Breve profilo storico della Massoneria statunitense

Per poter comprendere, ancorché parzialmente, il ruolo che la Massoneria svolse nella storia statunitense, è opportuno soffermarsi su uno dei primi passaggi della Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America, firmata a Philadelphia, il 4 luglio 1776.

“We hold these Truths to be self-evident, that all Men are created equal, that they are endowed by their Creator with certain unalienable Rights, that among these are Life, Liberty and the pursuit of Happiness.”[1]

Di primo acchito, non si può non cogliere, in tale estratto, un’influenza di uomini che, nel pensare e ratificare questo documento, avevano consacrato totalmente loro stessi alle cause di libertà, uguaglianza e fratellanza.

In particolare, la presenza di nove massoni – che manifestarono la loro fedeltà ai valori della Libera Muratorìa – all’interno dei cinquantasei firmatari della Dichiarazione d’indipendenza, determinò la piena armonia del Trinomio massonico con la nuova Repubblica americana, promuovendo altresì una graduale incorporazione dei principi latomistici nella cultura del Paese.

Ora, come si giunse all’assimilazione di tali suggestioni e quale fu il processo che portò la Libera Muratorìa nei futuri Stati Uniti?

La Massoneria vive nella storia e con essa interagisce dialetticamente, sicché per affrontare il rapporto tra l’Istituzione e lo Stato americano non si può prescindere dalle prime testimonianze di presenze massoniche nelle colonie.

Già prima del 1717 (anno di fondazione della Gran Loggia di Londra), la vita massonica era attiva in diverse parti del mondo.

Nel 1682, lo scozzese John Skene, membro dal 1670 di una loggia di Aberdeen in Scozia, era emigrato nelle colonie inglesi d’America, stabilendosi a Burlington nel New Jersey, provincia di cui fu anche vice-governatore.

Tuttavia, il primo massone nato nei futuri Stati Uniti fu Jonathan Belcher di Boston che venne iniziato in una ‘Society of Masons’ londinese nel 1704 e che, rientrato in patria, si distinse sia come libero muratore, sia – e soprattutto – come governatore regio in molte colonie, tra le quali Massachusetts, New Hampshire e, dal 1747, New Jersey.

A confermare la crescente presenza massonica nell’area americana fu Benjamin Franklin che, all’interno di un articolo del ‘The Pennsylvania Gazzette’ dell’8 dicembre 1730, affermava: “As there are several lodges of Free Masons erected in this Province, and people have lately been much amused with conjectures concerning them, we think the following account of Free Masonry, from London, will not be unacceptable to our readers”[2].

Che Franklin fosse a conoscenza di embrioni di associazionismo massonico è più che probabile; e però, è quantomeno possibile che le considerazioni dell’editore americano, relative a “several lodges”, concernessero un gruppo di liberi muratori riunitosi presso la King’s Chapel di Boston intorno al 1720 e, soprattutto, al mandato, concesso dal Gran Maestro d’Inghilterra, il duca di Norfolk, il 5 giugno 1730 – con effetto dal 24 giugno 1731 –, che portò alla nomina del colonnello Daniel Coxe a Gran Maestro Provinciale di New York, del New Jersey e di Pennsylvania; provincia, quest’ultima, dove esisteva la loggia Saint John di Philadelphia.

Lo stesso Franklin, peraltro, venne iniziato alla Massoneria nel 1731, ricoprendo successivamente, il ruolo di Gran Maestro Provinciale della Pennsylvania nel 1734 e, soprattutto, adoperandosi fattivamente per la pubblicazione della prima edizione delle Costituzioni di Anderson nelle colonie, avvenuta nel 1734.

La diffusione delle logge – nonché del pensiero massonico – nelle colonie si svolse in modo naturale: in breve tempo, sorsero diverse Grandi Logge, alcune riceventi l’autorizzazione da parte della Gran Loggia di Londra, altre in fase di evoluzione.

Nel luglio del 1733, il Gran Maestro inglese – il visconte Montagu – riconobbe ufficialmente la loggia Saint John di Boston, nominando peraltro Henry Price Gran Maestro Provinciale dell’America del Nord.

Costui divenne il punto di riferimento per la Massoneria inglese nelle colonie, sicché per ottenere il riconoscimento di Londra, era necessario rivolgersi a Price.

Tuttavia, al pari dei massoni inglesi, anche quelli che andavano fondando logge a Boston, Montserrat, Philadelphia, Savannah, Charleston, Portsmouth, New York et cetera, seguirono l’evolversi scismatico della Madrepatria, dividendosi in ‘Ancient’ e ‘Modern’. Dal 1751, infatti, si era prodotto uno scisma che aveva diviso i massoni inglesi in ‘Antichi’ e ‘Moderni’.

