Il vino a Varese

In forma di lettera, il prezioso intervento dell’ottimo e caro amico Lorenzo Benzi la persona che meglio conosce il tema. – MdPR

* * * * *

Caro Berrini,

mi chiedi notizie sulla presenza dell’attività vinicola a Varese e, saccheggiando la memoria, posso darti qualche dato .

Dopo  che la filossera ebbe distrutto gran parte dei vigneti anche nel Varesotto , la viticultura non riprese più nella nostra zona l’importanza di prima per diversi motivi.

Innanzitutto la mano d’opera si orientava verso le aziende manifatturiere  ed in secondo luogo  molti terreni agricoli pian piano venivano utilizzati o per altre coltivazioni o assorbiti dall’espansione delle costruzioni civili e industriali.

Tuttavia il vino si beveva e molti immigrati meridionali pretendevano e preferivano i vini del Sud Italia .

Vuoi per ragioni di prezzo, per ragioni di gradazione alcolica, per la richiesta specifica dei consumatori immigrati, il Varesotto , il Comasco  e intorno a Bergamo, dove non c’era più uva, si diffuse il consumo di quel vino chiamato ‘Squinzano’  non perché fosse prodotto da uve coltivate nell’agro di Squinzano, ma perché da quella stazione ferroviaria, vicina a Lecce, partivano tutti i carri ferroviari contenenti il vino diretto al Nord.

Lo ‘Squinzano’ prodotto perciò nella penisola Salentina, prevalentemente con uva Negroamaro e poca Malvasia, piaceva in modo particolare perché di sapore meno terroso e tannico di quello del Barlettano  dove albergavano altri vitigni

La Sicilia era troppo lontana e non conveniente per l’alto costo del trasporto.

Le aziende vinicole del Varesotto incominciarono non solo a distribuire vini meridionali comperati attraverso mediatori di aziende del Sud ma trovarono conveniente aprire direttamente cantine di produzione nel Salento acquistando direttamente l’uva dai coltivatori .

Allora Sciarini, con  sedi a Varese e Gallarate, aveva un stabilimento a Squinzano  così come Clerici di Malnate, Monti di Gallarate a S. Pietro Vernotico ,  Bottinelli e Benzi a Guagnano, Rota di Gallarate a S. Donaci, Macchi a Rapolla, per citarne alcuni, oltre ai Cinquepalmi con sede a Varese e cantina a Trani   loro paese di origine.

Allora il consumo medio pro-capite era di centocinque (105) litri all’anno ed il vino era un alimento che non mancava mai sulla tavola di famiglia.

Era invalsa anche l’abitudine di produrlo personalmente, per chi aveva spazio in campagna, acquistando uve che provenivano direttamente dal Salento  nella seconda quindicina di Settembre e poi dalla Basilicata  due o tre settimane dopo.

A questo proposito, cioè di trasformare qui nel Nord direttamente l’uva  proveniente dal Sud  in vino, hanno avuto un ruolo particolare i Circoli che, luogo di aggregazione e riposo dopo il lavoro in fabbrica, facevano a gara chi avesse il prodotto migliore.

Di qui poi sintetizzo.

La facilità dei trasporti  ha eroso nella nostra zona questa abitudine di consumare vini meridionali.

I palati si sono raffinati, le abitudini alimentari sono cambiate, il consumatore fortunatamente è sempre più esigente e trova centinaia di etichette esposte nei supermercati.

Le aziende produttrici hanno perfezionato al massimo i sistemi di vinificazione e imbottigliamento e oggi si trovano generalmente buoni vini a prezzi convenienti.

Il consumo pro-capite  è sceso sotto i quaranta (40) litri all’anno ma, fortunatamente per i produttori di uva è aumentata moltissimo l’esportazione che ha compensato la differenza.

Sono sparite tutte le aziende prettamente vinicole nella nostra zona. Qualcuna per adeguarsi al mercato si è messa a distribuire oltre a vino anche acqua  birra e bevande in genere mantenendo comunque viva l’antica competenza vinicola.

Ma tutta la passione per il vino a Varese si è concretizzata in una azienda  oggi leader nel mondo, l’Enoplastic, attraverso il suo fondatore recentemente scomparso Piero Francesco Macchi, titolare un tempo con i fratelli Angelo e Cecchino  della sopra citata  Vini Macchi con sede a Casbeno e stabilimento a Rapolla in Basilicata.

Piero Macchi, uomo di grande genio e di raro intuito, ebbe la capacità di utilizzare la materia plastica per produrre prima le chiusure per le damigiane, poi per abbellire e sigillare le bottiglie con chiusura di garanzia per non parlare dei tappi da spumante e poi da vino.

Ma sopra tutto inventò anche le macchine necessarie alla produzione!

I prodotti di Enoplastic oggi coprono il quindici per cento del mercato mondiale con stabilimenti oltre che a Bodio Lomnago anche in Nuova Zelanda, Australia, California e Spagna.

Ma tutto questo successo mondiale, va ricordato, non sarebbe avvenuto se Piero Macchi non fosse stato contagiato dal vino  a Varese nell’azienda di famiglia e dalla passione per il prodotto.

E a proposito di passione si deve dare atto a pochi coraggiosi che in Provincia, oserei dire nuovi pionieri,  cercano di riportare  in alto la antica immagine di Varese come zona viticola.

La passione li domina, la qualità dei vini man mano sta crescendo e qualcuno è veramente meritevole di segnalazione.

A loro vada tutto il nostro augurio e sopra tutto il nostro concreto aiuto nel chiedere nei ristoranti le loro bottiglie.

Lorenzo Benzi