Aspetti dell’ecoterrorismo

La fine della Guerra fredda e il fallimento del comunismo non hanno messo fine all’esistenza di forti correnti d’opinione che cercano di rimettere in causa l’evoluzione delle società sviluppate.

Al contrario, la vittoria della libera impresa sul totalitarismo e sull’economia pianificata ha generato, in reazione al regno del liberalismo della società del consumo e alla ricerca del profitto che l’accompagna, la comparsa di nuove forme contestatarie che agiscono nel nome dell’etica.

Questi movimenti fondamentalmente sono nati nei paesi sviluppati, in particolare negli Stati Uniti, ed esprimono un’acuta presa di coscienza delle nuove sfide politiche, umane, sociali e ambientali o traducono la sopravvivenza di vecchie rivendicazioni di tipo marxista.

Essi si affermano come nuovi attori della società civile, ma anche come degli agitatori ai quali si rivolgono tutti coloro che rifiutano in tutto o in parte l’evoluzione del mondo attuale.

Gli ambiti coperti da questi movimenti sono molto vari: attivisti no global e anti-Ogm, animalisti, militanti anti-aborto, ambientalisti, gruppi anticonsumo e antipubblicità, ecc.

Bisogna riconoscere che le problematiche che sollevano nella loro essenza sono legittime, tuttavia, mentre potrebbero giocare un ruolo di coscienza delle nostre società moderne, essi le strumentalizzano per fini politici e militanti.
Greenpeace, creata più di trenta anni fa, resta il movimento più noto al grande pubblico per la sua perizia nei ‘colpi’ mediatici.

Ma non è l’unico.

In Francia, il più celebre di questi movimenti è ATTAC (Associazione per la Tassazione delle Transazioni Finanziarie e per l’Aiuto ai Cittadini).

Con i suo quarantamila membri e i suoi legami internazionali, è una struttura di riferimento che riunisce i propri militanti attorno a un’idea semplice: la distribuzione equa e solidale delle ricchezze attraverso la tassazione dei flussi finanziari.

Se il movimento antiglobalizzazione ha saputo richiamare l’attenzione delle opinioni pubbliche di tutto il mondo è innanzitutto perché tratta di problemi che toccano tutta l’umanità, ma anche perché ha saputo esprimersi in modo insolito e attrattivo.

Distanti dalle vecchie manifestazioni sindacali, gli oppositori della globalizzazione hanno sviluppato un discorso e dei modi d’azione che hanno sedotto numerosi giovani.

In effetti, questi nuovi attivisti non si accontentano di manifestare il proprio malcontento: sviluppando una vera e propria strategia di riconquista degli animi e degli spazi occupati dal liberalismo, sono particolarmente creativi in materia di azioni di protesta.

I militanti no global talora utilizzano le vecchie tecniche di agitazione/propaganda dei movimenti sinistroidi e dei modi d’espressione non violenti ma spettacolari (catene umane, ecc.), elaborati per offrire la maggiore visibilità mediatica.

Ricorrono inoltre a un utilizzo intensivo delle nuove tecnologie della comunicazione e di internet.

Di conseguenza, le loro manifestazioni e le masse che esse mobilitano difficilmente hanno equivalenti.

La loro azione mira in primo luogo alle grandi aziende multinazionali e al ‘potere del denaro’.

Le prime accuse di sfruttamento della manodopera e della violazione dei diritti della persona risalgono all’inizio degli anni Novanta.

Alcune marche famose (nello specifico Nike, jeans Gap, caffè Starbucks) furono accusate di essere antisindacaliste, di imporre condizioni di lavoro spaventose ai propri lavoratori e di sfruttare la manodopera infantile su larga scala.

Altre multinazionali come Mac Donald, Monsanto o Shell sono state parimenti denunciate a causa del loro comportamento ‘non etico’: salari irrisori, assistenza medica minima, distruzione di foreste antiche e pluviali, impiego di insetticidi pericolosi, utilizzo dell’ingegneria biologica in agricoltura, violazione dei diritti degli animali, collusione con regimi violenti e repressivi, ecc.