I primi, che non avevano voluto aderire alle Costituzioni del 1723, si riferivano in maggioranza ai Landmarks – princìpi inviolabili – della Loggia di York, che pretendeva di esistere sin dal X secolo. Costoro crearono pertanto una seconda Gran Loggia, quella degli ‘Antichi’ appunto, composta per lo più da Irlandesi e Scozzesi che si opponevano ai massoni ‘Moderni’ raggruppati nella Gran Loggia di Londra.

Le radicali trasformazioni che sorsero allorquando nei futuri Stati Uniti cominciò l’epoca delle rivoluzioni coinvolsero anche la vita delle logge.

In particolare, fu la separazione secondo i due sistemi inglesi a portare una contrapposizione all’interno delle varie officine.

In sintesi, nelle logge dei ‘Moderni’, coloro che ricoprivano la carica di maestro venerabile erano prevalentemente i governatori regi, gli alti ufficiali e gli impiegati, cioè coloro che non volevano rompere con l’Inghilterra.

Di contro, fra gli ‘Antichi’, si trovava la maggior parte dei propugnatori dell’indipendenza: era tra le fila di questi che andava concretizzandosi l’idea degli Stai Uniti d’America.

In tal senso, la Libera Muratorìa fu uno dei principali germi da cui sarebbero sorti gli USA: occorre, infatti, sottolineare che i rappresentanti delle diverse colonie sceglievano le logge come luogo d’incontro, terreni comuni preposti al dialogo, ove era necessario mitigare il fervore e il trasporto che caratterizzavano gli animi dei protagonisti nella vita profana.

In tale contesto, le logge Saint John di Philadelphia e Saint Andrew di Boston – fondata nel 1752, con l’autorizzazione della Gran Loggia di Scozia – rispecchiavano, seppur parzialmente, la divisione tra ‘Moderni’ (Saint John) e ‘Antichi’ (Saint Andrew).

Parallelamente alla diffusione nelle colonie, l’Arte muratoria si era andata sviluppando anche nell’esercito britannico, sin dal 1732, sotto forma di logge ‘da campo’.

Tali officine erano, anzitutto, itineranti e trasportavano insegne e arredi nelle medesime casse che contenevano le bandiere del reggimento e altri oggetti a uso prettamente militare.

La prima loggia nell’esercito britannico venne fondata nel 1732 nel Reggimento di fanteria Royal Scots, mentre nel 1755 ve ne sarebbero state ben ventinove, quasi tutte autorizzate dalla Gran Loggia d’Irlanda.

Ma la Massoneria si era, del resto, andata a insediare anche negli alti comandi militari e negli altri gradi dell’amministrazione civile e, soprattutto, si era andata mescolando con le giovani logge già istituite nelle colonie, riuscendo così a permeare l’amministrazione, la società e la cultura coloniale, diffondendo pertanto una mentalità, un insieme di valori da cui prendeva sempre più corpo l’idea di una nazione indipendente.

Così, attorno alla loggia Saint Andrew, che si riuniva dal 1752 presso i locali della taverna Green Dragon di Boston, si andavano raccogliendo diverse figure che appartenevano anche a organizzazioni orientate all’indipendenza delle colonie dall’Inghilterra – su tutte, la Sons of Liberty.

Tra i protagonisti di maggiore rilievo si ricordano Paul Revere, John Hancock, Joseph Warren (maestro venerabile della Saint Andrew), James Otis e William Daves.

Oltretutto, tra i promotori del Tea Boston Party del 1773 e tra i numerosi partecipanti dello stesso, nutrita era la componente affiliata alla loggia di Boston.

In seguito all’episodio testé citato, nel 1774 i coloni nord-americani stabilirono di riunirsi nel primo Congresso continentale di Philadelphia, con l’obiettivo di chiudere ogni relazione commerciale con l’Inghilterra; a reggere l’incarico di presidenza di tale Congresso era Peyton Randolph, Gran Maestro Provinciale della Virginia.

Nell’aprile 1775, le tensioni tra le due parti accrebbero e uno scontro armato tra i coloni da una parte e l’esercito inglese dall’altra tramutò una resistenza pressoché episodica in una vera e propria guerra d’indipendenza dalla corona inglese.

Qualche mese più tardi, il secondo Congresso continentale di Philadelphia, sotto la presidenza di Randolph e, successivamente, di John Hancock – membro della Saint Andrew, come visto –, deliberò la formazione di un esercito nominando George Washington, un eminente massone iniziato a Fredericksburg in Virginia nel 1752, comandante in capo.

