La sfida elvetica alle nanotecnologie

La Confederazione Elvetica non cessa di stupire.

Non ospita infatti solo eccellenti banche, laghi blu, montagne e festival musicali di grande richiamo, ma si colloca tra i primi posti nei settori della formazione e della ricerca avanzata.

Ben conosciuti al mondo sono in particolare il Politecnico e l’Istituto Superiore Federale di Tecnologia (ETH), ente fondato nel 1855  presso il quale hanno studiato numerosi premi Nobel tra cui Einstein e Roentgen.

Nel 2008 questo istituto ha stipulato un accordo con Ibm per affrontare le sfide  nei settori della nanotecnologia.

Una fertile collaborazione tra industria e accademia, un modello di partnership  che nel nostro paese fatica a decollare, ma che ovunque nel mondo è seguito e dà ottimi risultati.

Il nuovo centro – Nanoscale Exploratory Technology Laboratory – situato nei dintorni di Zurigo, occupa una superficie complessiva di seimila mq di cui mille dedicati a laboratori specializzati.

La sua principale caratteristica sta nel fatto che si tratta del primo complesso di ricerca europeo a schermatura totale.

La sfida più ambiziosa si gioca sui sistemi di isolamento e i criteri con  cui sono state realizzate le aree dedicate alla ricerca  e alle postazioni di lavoro.

Gli esperimenti sui nanocomponenti, cioè su oggetti di dimensioni comprese tra dieci-cento miliardesimi di metro (un capello ha uno spessore quattrocento volte superiore)  sono delicatissimi: una minima vibrazione, una variazione di temperatura, un debole campo magnetico sono devastanti ai fini dei risultati quando, come in questo caso, si lavora con atomi, elettroni in moto e molecole.

Per arrivare   a  una schermatura efficace è stato concepito e realizzato per la prima volta in Svizzera un sistema con infrastrutture a isolamento globale.

Nanoscale Exploratory Technology Laboratory
Nanoscale Exploratory Technology Laboratory

Schermatura dalle vibrazioni di qualunque tipo -meccaniche e acustiche-dotando ogni laboratorio di un  banco di lavoro montato su blocchi antisismici a smorzamento pneumatico e istallato su una piattaforma sospesa;  isolamento magnetico da agenti esterni – effetti di disturbo dovuti a temporali e  alla presenza di oggetti metallici massicci come rotaie e simili – ottenuta mediante particolari rivestimenti metallici delle pareti e del soffitto (limite accettabile un decimillesimo dell’intensità del campo magnetico terrestre), e  isolamento da campi magnetici generati all’interno dei laboratori stessi.

Infine un sofisticato sistema di circolazione dell’aria per mantenere la temperatura tra  venti e ventisei gradi centigradi e l’ umidità  tra il trentacinque e il cinquanta per cento.

Tutte precauzioni indispensabili quando si opera alle delicate dimensioni di dieci-cento nanometri.

Accanto a queste innovazioni sono stati attuati moderni criteri di risparmio energetico  e sostenibilità.

Primo fra tutti quello di standard di energia minima con il quale IBM ha deciso di confrontarsi.

In diversi modi: ricorrendo a forme di energia rinnovabile, prodotta in parte da un moderno sistema fotovoltaico, e in parte da un insieme di scambiatori di calore capaci di produrre un surplus di potenza   da inserire nella rete; utilizzando nella costruzione  materiali particolari ad alto coefficiente di isolamento termico con il preciso obiettivo di non superare il limite di impiego energetico di quaranta KWh/mq, circa la metà dei consumi  attuali per un laboratorio tipo.

Quali  sono i traguardi e gli obiettivi  di questo centro?

Cinque aree di interesse: salute e bioscienze; informazione e comunicazione; conversione e immagazzinamento dell’energia; strumentazione e sensoristica; ingegneria di processo e di controllo.

Semplificando, le frontiere della ricerca si articolano sul miglioramento delle prestazioni dei chip che sono alla base  di tutti i componenti elettronici, dai cellulari alle televisioni, dai PC ai sensori.

Quindi transistor più potenti, più veloci, più piccoli con meno dissipazione e consumo di energia.

Tutto possibile grazie all’impiego di quel fantastico strumento che è il microscopio a scansione elettronica e alla scelta di materiali diversi dal silicio come i nanotubi di carbonio, i nano-fili, e il passaggio a quella che viene definita elettronica molecolare e spintronica, dove è il singolo elettrone o la singola molecola a funzionare da interruttore on-off o da amplificatore di corrente: più preciso, più affidabile, meno dispendioso in termini energetici.

Di qui computer più potenti e veloci  per la realizzazione non solo di modelli complessi e  simulazioni, ma anche, perché no, per il settore dei giochi.

Poi le applicazioni in biologia, con microattuatori magnetici per  lo studio e il controllo di particolari organismi, la trasmissione di informazioni intracellulari e rilascio di farmaci.

Ma anche  nuovi sistemi  per il recupero energetico alla scala atomica realizzati  mediante nano-termocoppie.

Come sostiene Paolo Milani – ordinario di Struttura della materia all’Università di Milano – le nanotecnologie sono uno strumento con elevatissime potenzialità che richiede non solo interdisciplinarietà tra medici, fisici, chimici, ingegneri, informatici, ma anche un nuovo modello di sviluppo nel quale combinare  le singole parti non come una semplice somma di elementi, ma integrandole in un diverso contesto produttivo e normativo con proposte innovative per rispondere alle crescenti esigenze dei cittadini di domani.

Tutto questo per un mercato, quello delle nanotecnologie, in continua espansione che nei prossimi dieci anni potrebbe assestarsi tra mille e i milleduecento miliardi di dollari.

Ludovica Manusardi Carlesi