In generale, più un’impresa si basa sulla propria immagine e la propria marca per svilupparsi (la cosiddetta tecnica del Branding), più essa è vulnerabile e suscettibile di diventare il bersaglio di questi movimenti che mirano alla distruzione di tale immagine presso il grande pubblico.

Queste tattiche di destabilizzazione sono state teorizzate da Naomi Klein, sostenitrice canadese dell’antiglobalizzazione, nel suo celebre libro ‘No Logo’.

Qui l’autrice spiega che le azioni di questi movimenti sono delle campagne politiche rivolte contro bersagli alla portata di tutti, attraverso i loro prodotti di consumo, le loro pubbliche relazioni e gli strumenti di sensibilizzazione popolare.

Screditare l’avversario provocandone la reazione violenta; destabilizzarlo rifiutando il confronto tradizionale; paralizzarlo o strangolarlo fermando le sue forze con dei deboli mezzi: sono alcune delle tattiche impiegate dalle organizzazioni no global.

Purtroppo, da oramai da diverso tempo, si stanno verificando diverse derive violente.

In effetti, la maggior parte di queste cause ‘etiche’ ha dato luogo a gruppuscoli violenti (ecoterroristi, bioterroristi, ecc.) che non esitano a ricorrere ad azioni ‘armate’ per imporre le proprie idee.

–         A Seattle (USA) e a Genova, la protesta durante i summit del G8 ha preso la forma di una guerriglia urbana iniziata dai movimenti Black-Blocks. Dei veri e propri terroristi, che si infiltrano e manipolano i manifestanti anticapitalisti – ma anche semplici teppisti, vandali, punk o elementi anarchici di destra o di sinistra – per provocare degli scontri ancora più violenti.
– Negli Stati Uniti, gli ecologisti radicali di Earth Liberation Front (ELF) se la prendono con tutti quelli che contribuiscono alla ‘colonizzazione della natura’ (sfruttamento forestale, stazioni sciistiche, coltivazioni transgeniche, ecc.). Nel 1998, il movimento ha rivendicato l’incendio di un ristorante e ha distrutto gli impianti di risalita di una piccola stazione sciistica del Colorado. I militanti hanno spiegato che queste costruzioni distruggevano l’habitat della lince canadese, una specie in via d’estinzione. Di conseguenza, l’ELF ormai è considerato alla stregua di un gruppo terroristico oltreoceano.

–         Dei movimenti anti-aborto che agiscono in nome dell’‘ordine morale’ in questo modo sono passati all’azione violenta: molti medici americani sono stati assassinati e altri sono stati minacciati di morte per aver praticato l’aborto; in Alabama, delle cliniche sono state oggetto di attentati dinamitardi, che hanno provocato danni per milioni di dollari.

In effetti, questi attacchi, sempre più frequenti nei paesi anglosassoni, costano cari alle imprese. Tra il 1996 e il 1998, un’azienda forestale dell’Alberta (Canada) è stata vittima di aggressioni che le sono costate un milione e duecentomila euro.

Nel 2004, l’FBI stimava che l’ELF fosse responsabile di seicento atti criminali che avevano provocato quarantatre milioni di dollari di danni.
I gruppi violenti dominano perfettamente le tecniche d’intelligence e d’azione di commando (sabotaggi, sequestri, distruzioni, blitz, ecc.)

Il loro obiettivo è colpire direttamente le persone, gli eventi e i beni materiali che incarnano la globalizzazione.

In particolare, numerosi gravi casi di pirateria informatica hanno rivelato le minacce che pesano su alcune delle funzioni informatiche (in particolare mediche e finanziarie) più vitali delle nostre società.

È il momento dei ‘guerriglieri cibernetici’ che cercano di distruggere le reti digitali e di far piombare ‘l’economia-mondo’ nel caos scatenando tracolli borsistici forzati.

Il mondo virtuale è destinato a essere uno dei bersagli privilegiati di questa nuova forma di terrorismo dei tempi moderni.

Se la violenza di questi movimenti sociali non è un fatto nuovo, l’intensità e l’ampiezza che essa ha assunto nel quadro dell’opposizione alla globalizzazione è inedita.