Una volta ricevuto tale incarico, Washington decise di affidare i distaccamenti autonomi a ufficiali appartenenti alla Massoneria; ciò che tuttavia preme sottolineare è che tutti questi liberi muratori si riunivano regolarmente nelle logge ‘da campo’, che erano simili sia presso i distaccamenti sia presso le truppe.

Le officine dell’esercito costituivano un legame di rara forza per le schiere di soldati della libertà, disordinatamente mescolati tra loro: il semplice combattente che apparteneva alla loggia militare si sentiva fraternamente legato al comandante supremo o ai suoi generali e ufficiali massoni.

Quando nel 1776 il conflitto assunse ormai proporzioni elevate, le fazioni di orientamento massonico più moderate, che ancora prevalevano all’interno del Congresso continentale e che in principio non erano favorevoli a una rottura definitiva con l’Inghilterra, iniziarono a mutare la propria posizione, avvicinandosi agli indipendentisti.

Sicché, d’innanzi alla preponderanza dell’elemento autonomista, il Congresso dispose di nominare un comitato che redigesse una bozza di dichiarazione d’indipendenza, documento che venne ratificato il 4 luglio 1776.

Nel febbraio 1783, il governo britannico proclamò ufficialmente la fine delle ostilità, mentre con il trattato di Parigi del 3 settembre del medesimo anno, venivano riconosciute le colonie ribelli come nazione indipendente: gli Stati Uniti d’America.

Durante la guerra d’indipendenza, la Massoneria aveva svolto un ruolo fondamentale: essa si era servita dell’attività politica e financo rivoluzionaria, aveva trasmesso i suoi valori all’esercito, aveva rappresentato un forte legame con la Massoneria straniera e con i volontari degli eserciti francese e spagnolo; infine, aveva dispiegato gli ideali di libertà, uguaglianza, fratellanza, tolleranza, dando forma e contenuto ai quei princìpi illuministici che si erano sviluppati in Europa sul finire del XVII secolo e che sarebbero perdurati per tutto il XVIII secolo.

La Comunione massonica sarebbe ulteriormente progredita dopo la guerra d’indipendenza: essa divenne inestricabilmente legata alle istituzioni politiche sia per il bene delle logge sia per quello della Nazione.

L’affermazione e la celebrazione dei valori latomistici avrebbero avuto un riverbero considerevole per l’esperienza che avrebbe portato alla creazione di un governo autonomo.

Quattro dei quattordici presidenti del Congresso continentale erano affiliati alla Massoneria, dei nove firmatari già si è scritto, mentre tredici dei trentanove sottoscrittori della Costituzione della Repubblica e trentatré dei settantaquattro generali dell’esercito continentale erano liberi muratori.

La presenza di massoni durante le inaugurazioni di edifici pubblici, religiosi e privati, come la Casa Bianca, il Campidoglio, divenne un fatto abituale; proprio per la fondazione di quest’ultimo, tenutasi il 18 settembre 1793, il presidente George Washington, vestito con le insegne di maestro onorario della sua loggia di appartenenza, era a capo della processione pubblica.

Ma al pari della società americana, anche la Libera Muratorìa recava in sé alcune contraddizioni: nonostante un atteggiamento di costante attenzione verso le ingiustizie sociali, pressoché opposta era l’effettiva posizione dalla Massoneria nella città di Boston, dove i membri negavano l’accesso a uomini che non venivano considerati come loro eguali.

Questa indifferenza fu, invero, una della motivazioni che portò alla nascita della Massoneria Prince Hall.

Prince Hall era un esponente di spicco della comunità afroamericana di Boston che venne iniziato alla Libera Muratorìa insieme a quattordici uomini (anch’essi originari dell’Africa) in una loggia ‘da campo’ – Irish Militia n. 441, riconosciuta dalla Gran Loggia d’Irlanda -, durante l’occupazione inglese della città del Massachusetts, nel 1775.

Terminata la rivoluzione e dopo che il reggimento a cui si riferiva la loggia abbandonò la città, Prince Hall e i suoi confratelli organizzarono (su permesso del maestro venerabile dell’Irish Militia) una propria officina, la African Lodge n. 1, e si rivolsero a Londra per ottenere un riconoscimento, che sarebbe giunto nel 1784.

L’evento ebbe una particolare rilevanza per tutta la comunità afroamericana di Boston che si sentiva meno emarginata da una popolazione bianca, di fatto ancora portata a considerare le persone di colore come schiavi privi di diritti.

