ulteriore Gran Loggia.

La Gran Loggia Messicana, operante secondo il Rito di York, venne così fondata nel 1825, con circa novanta officine sparse per la Nazione.

Ora, seppur l’intento iniziale fosse quello di mantenere le distanze dalla vita politica del giovane Stato messicano – solamente un anno prima (1824), la nuova Repubblica si era dotata di una costituzione federale, mentre il generale Guadalupe Victoria era stato eletto presidente della Nazione –, in realtà, la presenza tra gli appartenenti alla Gran Loggia Messicana, di un senatore, del segretario di stato, del sottosegretario alla giustizia e, soprattutto, del presidente Victoria, portarono anche questa Obbedienza ad assumere posizioni di carattere prettamente politico.

Alla Massoneria ‘di York’ iniziarono così a guardare i federalisti-liberali, favorevoli all’istituzione della repubblica, che in breve tempo incontrarono l’opposizione dei massoni ‘scozzesi’, ovvero i rappresentanti delle famiglie aristocratiche spagnole, buona parte del clero cattolico e molti ufficiali dell’esercito, propensi a favorire misure politiche moderate e ad appoggiare un governo centrale di tipo monarchico e costituzionale.

Questo portò alla polarizzazione dei messicani nelle due inconciliabili fazioni di ‘Escocéses’ e ‘Yorkinos’, che rese assai instabile non solo l’esistenza della Massoneria messicana, ma anche del governo della giovane Nazione.

In breve, il partito federalista era al potere e la presidenza della Repubblica era stata affidata a Guadalupe Victoria, appartenente – come scritto – al gruppo degli ‘Yorkinos’, mentre Ministro de Hacienda (ministro delle finanze) era José Ignacio Esteva, Gran Maestro della Gran Loggia Messicana; di contro, il vicepresidente della Repubblica era il generale Nicolas Bravo, non solo rappresentante dei centralisti-conservatori, ma soprattutto Gran Maestro della Gran Loggia del Messico.

Il vero e proprio scontro tra le due Obbedienze si ebbe tra il 1825 e il 1828, nella contrapposizione tra il ministro Esteva e il generale Bravo (i due Gran Maestri): in questi anni furono gli ‘Yorkinos’ a ottenere la maggior parte dei consensi, con venticinque logge e settecento affiliati nel 1826, mentre gli ‘Escocéses’ formarono il gruppo dei Novenarios, una sorta di milizia che ebbe tra i suoi ranghi una parte consistente del clero.

Tuttavia, la propaganda attuata da ambedue le Massonerie, volta all’ottenimento di consenso e di un numero maggiore di affiliati, non poteva che portare a una netta riduzione – o financo a un azzeramento – della qualità degli appartenenti.

Fu così che il sistema massonico messicano degenerò in mere questioni di partito; accanto alle differenze politiche ve ne erano, peraltro, di ulteriori che andavano ben oltre quelle squisitamente latomistiche.

Gli ‘Escocéses’, infatti, tenevano celebrazioni religiose in onore della Vergine Del Pilar – titolo con cui viene venerata, nel santuario di Saragozza, in Spagna, la Vergine Maria –, mentre gli ‘Yorkinos’ organizzavano simili dimostrazioni in onore della Vergine di Guadalupe.

Sicché, era possibile assistere, nella capitale, a manifestazioni dove massoni ‘scozzesi’ e ‘di York’ si accusavano vicendevolmente anche di ‘eresia’.

Nondimeno, fu al termine del 1827 che si arrivò all’apice di questa diatriba, contrassegnato da uno scontro armato: Bravo, sostenuto dagli ‘Escocéses’ che volevano l’espulsione dell’ambasciatore statunitense Poinsett[2][2] e una riorganizzazione del governo, sollevò una rivolta armata (la Rivoluzione di Tulancingo) contro Victoria.

Tuttavia essa fallì nel gennaio 1828; ciò comportò il conseguente esilio del generale e dei suoi ma, soprattutto, la decadenza della Massoneria ‘scozzese’.

