I Mapuche del Cile

I Mapuche (« popoli della terra ») formano un popolo indiano (indiani d’America) di circa un milione e mezzo di individui, la cui maggioranza abita nella zona centrale del Cile.

Sono presenti anche nella Pampa argentina dove sono giunti in tempi più recenti superando la cordigliera delle Ande.

Originari del Cile, i Mapuche hanno resistito vittoriosamente ai tentativi espansionistici verso sud dell’impero Inca e in seguito si sono lungamente battuti contro gli invasori spagnoli.

Uno dei loro giovani capi, Lautaro, educato alla cultura spagnola, prende il comando della loro resistenza, familiarizza le sue truppe con la tattica dei Conquistadores istruendole in special modo nell’utilizzo della cavalleria e infligge agli Spagnoli parecchie cocenti sconfitte durante una delle quali morirà Pedro de Valdivia, il conquistatore del Cile.

Lautaro stesso muore tre anni più tardi combattendo.

Poi per tre secoli, gli Europei non rischiano più alcuna tattica di avanzamento e perciò vasti territori a sud della capitale Santiago, denominati Auraucania, rimangono fuori dal controllo del governo centrale.

Nel 1860, un avventuriero francese, Antoine de Tounens, tenta addirittura di fondarvi un regno indipendente.

Nel frattempo la colonizzazione avanza, in special modo con la sistemazione forzata, in quei territori, di immigrati tedeschi.

Di fronte alla resistenza dei Mapuche, l’armata cilena conduce diverse campagne di ‘pacificazione’.

Ci vorranno quasi vent’anni di sforzi perché i territori mapuche passino definitivamente, nel 1833, sotto il controllo dello Stato cileno

Circa durante lo stesso periodo accadde la medesima cosa dall’altra parte delle Ande, con la politica argentina di « conquista del deserto ».

Da allora i Mapuche si sono fusi, per la maggioranza, con la popolazione cilena, compresa la popolazione urbana, conferendole il suo aspetto in gran parte meticcio.

Ma nelle loro regioni d’origine, i Mapuche rimangono agricoltori e raggruppati spesso in comunità tentano di salvaguardare la memoria delle persecuzioni subite.

Proteggono anche, in tal modo, la loro lingua, il mapudungun (« lingua della terra »), che ancora viene parlata in diversi dialetti da qualche centinaio di migliaia di nativi.

Agli inizi degli anni settanta del 900, in occasione della riforma agraria voluta dell’Unità popolare, i Mapuche tentano di recuperare una parte delle loro terre.

Come reazione, il regime del generale Pinochet conduce una politica di smantellamento delle terre comunitarie e di distribuzione dei titoli di proprietà individuali.

Il ritorno della democrazia porta, in compenso, alla promulgazione nel 1933 di una « legge indigena », che riconosce l’esistenza di proprietà collettive e sistematizza una Corporazione nazionale di sviluppo indigeno.

Queste nuove disposizioni, tuttavia, non attenuano le tensioni tra le comunità mapuche e quelle circostanti.

Alla svolta del 2000 se ne è avuta conferma durante la costruzione, su territori mapuche, in alte valli andine, di due centrali idro-elettriche o ancora durante i conflitti generati dallo sfruttamento forestale intensivo del loro habitat.

 

François Nicoullaud

(Traduzione di Henry-Claire Nicoullaud)