Negli anni successivi, Prince Hall si adoperò alacremente per tutta la comunità di cui faceva parte, facendosi promotore dell’istruzione per i bambini di colore e dell’integrazione con la popolazione bianca.

La diffusione della Massoneria tra le comunità afroamericane portò le varie logge che erano sorte negli anni successivi alla creazione dell’African Lodge, a organizzarsi in National Grand Lodge che, successivamente, avrebbe assunto il nome di Prince Hall Grand Lodge e si sarebbe diffusa in numerosi Stati federali[3].

Nel contempo, dopo una prima fase di assestamento, si andava sempre più delineando uno sviluppo dell’Unione in piena armonia con il sorgere di numerose Grandi Logge – una per Stato secondo il principio della ‘giurisdizione territoriale esclusiva’, secondo il quale per ogni territorio di uno Stato doveva esistere una sola Obbedienza massonica.

Ma fu proprio in questo momento di crescita condivisa tra l’Istituzione e la Nazione che si verificò, nel 1826, un episodio che provocò un ripiegamento della Massoneria statunitense.

William Morgan, un tagliapietre della piccola città di Batavia nello Stato di New York, aveva manifestato il desiderio di pubblicare un libro sulla Libera Muratorìa, nella quale fossero racchiusi tutti i rituali, i segni di riconoscimento e i simboli.

Per siffatto motivo, egli entrò in contrasto con i massoni della città, i quali invitarono – attraverso una serie di articoli sul giornale di Batavia, ‘Spirit of the Times’ – Morgan a desistere dal pubblicare il testo.

Peraltro, la tipografia Miller, che prendeva il nome dal proprietario che si era offerto di supportare Morgan nella pubblicazione del testo, fu più volte oggetto di vandalismi da parte di alcuni liberi muratori della città.

In questo clima di tensione, un gruppo di fratelli decise di procedere con l’imprigionamento di Morgan – con la scusa di un indebitamento – onde fargli mutar proposito.

Fu tuttavia immediatamente liberato e condotto dai suoi ‘salvatori’ (nuovamente alcuni massoni di Batavia) verso Fort Niagara, in Canada, dove scomparve in modo inesplicabile.

Prontamente l’opinione pubblica affermò che Morgan era stato assassinato, di conseguenza non solo i rapitori vennero incarcerati, ma soprattutto si scatenò un’accesa opposizione nei confronti della Massoneria, ritenuta responsabile dell’accaduto.

Clericali, battisti, mennoniti, quaccheri istigarono le folle contro la Libera Muratorìa e, quando nel 1827 venne rinvenuto un cadavere presso Fort Niagara, la campagna antimassonica raggiunse il proprio apice.

In realtà, il cadavere non era di Morgan – che peraltro sarebbe ricomparso nel 1831 a Smyrna –, ma di un canadese di Newcastle.

Giornali, sermoni antimassonici, pamphlets – tralasciando appositamente il dettaglio del cadavere rinvenuto, supportati anche dalle dichiarazioni della moglie del tagliapietre e dal tipografo Miller che asserivano che si trattasse di Morgan stesso – resero sensazionale l’episodio, intensificando così la campagna contro la Libera Muratorìa.

Furono avanzate richieste di boicottaggio economico, di dimissioni da ruoli pubblici, proscrizioni da ambienti mondani; insegnanti appartenenti alla Massoneria dovettero abbandonare il proprio incarico, mentre venne richiesto di proibire ogni attività massonica.

Tra il 1828 e il 1829, il movimento antimassonico si diffuse con grande rapidità nello Stato di New York e nei restanti Stati del nord; i legislatori che aderivano a tale corrente tentarono di far promulgare leggi che bandissero la Fratellanza e ne rendessero noti i suoi affiliati.

In occasione delle elezioni per la presidenza della Nazione nel 1832, il movimento antimassonico – che nel 1830 si era organizzato in partito politico, capeggiato dall’ex presidente John Quincy Adams, e che contava alcuni membri alla Camera dei rappresentanti – presentò William Wirt come proprio candidato, in opposizione ai massoni Henry Clay e Andrew Jackson; ma la vittoria di quest’ultimo, che gli valse un secondo mandato, inflisse forse il colpo definitivo al partito che osteggiava la Libera Muratorìa.

L’effetto di siffatto accanimento contro la Massoneria avrebbe comunque prodotto una sensibile riduzione delle logge nel Paese: dalle cinquecento officine attive a New York nel 1825 si passò a settantacinque nel 1835; per diverso tempo, numerose logge sospesero i propri lavori nel Vermont, mentre la Gran Loggia del Rhode Island non fondò logge per quasi trent’anni.

