Di Dante Alighieri è meglio tacere.
Il suo comportamento è stato indegno: ha trattato con la dovuta obiettività tipi come Cerbero, Minosse, Caronte, duri ma giusti, mentre nei nostri confronti ha dimostrato faziosità, scarso rispetto, irriverenza, presentandoci come una banda di personaggi grotteschi, maleducati e volgari, in una parola come gente poco seria e poco raccomandabile.
Non parlo soltanto del ritratto di Barbariccia che, secondo il cosiddetto sommo poeta, dava ordine ai colleghi emettendo suoni sconci da un orifizio che non era la bocca; parlo di tutta la banda dei diavoli sui quali Dante esercita un umorismo di dubbio gusto, trattandoli di personaggi ridicoli, di buffoni senza dignità ed in definitiva senza importanza.
Né profferirò motto di quell’altro fiorentino che si è fatto beffe di uno dei nostri ragazzi, un povero diavolo che, a suo dire, si sarebbe fatto menare per il naso da una donna.
Costei gli avrebbe reso la vita impossibile con le sue fisime di essere alla moda e di primeggiare e lo avrebbe rovinato finanziariamente anche attraverso le attività commerciali sballate dei suoi fratelli (Ah, questi cognati!).
Non nego che le donne possano fare questo ed altro ai loro mariti o ai loro compagni, ma sostenere che uno di noi non sia in grado di evitare le malizie e le lusinghe femminili è francamente eccessivo, così come lo è ritenere che potremmo farci mettere nel sacco da un tipo che abbiamo beneficato, come, sempre secondo Machiavelli, sarebbe avvenuto allo stesso Belfagor.
In realtà anche questa è una storia inventata di sana pianta per farci apparire ridicoli.
Dante e Machiavelli, come tanti altri, fingevano di ignorare che siamo angeli, “diversamente angeli” se volete, ma comunque sempre esseri superiori e quindi superiormente intelligenti.
Comunque entrambi quei fiorentini che ci hanno diffamato, una volta defunti hanno avuto quel che meritavano a causa dei loro peccati : l’ira e la superbia il primo, la lussuria il secondo.
Soltanto per rispettare il segreto professionale non posso dire quale è stata esattamente la loro destinazione, ma si può esser certi che sono stati mandati al diavolo e non soltanto metaforicamente.
Siamo sempre angeli, ho detto.
Aggiungo che siamo anche migliori di quelli rimasti lassù che, tranne brevi e rare eccezioni come cacciare abusivi dall’Eden o portare buoni annunci in terra (ma allora non sono angeli, sono arcangeli, come Michele e Gabriele e le loro fatiche si esauriscono in un solo intervento), non fanno altro tutto il santo giorno che danzare e cantare inni sacri (sai che allegria!), mentre noi ci sporchiamo le mani, come si dice, lavorando sul terreno in mezzo agli uomini.
Non sono sempre rose e fiori, lo ammetto, ma almeno ogni tanto ci prendiamo qualche soddisfazione come quando diamo delle lezioni di logica persino a dei santi.
Ci avvenne addirittura con San Francesco a proposito dell’anima di Guido da Montefeltro conquistata da uno di noi, che si dimostrò più “loico” del Poverello di Assisi.
Anche Dante dovette riconoscerlo, sia pure a denti stretti.
Quel nostro collega fece un ottimo lavoro, bisogna ammetterlo.
Ma prima di prendere il bottino c’è tutta un’attività da svolgere.
Una volta una gentile signora che ambiva alla santità mi chiese indirettamente quale fosse il mio compito.
Le avevo sciorinato tutto il mio repertorio – sesso, denaro, potere, gloria o fama televisiva, cinematografica o almeno letteraria, insomma tutte le nostre pompe – e lei un po’ turbata da quell’allettante campionario, mi chiese:
“Diavolo perché mi tenti?”.
Stavo per risponderle con una frase fatta:
“Perché tentar non nuoce”, ma preferii essere più esplicito e le rivelai che agivo nel suo interesse.
Se non l’avessi tentata, dissi, come avrebbe potuto attingere alla santità resistendo alle mie offerte?
Insomma, mettendo alla prova le anime, faccio una sorta di facile scommessa: se vinco intasco un’anima, se perdo faccio un’opera buona.
Nel caso citato non rivelerò quale fu la conclusione.
Come ho già detto anche noi abbiamo i nostri segreti professionali.
Siamo stati accusati perciò di essere una specie di agenti provocatori.
E con ciò?
Gli agenti provocatori non sono forse degli strumenti dello stato, quasi dei funzionari, sia pure ufficiosi?
Allo stesso modo noi siamo organi della giustizia divina, umili soldati di una grande armata che ha bisogno di eroi di martiri e di santi, ma anche di fantaccini semplici, di spie e di infiltrati nelle linee nemiche.
Mettéteci nella categoria che volete, per noi vanno bene tutte.
Secondo Goethe saremmo “parte di quella forza che vuole sempre il male e sempre crea il bene”.
Ma Goethe si sbaglia: noi non vogliamo né il male né il bene, facciamo soltanto il nostro dovere secondo le istruzioni che si sono state impartite, non dico da Chi.
Un punto non privo d’importanza riguarda il sesso.
Ci fu un tempo in cui si discusse di quello degli angeli, quelli di lassù.
Il dubbio non fu dissipato, ma è un fatto che nella loro iconografia essi sono rappresentati con volti femminili, mentre a noi affibbiano orribili mustacchi da pirati, barbe incolte alla Karl Marx o pizzetti, per l’appunto satanici.
Ma chi l’ha detto che le cose stiano veramente così?
Anche tra noi ci sono le cosiddette quote rosa e, credetemi o no, le colleghe non sono da meno dei colleghi nelle arti della seduzione e della tentazione.
Cosa avverrà di noi alla fine della rappresentazione quando, concluso come che sia il Giudizio Universale, resteremo disoccupati?
L’inferno potrebbe benissimo funzionare senza di noi, automaticamente, ed i dannati sarebbero lasciati a cuocere da soli nel loro brodo.
Addirittura, secondo un teologo, l’inferno chiuderà dopo esser stato svuotato perché ci sarà una sorta di amnistia o di grazia collettiva.
Qualcosa di simile al “Chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto”.
Sinceramente non ne so niente perché nessuno ci ha informati.
Ma nessuno mi toglie dalla testa che in ogni caso, esauriti i nostri compiti per mancanza di materia prima, dovremo tornare tra i nostri simili celesti e necessariamente associarci alle loro usanze.
È inutile dire che la prospettiva non ci entusiasma.
Dopo una vita di esaltanti fatiche, saremmo come quegli ex combattenti, veri o presunti, che non riescono a riabituarsi alla vita civile.
Finirà che costituiremo un’associazione di ex-diavoli per riunirci tra noi ed esaltarci con la narrazione delle imprese passate, più o meno autentiche.
Un ben triste destino per gente seria come noi, tanto più che gli altri ci giudicheranno, non senza ragione, degli insopportabili scocciatori e ci fuggiranno come la peste.
Alberto Indelicato