Fatto nuovo, questi gruppi hanno adottato un funzionamento simile a quello delle organizzazioni politiche clandestine: ogni ‘causa’ dispone quasi sistematicamente al tempo stesso di un movimento d’espressione non violenta – la sua ‘vetrina legale’ – e di un gruppuscolo ultraviolento – il suo ‘braccio armato’.

Quest’organizzazione assomiglia sorprendentemente allo schema basco (Herri Batasuna + ETA) o irlandese (Sinn Féin + IRA).

I legami tra i due sono più stretti di quanto appaia, anche se la maggior parte dei militanti ‘pacifici’ teme che i ‘commando’ discreditino la loro azione.

In realtà, le due tendenze, spesso l’una tanto radicale quanto l’altra, non differiscono se non nei loro modi d’azione.

Uno degli esempi maggiormente significativi è certamente costituito dal movimento animalista.

Infatti la causa animalista è particolarmente rivelatrice di tale dualità di violenza/non-violenza.
Il movimento British Union Against Vivisection (BUAV) privilegia due modi di operare complementari.

La sua tattica preferita è l’infiltrazione nei laboratori di test sugli animali.

Il lavoro di penetrazione della BUAV parte sempre da ricerche documentali, sia su banche dati sia su internet.

Essa rivendica l’infiltrazione in numerosi laboratori che lavorano per il profitto dell’industria farmaceutica: Huntingdon Research Centre, London Hospital Medical College, Shamrock Ltd, Hazleton UK Laboratories, Wickham Research Laboratories e Harlan UK.

Il lobbying rappresenta l’altra arma della BUAV e la sua pratica è stata coronata di successo a Bruxelles, dal momento che il Parlamento europeo ha promulgato, nel dicembre 2004, una legge che vieta i test sugli animali nell’industria cosmetica.

Tuttavia, la BUAV non conduce campagne contro le aziende, sebbene disponga di numerosi legami mediatici oltre-Manica (The BBC, The Observer, The Times).

La sua azione s’iscrive nel modo di procedere collettivo dei movimenti animalisti, estremamente solidali gli uni con gli altri.

Le connessioni tra questi diversi gruppi sono molteplici: sette associazioni animaliste – tra cui l’influentissima People for the Ethical Treatment of Animals (PETA) – hanno messo in comune le proprie risorse umane e finanziarie per aumentare l’effetto delle loro azioni e conseguire i propri obiettivi.

Per esempio, il manuale della PETA intitolato ‘Come diventare un buon attivista’ spiega come farsi assumere da un laboratorio farmaceutico sospettato di non rispettare i diritti degli animali e raccomanda di trasmettere tutte le informazioni ottenute al PETA’s Research, Investigation and Rescue Department.

L’azione violenta si registra anche in altri movimenti, in particolare in Stop Huntigdon Animals Cruelty (SHAC), gruppo che si oppone alla società inglese Huntingdon Life Sciences (HLS), principale organismo europeo di test sugli animali.

SHAC non esita a sequestrare i figli dei dirigenti dell’industria farmaceutica nelle loro scuole, mostrando loro numerose foto di animali durante la vivisezione.

Negli Stati Uniti, il gruppuscolo animalista ‘Département de la justice’ (sic), spedisce delle lettere bomba che contengono lamette di rasoio ricoperte di topicida a quelli che ‘sfruttano’ gli animali.

La violenza è anche il modo d’agire dell’Animal Liberation Front (ALF) – parte dell’Earth Liberation Front – uno dei grandi movimenti animalisti mondiali, presente in una ventina di paesi sviluppati.

Nell’America del Nord e in Gran Bretagna, i gruppi locali dell’ALF hanno al loro attivo la distruzione di laboratori medici e universitari e l’invio di lettere bomba a ricercatori che lavorano nell’industria genetica.

Nel 2005, gli attivisti britannici dell’ALF hanno compiuto due attacchi dinamitardi.

Il 24 settembre, una carica esplosiva ha danneggiato un edificio dell’università di Oxford, in segno di protesta contro la costruzione di un laboratorio destinato a realizzare test clinici su animali.

Inoltre, hanno minacciato l’università di moltiplicare gli attentati se questo progetto non fosse stato abbandonato.