Tuttavia, all’interno dei cambiamenti che gli Stati Uniti vissero tra il secondo mandato di Jackson nel 1832 e la conclusione della guerra civile nel 1865, la Massoneria americana riuscì a riaffermare la propria trasversalità.

A conferire una ‘nuova’ immagine alla Libera Muratorìa furono, in particolare, l’American Temperance Society, l’American Peace Society, l’American Anti-Slavery Society e l’American Home Missonary Society, nuove organizzazioni politiche e sociali tutte di ispirazione massonica.

E nonostante la secessione degli undici Stati del Sud avesse diviso società, famiglie e fratelli, l’Istituzione fu comunque in grado di evitare una profonda divisione al suo interno: pur non essendoci una posizione ufficiale in risposta agli eventi della guerra civile, alcuni massoni manifestarono la loro costernazione e avanzarono proposte di soluzione.

Tale impostazione, del resto, era altresì evidenziata dalla formazione, tra gli eserciti, di circa duecentoventicinque logge ‘militari’ che, al pari di quelle che operarono durante la guerra d’indipendenza, divennero luoghi di rifugio dalla confusione delle battaglie, dove ci si poteva confrontare secondo i valori di uguaglianza e fratellanza.

Conclusa la guerra civile, che aveva fortemente minacciato quanto creato dai padri fondatori nel 1776, anche la Massoneria statunitense poté giovarsi di un clima più mite entrando in un nuovo periodo di prosperità e prestigio.

Nel lasso temporale a cavaliere tra il 1865 e il 1910, periodo di maggiore importanza per la Libera Muratorìa statunitense, l’Istituzione svolse un importante e visibile ruolo nella vita comunitaria: le logge locali al pari delle Grandi Logge venivano invitate alle cerimonie d’inaugurazione di numerosi edifici e luoghi pubblici, come nel caso della Statua della Libertà nel 1884 e del parco nazionale di Yellowstone nel 1903.

Questa preponderante presenza della Massoneria nella vita quotidiana, principalmente pubblica, era – ed è – dovuta all’impostazione della stessa verso il dominio sociale, ambito nel quale la Comunione esplicava principalmente la propria attività.

Del resto, tutte le Grandi Logge disponevano di fondi considerevoli per la beneficenza e la solidarietà: tale disponibilità economica favorì la formazione, all’interno della grande famiglia massonica, di organizzazioni quali The Ancient Arabic Order of the Nobles of the Mystic Shrine che, sorto a New York nel 1870, aveva come obiettivo il sostegno finanziario di ospedali e ricerche mediche.

Il prestigio e l’influenza che la Massoneria ebbe – e ha tuttora – negli Stati Uniti furono – e sono – strettamente legati a quelli della stessa Nazione: la ricerca della felicità va infatti a coincidere con quella della virtù massonica, ovvero con quella dell’uomo che, indipendentemente dalle proprie origini, è riuscito nel suo impegno, nel suo lavoro, a realizzarsi raggiungendo il riconoscimento sociale della virtù.

Per questo motivo, più che per l’altissimo numero di affiliati, la Massoneria degli Stati Uniti d’America occupa il primo posto nel mondo: essa, infatti, attraverso i propri mezzi, manifesta al mondo esterno, non già la sua autorità, ma la sua autorevolezza, riuscendo a mantenere inalterati quei valori primordiali che costituiscono l’ideale iniziatico.

 

***

 

Nel leggere questo breve contributo sulla storia della Massoneria statunitense, il lettore avrà potuto apprendere dell’appartenenza alla Libera Muratorìa di alcuni presidenti degli Stati Uniti d’America.

Si tratta di personalità che diedero lustro alla Nazione che governarono e che, parimenti, ebbero – chi più chi meno – ruoli di grande rilievo anche all’interno dell’Istituzione.

Tra coloro che ricoprirono la carica di presidente, quattordici furono iniziati alla Massoneria.

George Washington è sicuramente il primo cittadino americano la cui appartenenza all’Istituzione è stata ampiamente studiata e analizzata.

Come scritto, egli venne iniziato all’Arte muratoria nel 1753 all’età di vent’anni, tuttavia è opportuno evitare interpretazioni forzate: l’appartenenza di Washington alla Comunione faceva probabilmente parte di un insieme di ruoli attesi da una figura della sua statura sociale e politica.

