Ma volete mettere a confronto il fast food e un buon brasato?

Le sensazioni sono tante, anche bizzarre e contraddittorie, partendo dal fatto che sono calabrese, ma genovese adottivo e dunque provo un pizzico di orgoglio nel ricordare il 1492, anche se in Cristoforo Colombo non c’era la minima consapevolezza di aver scoperto l’America.

Detesto l’influenza massiccia, ingombrante e perversa, che gli americani hanno esercitato su di noi.

Hanno distrutto – nelle nuove generazioni – il gusto di coltivare, apprezzare la nostra grande cucina tradizionale.

Le nonne e anche qualche mamma mettevano le pentole sui fornelli e lì le lasciavano, per ore e ore: la buona pietanza nasce dalla lunga cottura.

Ora, invece, dilaga il maledetto fast food.

Capisco che anche un hot dog sia ogni tanto godibile, però…

Volete mettere la superiorità di un buon brasato?

Gli americani hanno distrutto anche la moda: una maglietta e un paio di jeans, e via.

Che scoperta, poi, i jeans: nacquero – rieccomi a Genova – come pantaloni di tela semplice, per i camalli del porto.

Capisco che fare a meno della cravatta sia piacevole, però…

L’eleganza esige un minimo di sacrificio o dobbiamo arrenderci alla concretezza dei praticoni d’oltre oceano?

Che ci hanno invaso anche con la loro musica: è intollerabile che i nostri ragazzi sappiano tutto di Madonna e Lady Gaga, e molto meno, per non dire niente, di Verdi e Rossini.

Ma l’oltraggio maggiore arriva dalla lingua, ed è irrimediabile: forse in futuro si parlerà cinese, per ora l’inglese sta occupando ogni spazio.

Mi oppongo, per quanto mi riguarda.

Ma è come fermare il vento con le mani o asciugare il mare portando via l’acqua con un secchiellino.

Qualcuno mi dovrebbe spiegare perché ‘ok’ è ormai la parola più usata universalmente.

A noi italiani non basterebbe dire ‘sì’ o ‘va bene’?

Mi è piaciuto immensamente vedere per la prima volta i grattacieli – ebbi una sensazione di sgomento e meraviglia, come di fronte a un tramonto romano o a un ghiacciaio alpino, per di più pensando che tramonti e ghiacciai sono opere della natura, ma i giganteschi grattacieli nascono dalla fantasia e dalla perizia degli uomini.

E tuttavia detesto molte, troppe cose di matrice americana.

Adoro la loro giovane letteratura, Hemingway e Faulkner, Steinbeck e John Fante (di origine italiana…).

Ma mi vengono pensieri cupi al ricordo delle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki.

Poi immediatamente ricordo che la nostra libertà è dovuta al loro intervento nella seconda guerra mondiale.

Mi avete chiesto sensazioni.

E le sensazioni sono roba di pelle, né di cuore né di cervello.

Quindi aggiungo che, come appassionato di gioco d’azzardo, per me Las Vegas è una mecca, più di Macao (dove non si parla una parola di inglese).

Ma anche che, al ristorante, mi sento in imbarazzo quando da una tavolata piena di americani esplodono grida e risate, a getto continuo, e prive di una pur minima motivazione.

Robetta, direte.

Ma questo è, e non ci vuole una gran astuzia di scommettitore, per capire che questo ancor più sarà, in futuro.

Saremo sommersi da risate e hot dog?

Cesare Lanza