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Il testo dell’intervista di Tommy Cappellin a Mauro della Porta Raffo pubblicata sul Corriere del Ticino venerdì 6 dicembre 2013.

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“Sono un uomo di dissenso e discordanza”

Intervista a Mauro della Porta Raffo: “La mia sarà una rivista libera”

Cita Oscar Wilde («Quando tutti sono d’accordo con me, inizio a pensare di avere torto») e Walt Whitman («Mi contraddico? Certo, sono immenso, contengo moltitudini») e la rivista che dirige non poteva che essere la concreta conseguenza di tali citazioni. Parliamo di «Dissensi & discordanze», due parole un programma, fondata un mese fa in quel di Varese da Mauro della Porta Raffo. L’uscita è «indicativamente semestrale», la tiratura elitaria (150 curatissime copie a stampa) e allo stesso tempo virtualmente infinita (è possibile sfogliarla per intero e gratis sul sito di Dissensi & discordanze – vedi Link, aggiornato ogni sabato con almeno un articolo).Direttore, come le è balzato in mente. Con tutte le riviste, non lette, che ci sono già in giro…«Ho sentito la necessità di coagulare in queste pagine un certo numero di giornalisti, scrittori, artisti, poiché ritengo ci sia un collante che li possa unire».Di cosa parliamo esattamente?«Di ciò che mi caratterizza da sempre: sono un uomo del dissenso e della discordanza, fin da quando coi calzoni corti mi iscrissi alla Gioventù Liberale, fin da quando mi candidai alla Camera, nel 1972, per il Partito Liberale di una volta. Quello “vero”, quello di Giovanni Malagodi».

Che partecipò solo a brevi governi…

«Certo, durarono l’espace d’un matin, perché essere tra i liberali di quell’area significava automaticamente dissentire. E avere ragione in anticipo su molte cose: prenda le Regioni, ad esempio. Prima ancora che fossero istituite, Malagodi le apostrofò come un disastro. Oggi si vuole abolirle. Il dissenso, di fatto, era più una testimonianza lungimirante che non un cooptare, o peggio un sedurre, le masse. Tanto che a fronte di risultati positivi alle urne ci chiedevamo non del tutto per scherzo: dove abbiamo sbagliato? Allo stesso modo, me lo chiederei pure per Dissensi & discordanze se avesse un grande successo».

A proposito, non teme l’omologazione imposta dal web a tutti i contenuti?

«In questo caso un risultato a somma zero è da escludere. Voglio sfruttare il mezzo, e non lo temo. Vede, se uno suppone di avere “indubbiamente” ragione non può pensare che la maggioranza della gente sia con lui. Né che le sue testimonianze, o quelle che raccoglie intorno a sé, corrano il pericolo di essere seppellite. Saremo una minoranza. Ciò non toglie nulla all’aver ragione».

L’accuseranno – di nuovo – di qualunquismo.

«Abituatissimo. Non vuol dire che lo sia – un qualunquista. È un’accusa per sminuire le mie idee. Mi ricorda il “benaltrismo” di moda nella sinistra italiana, tempo fa, maestro indiscusso D’Alema. Ogni volta che si sottolineava qualcosa che non funzionava, la sua risposta era: “Ben altri sono i problemi!”. Come dire, la tua critica non conta».

Parliamo di lettori, allora. Che obiettivo vi siete dati?

«Preciso: mai fatto nulla per denaro. Chi vuole può richiedere la rivista su carta, altri possono leggerla sul web. Il mio sito personale raccoglie 13 mila lettori fedeli: spero di portarli a 20-30 mila. Non mi dispiacerebbe lo stesso per il portale specifico dedicato alla pubblicazione. È anche possibile suggerire argomenti: il lettore lancia un tema e noi lo approfondiamo».

Dopo l’accusa di qualunquismo, è alle porte quella di dietrologia…

«Per nulla. Prenda l’articolo su Kennedy che ho firmato nell’ultimo numero. Un pessimo presidente. Luther King disse di lui: molte parole, pochi fatti. Nel mio ritratto mi limito ad allineare i – pochi, per l’appunto – fatti, che sono controtendenza con l’immagine da rotocalco che imperversa di questo presidente, specie in occasione del cinquantesimo (22 novembre 2013) dell’assassinio. Sa, i bambini sotto la scrivania nello Studio Ovale, mentre JFK lavora, e altri idilli. Ripeto: niente complottismo. Soltanto, io e i miei collaboratori stiamo dall’altra parte rispetto le beatificazioni del gossip».

Anche perché, come lei ricorda…

«…se si fa dietrologia, si crede che le persone che compiono determinate cose siano intelligenti. In realtà spesso non sanno quello che fanno. Danni causati da Bill Kaysing, dico sempre, il tipo secondo cui non siamo mai stati sulla Luna. Si può dire che molte derive mediatiche iniziarono su sua suggestione. Non sa le lotte che faccio alle mie conferenze».

Antidoti?

«Leggere, informarsi. Approfondire magari la figura del successore di Kennedy, Lyndon Johnson, gran presidente, e a dirglielo è un repubblicano nel cuore. Aprire Maldwyn Jones, anti-storico degli Stati Uniti. Più in generale, amare e leggere Longanesi, Prezzolini, Piero Chiara. E Hemingway. Nel ’92 scrissi un articolato saggio sul sistema elettorale americano. Erano in corso le primarie e quell’anno alla fine vinse Clinton. Pensavo che avrei continuato a scrivere solo racconti – come sa, così non è stato -, una dimensione dove stile ed etica sono tutt’uno».

Insomma, lei è un moralista?

«Dipende. Con le donne quasi mai».

6.12.2013 – 19:10

Tommy Cappellin