Uomo d’azione, beninteso, ma possibilmente anche di grande apertura mentale che, benché non partecipasse costantemente agli incontri che si effettuavano in loggia, avrebbe sempre manifestato grande rispetto nei confronti della Massoneria, com’è del resto desumibile dalle sue stesse parole:

“Being persuaded that a just application of the principles, on which the Masonic Fraternity is founded, must be promote of private virtue and public prosperity, I shall always be happy to advance the interests of the Society, and to be considered by them as a deserving broche”[4].

Contrariamente alla grande quantità di notizie relative a Washington massone, limitate sono le informazioni concernenti James Monroe, quarto presidente degli Stati Uniti – dal 1817 al 1825.

Le fonti massoniche riferiscono che venne iniziato, nel novembre 1775, apprendista libero muratore nella Williamsburg Lodge n. 6, di Williamsburg in Virginia.

Sicuramente ragguardevole, tra i primi presidenti statunitensi massoni, fu la figura di Andrew Jackson – iniziato nella Harmony Lodge n.1, in Tennessee – che esercitò il proprio ufficio nel periodo di massima tensione tra la Massoneria e il movimento (poi partito) antimassonico.

Attivissimo muratore, egli fu il primo presidente degli Stati Uniti ad aver ricoperto, prima della sua elezione, il ruolo di Gran Maestro di una Gran Loggia, quella del Tennessee, suo Stato d’origine.

Massoni attivi furono anche i presidenti – entrambi appartenenti al partito democratico –James Knox Polk, iniziato nel 1820 alla Columbia Lodge n.1 del Tennessee, Stato di cui fu anche governatore dal 1839 al 1841, e James Buchanan, quindicesimo presidente degli Stati Uniti, iniziato nel 1816 alla Lancaster Lodge n. 43, in Pennsylvania.

Questi, che divenne maestro massone nel 1817, ricoprì peraltro la carica di maestro venerabile nel biennio 1822-1823, mentre nel 1824 venne nominato Deputy Grand Master della Gran Loggia di Pennsylvania.

Secondo fonti massoniche americane, vicino alla Massoneria sarebbe stato anche il presidente Abraham Lincoln, che effettivamente effettuò la domanda per entrare nell’Istituzione, ma che non vi si affiliò mai – anche per l’imminente scoppio della guerra.

E però, egli avrebbe sempre manifestato grande rispetto per la Comunione, riconoscendo l’importanza che essa aveva nel formare e migliorare gli uomini.

Attestata, invece, è l’appartenenza alla Libera Muratorìa del secondo vicepresidente di Lincoln, Andrew Johnson, scelto perché esempio personale di unità fra Nord e Sud.

Egli assunse la carica di presidente in seguito alla morte di Lincoln, tentando subito di riconciliare la parte confederata, senza sottoporla al controllo militare, come al contrario auspicavano i repubblicani radicali.

Johnson era stato iniziato alla Massoneria nel 1851 nella Greeneville Lodge n. 119, in Tennessee, e anch’egli ricoprì la carica di governatore dello Stato da cui proveniva.

Meno rilevante, rispetto ad altri presidenti, fu l’appartenenza massonica di James Abram Garfield, soprattutto per la sua breve e sfortunata esperienza presidenziale.

Dalle esigue informazioni presenti negli archivi della Gran Loggia dell’Ohio, si apprende che Garfield fu iniziato nella Magnolia Lodge n. 20, a Columbus in Ohio nel 1861, raggiungendo tuttavia il grado di maestro nel 1864, in un’altra officina della medesima città, la Columbus Lodge n. 30.

Di maggiore impatto fu, al contrario, l’appartenenza alla Massoneria di William McKinley (presidente tra il 1897 e il 1901).

La Comunione, nel pieno della guerra civile, era ispirata verso l’associazionismo fraterno e solidale, aspetto che l’allora Maggiore McKinley poté verificare di persona, allorquando rimase colpito e affascinato da un medico massone che portò soccorso a prigionieri ribelli.

Malgrado fosse dell’Ohio – di cui sarebbe stato governatore tra il 1892 e il 1896 –, McKinley chiese, nel 1865, di poter entrare nella confederata Hiram Lodge n. 21, a Winchester, in West Virginia.

Energico e dinamico nel vivere la sua appartenenza alla Massoneria, egli si conformò in toto al carattere solidale della stessa, com’è desumibile non solo dalla sua adesione allo Shrine, ma soprattutto dalla sua acuta riflessione sui sentimenti di solidarietà e unione della società di fratellanza che reputava analoghi a quelli che da sempre caratterizzavano il principio di ‘equal citizenship’, per il quale tutti i cittadini sono uguali e godono dei medesimi diritti.

