Poveri fratelli eritrei

Lo sguardo amorevole di un vero amico: una Terra e un popolo civili

12 giugno 2015

Che sta accadendo all’interno dell’Eritrea, un tempo nostra ridente e felice colonia?

Sono stato diverse volte in Eritrea.

Seconda metà anni Sessanta con Bruno Vailati e poi Thor Heyerdhal per iniziarvi il mio mestiere di direttore della fotografia cinema.

Era ancora Etiopia ma già il Fronte Eritreo aveva iniziato la guerriglia,  sabotando la ferrovia Massaua-Asmara, arditamente costruita dagli Italiani attorno agli anni Dieci del Novecento.

Che non funzionava più.

Divelti i binari, marchiati ‘Piombino 1008’ o ‘Bochum 1010’, usati per opere militari.

Vi tornai due volte negli anni Novanta, dopo la conquista dell’indipendenza dall’Etiopia.

Tutti i manufatti ferroviari italiani (gallerie, ponti altissimi a molte campate, in opera viva) risultavano perfettamente conservati.

Costruivamo bene.

Contrariamente alla vulgata comunista, che ci vuole ovunque odiati colonialisti, gli Eritrei non nutrono alcun risentimento verso gli Italiani.

L’Italia, a partire dalla ‘concessione Rubattino’ in Assab (1869), si espanse nel territorio, successivamente chiamato “colonia Eritrea” (1° gennaio 1890, concetto e denominazione prima di allora inesistenti).

Per cui gli Eritrei ci saranno non ostili ma eternamente grati quali inventori del loro Paese.

La politica di espansione italiana sui territori del bassopoiano (ex) etiopico e dagli altipiani del Mar Rosso si realizzò assolutamente non tramite scontri militari ma grazie a successivi trattati di ‘protezione’ con le etnie rivierasche, tradizionalmente impegnate contro l’Impero Etiopico, che videro appunto negli Italiani una protezione contro quest’ultimo.

Di conseguenza sin dai primi tempi gli Eritrei fornirono all’Italia ottime e fidate truppe coloniali,  impiegate su tutti i fronti.

Gli askari eritrei (dall’arabo aksèr= soldato) furono entusiasticamente in prima linea nella guerra contro l’Etiopia.

A loro fu affidato il lavoro sporco nella repressione antietiopica dopo l’attentato a Graziani.

La stima, simpatia ed affetto da parte del popolo eritreo verso l’Italia continua.

Non ci si vengano a raccontare fumose idiozie ideologiche sul ‘colonialismo italiano’ quando si tratta di Eritrea.

Ma che avviene ora?

Con trenta anni di dura guerra (1960-1990) l’Eritrea ha ottenuto la sua indipendenza ed il riconosciuto status di Paese sovrano, membro delle NU ed internazionalmente garantito.

Situazione conquistata sul campo, irreversibile.

Al suo interno la ‘casta’ militare, che condusse la guerra di liberazione, si è incistata al potere a partire dall’ottenimento del’indipendenza (inizio anni Novanta) e non si schioda.

Trent’anni di guerra per liberarsi dalla dominazione etiopica seguiti da trent’anni di dittatura.

Una delle dittauure più ottuse ed oppressive su scala mondiale.

Incredibile : un popolo si è liberato in armi dall’oppressione di uno Stato affine culturalmete ma ritenuto nemico, l’Etiopia, per cadere dalla padella nella brace.

Il dittatore capo è Isaias Afewerki ( = Isaia Boccadoro), vero leader politico e militare sul campo, che poi non si è più autopromosso con tutto il codazzo di (ex) generali al seguito.

Sussistono inconfessate ragioni per l’assenza di ogni consistente critica internazionale ad un simile oppressivo regime (ad esempio nessun segno di richiamo agli ‘human rights’,  che gli USA sbandierano ovunque loro interessi sbandierarli).

Quali le ragioni?

In primis, essendo l’Eritrea al cinquanta per cento tra cristiani ortodossi e musulmani ed essendo affacciata in posizione strategicamente dominante a m 2.500 d’altezza sull’ingresso nel Mar Rosso, esattamente di fronte allo Yemen, vi è la certezza che la dittatura, se non altro, annichila all’origine qualsivoglia manifestazione di fondamentalismo islamico.

E tale risultato fa aggio su ogni altra considerazione.

Chissenefrega se lo sviluppo economico è mortalmente sottozero? Se una terra, florida al tempo del famigerato colonialismo italiano, ora è ridotta alla tragedia economica?

Ecco perché decine di migliaia di giovani eritrei, educati, tranquilli, seri e civili (a differenza di profughi di altre etnie ) fuggono dal loro Paese, rischiando la vita.

Afewerki, oramai invecchiato e bolso, e la sua casta imperversano ed imprigionano.

I giovani fanno di tutto per sottrarsi.

Forse la PS italiana non lo sa : a Milano Porta Venezia si trovano ‘mediatori’ eritrei che dietro pagamento di circa diecimila euro organizzano i viaggi.

Sorelle, mogli, eritrei già sistemati qui, si avvalgono di codesti personaggi per far venire i propri congiunti in Italy.

Non solo via Sahara/Mediterraneo.

Esistono vie del Signore a loro conosciute (aeree via Emirati, etc), da noi non immaginabili, meno pericolose ed ugualmente praticate.

Mò è uscita la scabbia.

Poveri fratelli eritrei!

Enzo Tosi