Quarant’anni: se non una vita, due generazioni

1974/2014 – in occasione del quarantesimo anniversario della fondazione

* * * * *

Non dirò che sono passati in un lampo, come si usa negli album dei ricordi

Quarant’anni: se non una vita, due generazioni.

Il 25 giugno il Giornale festeggerà il suo anniversario, sperando che gli venga perdonata l’autocelebrazione.

Certo, quarant’anni sono poca cosa in confronto ai centotrentanove del Corrierone, ma per chi, come me, li ha passati qui dentro dal primo giorno sono tantissimi.

Era il 1° giugno del 1974 quando misi piede per la prima volta al Palazzo della Stampa di piazza Cavour.

Già, perché, anche se la nascita del Giornale era stata fissata per il 25, bisognava pur fare le prove generali.

Tanto più che la nuovissima orchestra, diretta dal Toscanini del giornalismo, non aveva mai suonato una nota.

Eravamo una cinquantina, lassù al terzo piano, fra le troppe cassette ancora imballate e le poche scrivanie.

Una paio di telescriventi, i grandi stanzoni verniciati di fresco e l’aria un po’ spaesata dei neo assunti.

Capirete per uno come me, che veniva dal Guerin Sportivo, trovarsi vicino a Montanelli, Piovene, Gianni Granzotto, Bettiza, Zappulli, Corradi, Cervi e altre firme imponenti, era una cosa da stordire.

Per fortuna non ero l’unico plebeo fra tanti patrizi, così il timore di non poter reggere l’impari confronto diventava meno pesante.

D’altra parte mica si può essere tutti campioni in una grande squadra: anche Rivera aveva bisogno di Lodetti nel Milan, come Mazzola di Tagnin nell’Inter.

Non li ho citati a caso, i due assi del pallone italiano dell’epoca, perché proprio in quei giorni si giocavano in Germania, come oggi si giocano in Brasile, i Mondiali di calcio.

Dato che anche i giornalisti fanno il tifo e di televisore ce n’era soltanto uno nella stanza di Montanelli, ecco che durante le partite si moltiplicava la fila davanti alla scrivania del Direttore.

Tutti entravano con le scuse più impensate, tenendo tra le mani un foglio, spesso drammaticamente bianco, fermandosi molto più del necessario.

Montanelli fingeva di non vedere quella strana processione, che nelle partite dell’Italia, buttata fuori, ahinoi, dopo il primo turno, diventava davvero impressionante.

Comunque, calcio a parte, si sgobbava sodo, dalla tarda mattinata fino all’ora di cena e spesso ben oltre per preparare quei benedetti numeri zero.

Un’impresa a prima vista disperata, considerate le condizioni a dir poco precarie delle improvvisate redazioni.

Indubbiamente turbate dalle voci dei mille gufi della concorrenza, pronti a giurare che il Giornale non sarebbe mai uscito.

Invece il miracolo, non esiste parola più adatta, avvenne: il Giornale il 25 giugno di quel lontano 1974 fu nelle edicole.

E oggi, quarant’anni dopo, c’è ancora.

Massimo Bertarelli

Il Giornale - Numero 1 - Anno I
Il Giornale – Numero 1 – Anno I