Alla fiducia nel continuo progresso dell’umanità, che già McKinley aveva manifestato, è correlata la totale fedeltà all’ideale di fratellanza della Libera Muratorìa da parte di due presidenti appartenenti alla stessa.

Se per Theodore Roosevelt, iniziato nel 1901 nella Martinecock Lodge n. 806, a Oyster Bay (New York), la scelta di entrare nell’Istituzione fu motivata dal fatto che essa manteneva l’impegno che gli Stati Uniti si erano promessi di realizzare, ossia quello di trattare ogni uomo per il suo valore in quanto Uomo; per William Howard Taft essere massone era un onore, giacché riusciva a percepire la profonda emozione nel riconoscere la sovranità del Creatore e la fratellanza tra gli uomini.

Peraltro, Taft proveniva da una famiglia ove sia il padre sia i fratelli erano liberi muratori e venne iniziato, nel 1909, ‘Mason at sight’[5] dal Gran Maestro della Gran Loggia dell’Ohio, Charles Silser Hoskinson, nella Body of Kilwinning Lodge n. 356 di Cincinnati.

Per quel che concerne, invece, la figura del presidente Warren Gamaliel Harding si ricorderà che questi, iniziato alla Libera Muratoria nel 1901 nella Marion Lodge n. 70, in Ohio, fornì ampio supporto alla diffusione dei club service Rotary e Lions, entrambi fondati da liberi muratori (Paul Harris e Melvin Jones), che combinavano i principi massonici con il sevizio alla comunità.

Tuttavia, il suo ruolo risulta di minor impatto se paragonato agli ultimi tre presidenti degli Stati Uniti che furono iniziati alla Massoneria e che ne furono altissimi e degnissimi rappresentanti: Franklin Delano Roosevelt, Harry Spencer Truman e Gerald Rudolph Ford.

Allorquando venne eletto presidente per la prima volta (1932), Roosevelt era già un massone di lunga data: era stato iniziato nel 1911 nella Holland Lodge n. 8 di New York, dove nel medesimo anno avrebbe ricevuto i gradi di compagno d’arte e maestro.

Peraltro, nel 1934 sarebbe anche stato nominato primo Gran Maestro Onorario dell’Ordine di DeMolay, l’organizzazione giovanile ispirata alla Massoneria.

Ora, pur non essendo possibile affermare a priori un retaggio latomistico nel New Deal, sono quantomeno avvertibili in esso alcuni principi cardine della Libera Muratorìa: uguaglianza, fratellanza, ma soprattutto solidarietà erano valori la cui valenza programmatica avrebbe potuto garantire migliori condizioni sociali e soprattutto una rinnovata fiducia volta a superare la grande depressione; speranza, del resto, che si può evincere dalle parole dello stesso Roosevelt, secondo cui “The only thing we have to fear is fear itself”[6].

Dopo essere divenuto presidente in seguito alla morte del suo predecessore nel 1945, Truman portò avanti la politica economica di Roosevelt attraverso il Fair Deal, sostenendo inoltre i lavori delle Nazioni Unite.

Iniziato nella Belton Lodge n. 450 nel Missouri nel 1908 a ventiquattro anni, venne eletto maestro venerabile della Grandview Lodge n. 618 nel 1911 e, ancora, nel 1917.

Egli seguì le proprie attività massoniche insieme a quelle politiche, venendo eletto senatore nel 1934 e Gran Maestro della Gran Loggia del Missouri, nel 1940.

Oltre a essere anch’egli nominato Gran Maestro Onorario dell’Ordine di DeMolay, ricoprì, durante la sua presidenza, la carica di maestro venerabile della Missouri Research Lodge, ribadendo il suo orgoglio di appartenenza, affermando che il suo più grande onore era di esser stato Gran Maestro e, soprattutto, scrivendo nel 1957, un’opera in quattro volumi, dal titolo 10000 Famous Freemasons, unico esempio di lavoro storico sulla Massoneria di un presidente americano.

Il più recente libero muratore che servì il proprio paese in qualità di presidente fu Gerald Ford.

Egli venne iniziato nel 1949 nella Malta Grand Lodge n. 465 in Michigan, raggiungendo i gradi di compagno e maestro nella Columbia Lodge n. 3 di Washington nel 1951.

Grazie alle parole dello stesso Ford, in occasione di un discorso pronunciato a Alexandria (Virginia), il 17 febbraio 1975, durante una cerimonia al George Washington Masonic National Memorial, è possibile comprendere quanto fosse convinta e appassionata la sua adesione alla Massoneria.

