E’ necessario parlare di una minoranza che fa parte intimamente della nostra vita e della nostra Storia.
Se raggruppiamo sotto questo nome tutte le comunità definite secondo i luoghi e le epoche con i nomi di Bohémiens, Gitani, Tzigani, Zingari, Nomadi…l’Europa è abitata da circa dieci milioni di Rom.
Il loro insieme costituisce la più importante minoranza etnica del continente.
I Rom, in maggioranza, abitano nel centro Europa e rappresentano circa il dieci per cento della popolazione sia in Romania che in Bulgaria, in Ungheria e Slovacchia senza dimenticare il cinque per cento in Serbia e il tre per cento della Repubblica Ceca.
Sono presenti in tutta l’area balcanica, in Europa orientale e in Turchia.
Da molto tempo sono penetrati oramai nell’Europa occidentale.
Oggi la loro provenienza è stata chiaramente identificata: si tratta, all’origine, di popolazioni appartenenti a comunità di “Intoccabili” che migrarono dal nord dell’India fin dall’Alto Medio Evo.
Se ne ritrovano ancor oggi in India tra quelle comunità marginali che furono definite “criminali” dalla legislazione coloniale britannica e sottoposte, come tali, a speciali restrizioni.
La quasi totalità dei Rom è diventata sedentaria e ha adottato, nel tempo, le lingue, le religioni e i costumi dei luoghi in cui si sono installati.
Una parte di essi si fonde continuamente nel proprio “contesto” e contribuisce così al diluirsi del sentimento di identità.
Gli altri si distinguono ancora dalle popolazioni che li circondano per le condizioni di vita precarie e le “stimmate” della discriminazione.
Si distinguono anche tra loro, a volte fortemente, per la professione, lo stato sociale, l’origine, i dialetti che hanno mantenuto ecc.
A onor del vero dobbiamo dire che, durante il periodo del comunismo, in Europa centro-orientale hanno goduto di grandi tentativi e sforzi di integrazione in nome della solidarietà proletaria. Gli stravolgimenti di regime del 1989 hanno, di conseguenza, portato una regressione nelle condizioni di vita di molti di loro.
I Rom che migrano in questo momento verso l’Europa occidentale in cerca di una vita migliore appartengono, essenzialmente, a comunità di tipo tradizionale, scarsamente educate, abitanti in zone rurali o periurbane e vittime di importanti manifestazioni di rigetto come da reti interne di tipo mafioso.
Pertanto è doveroso constatare che il loro arrivo pone dei problemi, a volte seri problemi, al nuovo vicinato.
Affrontare questi problemi rientra nelle competenze, certo, dei tutori dell’ordine pubblico, ma anche e soprattutto di una politica di integrazione il cui sforzo, nel lungo termine, deve partire da tutti i Paesi dell’Unione relativamente alla loro capacità contributiva.
L’Europa non può dimenticare (deve sapere) che questa popolazione, parte essa stessa dell’Europa, ha subito, durante il nazismo un tentativo di genocidio e, lungo tutta la sua storia, forme di schiavitù, di sfruttamento e di persecuzione inaccettabili.
Francois Nicoullaud