Qualche giorno dopo, il 27 settembre 2005, una bomba a basso potenziale è esplosa davanti alla residenza di Paul Blackburn, un dirigente di GlaxoSmithKline, per spingere l’impresa farmaceutica a interrompere la collaborazione con Huntington Life Sciences.

Questo laboratorio privato è la vera ‘bestia nera’ degli animalisti che cercano di ottenerne la chiusura con tutti i mezzi: attacchi contro i suoi fornitori, intimidazione dei suoi clienti, pubblicazione delle liste dei suoi dipendenti, lettere di minacce ai banchieri della società, ecc. I metodi sono sempre più radicali.

Numerosi dipendenti dell’HLS inoltre sono stati inseguiti o addirittura aggrediti sotto casa o davanti alla scuola dei loro figli.

Alcuni hanno visto le proprie auto bruciare e altri si sono visti accusare di pedofilia nel proprio vicinato.

Preoccupato per questa crescente deriva, il governo britannico ha preso delle misure contro questi movimenti.

Da un lato, ha sostenuto finanziariamente il laboratorio HLS che gli attivisti avevano finito per mettere in difficoltà.

Dall’altro, ha inasprito la legislazione contro di loro e ha lanciato numerose operazioni di polizia, di cui l’ultima, nel maggio 2007, è sfociata in un interrogatorio per una trentina di militanti dell’ALF tra cui Greg Avery, figura storica di SHAC, che è stato incarcerato, in attesa di essere giudicato per “cospirazione e ricatto”.

Ma i militanti di queste associazioni si considerano in guerra e accettano il rischio di essere incarcerati.

Hanno creato, in questa prospettiva, delle organizzazioni di sostegno ai propri ‘prigionieri di guerra’.

Estremamente radicali nei loro metodi, questi gruppuscoli lo sono anche nelle loro idee, poiché molti di loro non predicano solamente la violenza, ma anche la distruzione del sistema e il ritorno puro e semplice all’era preindustriale.

Le proposte di Chris Derose, uno dei dirigenti dell’ALF, permettono di comprendere meglio lo stato d’animo dei militanti di questo movimento: “Anche un solo topo morto per trovare un rimedio per tutte le malattie sarà inammissibile”.

È dunque una vera e propria ‘jihad’ ecologista a essere lanciata.

Ebbene, alla luce di questa disamina diventa necessario domandarsi quali rischi l’insieme di questi movimenti rappresenti per la Francia.

I movimenti animalisti hanno preso piede in Francia solo di recente.

L’ALF si è manifestato in Francia per la prima volta nel 2005, con una decina di azioni minori.

Nel 2006, il movimento aumenta il numero delle operazioni e la loro intensità.

Da gennaio, uno scuolabus è bruciato ad Arles, poi vengono rivendicate delle azioni contro dei macelli e degli allevamenti di cavie.

Gli attivisti bruciano delle statue di torero e colpiscono un negozio di abbigliamento, sospettato di essere favorevole alla corrida.

Agiscono soprattutto nella regione del Midi-Pirenei e dell’Aquitania, nelle zone di Tolosa e Bordeaux.

Nel settembre 2006, nella regione parigina, quattro negozi della catena di cosmetici The Body Shop sono presi di mira e vandalizzati.

La marca, conosciuta per non praticare sperimentazioni sugli animali, a marzo è stata rilevata da L’Oréal.

In uno dei punti vendita vandalizzati, si poteva leggere: “Body Shop = L’Oréal = vivisezione = tortura”.

Bilancio del 2006: quarantadue azioni rivendicate sul sito www.directation.info.

Quasi il quadruplo del 2005.

All’inizio del 2007, le cellule dell’ALF si sviluppano ulteriormente e si insediano in nuovi agglomerati urbani francesi.

In un primo tempo, i loro obiettivi preferiti sono macelli, pelliccerie, pelletterie, allevatori di cani, negozi che vendono foie-gras.

Poi, colpiscono bersagli che non hanno un rapporto se non molto indiretto con gli animali: sede della catena The Body Shop, a gennaio, e otto dei suoi negozi, a marzo.

Parallelamente, gli atti d’intimidazione si estendono: alcuni quadri di Air France trovano delle scritte minacciose vicino alle loro abitazioni perché la loro compagnia è accusata di trasportare animali da laboratorio.
A Limonest, nella periferia di Lione, un incendio doloso devasta i locali della società Techniplast, un’azienda specializzata nella fabbricazione di gabbie per animali.