Così il presidente Ford:

“When I took my obligation as a master mason – incidentally, with my three younger brothers – I recalled the value my own father attached to that Order. But I had no idea that I would ever be added to the company of the Father of our Country and 12 other members of the Order who also served as Presidents of the United States. Masonic principles – internal, not external – and our Order’s vision of duty to Country and acceptance of God as a Supreme Being and guiding light have sustained me during my years of Government service. Today especially, the guidelines by which I strive to become an upright man in Masonry give me great personal strength. Masonic precepts can help America retain our inspiring aspirations while adapting to a new age. It is apparent to me that the Supreme Architect has set out the duties each of us has to perform, and I have trusted in His will with the knowledge that my trust is well-founded. […] Let us today rededicate ourselves to new efforts – as Masons and as Americans –. Let us demonstrate our confidence in our beloved Nation and a future that will flow from the glory of the past. When I think of the things right about America, I think of this order with its sense of duty to Country, its esteem for brotherhood and traditional values, its spiritual high principles, and its humble acceptance of God as the Supreme Being. Today we honor our first president, who was also our first masonic president”[7].

Lorenzo Bellei Mussini

 

Note:

[1] «Noi riteniamo che le seguenti verità siano per se stesse evidenti, che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono stati dotati dal loro Creatore di alcuni diritti inalienabili, che fra questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca della Felicità».

[2] «Vi sono parecchie logge di Frammassoni erette in questa Provincia, e le persone si sono recentemente divertite nell’ascoltare le congetture che le riguardano, noi riteniamo che il seguente racconto sulla Massoneria di Londra sarà gradito ai nostri lettori». B. Franklin, in «The Pennsylvania Gazzette», n. 108, 8 dicembre 1730.

[3] Vicino alla Massoneria Prince Hall è l’attuale presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Benché non sia possibile stabilire – di fronte alla scarsità di fonti – se l’attuale capo di stato americano appartenga all’Istituzione massonica, è quantomeno interessante coglierne una forte affinità, desumibile dall’articolo «Line of leaders who blazed trail for president Barack H. Obama source from the State of Illinois», all’interno del «Prince Hall Masonic Journal», pubblicazione ufficiale della Prince Hall Grand Lodge dell’Illinois, dove si legge: «It is also a great finding that many of the strongest portions of the tree from wich Obama sprang were, in fact, Prince Hall Masons», in «Prince Hall Masonic Journal», Summer 2014 edition, p. 6.

[4] «Essendo convito che una giusta applicazione dei princìpi, sui quali si fonda la Fratellanza Massoneria, debba essere promotrice della virtù personale e della prosperità pubblica, sarò lieto di sostenere gli interessi della Società, e di esserne considerate un degno fratello» S. Hayden, Washington Masonic Compeers, New York 1867, p. 6.

[5] ‘Mason at sight’ corrisponde a quella che Italia è conosciuta come iniziazione ‘all’orecchio del Gran Maestro’, ovvero nota solo a quest’ultimo.

[6] “L’unica cosa di cui dobbiamo aver paura è la paura stessa”.

[7] “Quando assunsi il mio impegno in qualità di maestro massone – peraltro, insieme ai miei tre fratelli più giovani – ho ricordato i valori che mio padre identificava con l’Ordine. Mai avrei pensato di rientrare nel novero dei Padri della nostra Nazione e di altri dodici membri dell’Ordine che furono anche presidenti degli Stati Uniti. I principi massonici – interiori, non esteriori – e la visione che il nostro Ordine ha del dovere verso la Nazione, nonché l’accettazione di Dio come Essere Supremo e luce guida, mi hanno sostenuto durante i miei anni di servizio al Governo. E specialmente oggi, le linee guida con cui mi sforzo di diventare un uomo probo in Massoneria, mi conferiscono una grande forza personale. I precetti massonici possono aiutare l’America a conservare le nostre aspirazioni più elevate, mentre si adatta a una nuova era. Mi appare evidente che il Supremo Architetto abbia stabilito i compiti che ciascuno di noi deve portare a termine, sicché mi sono affidato alla Sua volontà, consapevole che la mia fiducia è ben riposta. […] Dedichiamoci oggi a nuovi sforzi – come massoni e come americani –. Dimostriamo la nostra fiducia nella nostra amata Nazione e in un futuro che scaturirà dalla gloria del passato. Quando penso alle cose giuste dell’America, penso a quest’Ordine, con il suo senso di dovere verso il Paese la sua stima verso la fratellanza, verso i valori tradizionali, verso i suoi alti principi spirituali e la sua umile accettazione di Dio come Essere Supremo. Oggi onoriamo il nostro primo presidente, che fu anche il primo presidente massone»