Guadalupe Victoria fu così in grado di portare a termine il proprio mandato che sarebbe finito nell’aprile 1829.

Il successore di Victoria, fu Vincente Guerrero: anch’egli appartenente, come il predecessore, alla Gran Loggia Messicana (Massoneria ‘di York’), assunse il potere con un colpo di stato.

Nonostante infatti la vittoria elettorale ottenuta dal generale Manuel Gòmez Pedraza – il quale non apparteneva né al gruppo degli ‘Yorkinos’, né a quello degli ‘Escocéses’ –, Guerrero riuscì, con il supporto del generale Antonio Lopez de Santa Anna e del politico Lorenzo de Zavala, a ottenere la carica presidenziale.

Seppur in carica per meno di un anno, egli, nel tentativo di arginare la contrapposizione tra le due Obbedienze, ordinò attraverso una legge la chiusura di tutte le logge; e però, mentre le logge degli ‘Yorkinos’ sospesero le proprie attività, gli ‘Escocéses’ proseguirono i loro lavori: molte vennero soppresse con la forza e diversi spagnoli furono costretti ad abbandonare il paese.

Questa lotta intestina aveva inciso fortemente sulla Comunione; proprio nei primi anni di questa discrepanza, vi era stato il tentativo di superare le divergenze creando una Massoneria che andasse a unificare le due Obbedienze: nato ufficialmente il 22 agosto 1825, il Rito Nazionale Messicano, che conteneva innovazioni e princìpi spesso contrastanti con la dottrina massonica e che non avrebbe mai ottenuto il riconoscimento dalla comunità massonica internazionale, era stato istituito da nove liberi muratori appartenenti a entrambi i gruppi rivali.

Il suo pronunciato carattere nazionale e l’indipendenza da qualsiasi Gran Loggia straniera – aspetti espressi nelle sue Costituzioni – avevano sì lo scopo di evitare ogni ulteriore antagonismo politico, ma anche l’obiettivo di eludere l’intervento di forze straniere nell’ordine e nella politica del paese.

Lorenzo Belli Mussini

Bibliografia essenziale:

  1. F. Gould, Freemasonry in Mexico, Whitefish 2003.
  2. Herring, Storia dell’America latina, Milano 1971, pp. 403-541.
  3. M. Mateos, Historia de la masonería en México. Desde 1806 hasta 1884, México 1983.
  4. Naudon, Histoire générale de la Franc-Maçonnerie, Paris 2004, pp. 203-205.
  5. Ripari, La Massoneria in Messico, in Un sol popolo. Breve ma veridica storia della Massoneria internazionale, a cura di G. Greco, Bologna 2012, pp. 288-302.

M. E. V. Semadeni, La masonería en México, entre las sociedades secretas y patrióticas, 1813-1830, in ‘REHMLAC’, Vol. 2, n. 2, Diciembre 2010-Abril 2011, pp. 19-33.

[1][1] Per snellire la terminologia e facilitare la lettura del testo, verranno utilizzati gli aggettivi ‘scozzese’ e ‘di York’ per indicare, da una parte, la Massoneria legata al RSAA, dall’altra, quella legata al Rito di York.

[2][2] Come suggerisce Hubert Herring nelle pagine del suo libro dedicate alla storia del Messico, la contrapposizione tra Massoneria ‘scozzese’ e ‘di York’ si inseriva nel pieno della rivalità, sul piano commerciale, tra Inghilterra e Stati Uniti. Se questi ultimi avevano inviato in Messico, come figura di riferimento, Joel Robert Poinsett che, come scritto, avrebbe favorito la nascita della Gran Loggia Messicana, di contro l’Inghilterra aveva inviato, per rafforzare la propria posizione, il politico e diplomatico Henry George Ward che, a sua volta, avrebbe sostenuto la Massoneria ‘scozzese’. Cfr. H. Herring, Storia dell’America latina, Milano 1971, pp. 416-417.