In prossimità dei locali carbonizzati, la sigla “ALF” è stata lasciata come graffito su un muro.

Il direttore dell’azienda ritiene di essere stato preso di mira in quanto fornitore del laboratorio britannico HLS.

Il bilancio dell’incendio di Techniplast è pesante – quattrocentomila euro di danni – e avrebbe potuto fare delle vittime innocenti se non ci fosse stato l’intervento rapido dei pompieri.

Così, nel solo primo semestre del 2007, sono state rivendicate ventitre azioni.
Un altro incidente rilevante  è quello posto in essere dal gruppo ecoterrorista inglese Animal Rights Militia che ha annunciato su un sito internet, di aver contaminato – senza fornirne la prova – ottantacinque flaconi di soluzione antisettica Solo Care Aqua per le lenti a contatto, venduti senza bisogno di ricetta nei negozi di ottica, in Francia e in Inghilterra.

Con una piccola siringa, avrebbero aggiunto dell’acqua ossigenata nei flaconi.

Questi attivisti hanno dichiarato di voler “far subire agli umani le sofferenze patite dagli animali durante gli esperimenti”.

Ciba Vision, una divisione di Novartis, produttore di queste soluzioni, ha ordinato il ritiro dalla vendita di quasi ventimila flaconi e ha chiesto ai consumatori che ne avessero acquistati tra il 25 e il 31 agosto di restituirli.

A contatto con l’occhio, il prodotto avrebbe provocato serie irritazioni.

Attraverso questi fatti, l’ecoterrorismo si sta insediando in Francia e le sue azioni sono solo all’inizio.

Secondo due note della Direzione centrale di intelligence francese, di luglio e agosto 2007, la determinazione degli attivisti di amplificare le loro operazioni sarebbe fortissima.

I poliziotti esprimono la propria preoccupazione anche se notano che i militanti pronti a partecipare ad attentati ammonterebbero a poco più di una decina.

Tuttavia, essi potrebbero godere dell’aiuto di altri paesi.

La brigata antiterrorismo della Polizia Giudiziaria di Parigi, che ha lanciato un’inchiesta, prende questa minaccia molto seriamente e ritiene che ormai è giunto il momento di sorvegliare questo movimento militante in via di strutturazione.

Se la Francia rimane meno toccata dal terrorismo ‘etico’ rispetto ai suoi vicini del Nord dell’Europa, i fatti portano a pensare che, nei prossimi anni, questi movimenti svilupperanno le loro campagne violente nel territorio francese.

Ciò è particolarmente preoccupante, poi, se consideriamo che in Francia emerge parallelamente il rischio di un ‘terrorismo sociale’.

In effetti, come qualificare diversamente l’azione dei lavoratori dell’impresa Cellatex, nel 2000, nelle Ardenne, che hanno riversato seimila litri di acido solforico in un ruscello che alimenta la Mosa?

O il progetto dei dipendenti del birrificio di Schiltingheim, in Alsazia, di far esplodere due cisterne a gas per vedere soddisfatte le proprie rivendicazioni?

In futuro, dinnanzi ai piani sociali e alle chiusure delle fabbriche  è reale il rischio che dei lavoratori in collera ricorrano alla violenza radicale.

Poco a poco imprese e poteri pubblici prendono coscienza di queste nuove forme di contestazione; ma sono ancora poco preparati a farvi fronte.

Per troppo tempo hanno percepito queste azioni militanti come una riunione di vecchi ‘sinistroidi’ impegnati in una lotta sterile contro il libero commercio o le derive delle nostre società moderne.

Ormai è impossibile negare la realtà e l’importanza di questi movimenti d’opinione che si vedono legittimati dal sostegno di una parte del grande pubblico.

Essi dispongono di un vero potere nocivo nei confronti delle grandi aziende e della società civile, che vogliono convertire ai propri valori.

Proprio la realizzazione di un nuovo servizio di intelligence unificato (DCRI), potrebbe consentire di integrare questo nuovo tipo di minacce nelle competenze dell’intelligence.

Giuseppe Gagliano